Shaba, il film: il racconto di un orfanotrofio per elefanti
Shaba è un'elefantessa, che da cucciola ha vissuto da vicino l'uccisione di sua madre da parte dei bracconieri. La sua storia e quella del Reteti Elephant Sanctuary nel nord del Kenya sono narrate nel film Shaba, cortometraggio realizzato dalla pluripremiata fotografa Ami Vitale.
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©Shaba
Shaba non è “solo” un'elefantessa. E' una matriarca che ha adottato decine di elefanti rimasti orfani, prendendoli sotto la sua ala protettrice. E' un simbolo di amore e di riscatto dal dolore, causato da situazioni crudeli e ingiuste. E' un film realizzato dalla fotografa Ami Vitale, che ha raccontato per immagini e testimonianze la storia dell'orfanotrofio in cui Shaba ha trovato rifugio. Qui, la comunità locale si batte quotidianamente per salvare i piccoli elefanti rimasti orfani a causa dei bracconieri.
Shaba, il film
Nelle montagne del Kenya settentrionale, una comunità di Samburu ha costruito un santuario per elefanti orfani, con il fine di prendersene cura, proteggendoli e crescendoli fino al momento in cui potranno ritornare in libertà. Si tratta del Reteti Elephant Sanctuary, di cui Ami Vitale- pluripremiata fotogiornalista e documentarista - racconta nel cortometraggio Shaba.
Protagonista del film è, appunto, Shaba, elefantessa la cui vicenda è esemplare per comprendere le motivazioni alla base del progetto: la pachiderma, ancora cucciola, era accanto alla madre quando i bracconieri le spararono, uccidendola. Era enormemente traumatizzata, aggressiva, estremamente diffidente nei confronti degli esseri umani e, tuttavia, ancora incapace di sopravvivere da sola in natura.
E' qui che sono intervenute le donne della comunità Sumburu, che hanno trovato il modo di curare i piccoli elefanti e di allattarli con giganteschi biberon, accudendoli con affetto e grandi premure. Shaba è anche la loro storia, la storia di un genere- quello femminile- che emerge dall'ombra e dal silenzio cui la sua comunità lo aveva relegato, per attestare con forza l'importanza del suo ruolo.
Così, a poco a poco, grazie alle amorevoli cure ricevute, Shaba ha ritrovato la fiducia ed è diventata una vera e propria matriarca, che ha aiutato trenta orfani a riprendersi dopo il lutto subito ed è tornata nel 2019 a vivere allo stato selvaggio.
Per celebrare la Giornata mondiale dell'Elefante 2021 (in calendario il 12 agosto) Shaba è disponibile al pubblico, dietro donazione destinata al santuario Reteti, dal 2 luglio al 31 agosto.
Il Reteti Elephant Sanctuary
Il Reteti Elephant Sanctuary Community United for Elephants (RESCUE) è un santuario di proprietà dei Samburu e gestito dalla stessa comunità. Situato nel territorio in cui vive la seconda più grande popolazione di elefanti del Kenya, accoglie cuccioli di elefanti orfani e abbandonati, che vengono curati e accuditi con l'obiettivo di rilasciarli di nuovo nelle mandrie selvagge adiacenti al Reteti. Il Santuario è stato istituito in risposta alle richieste della comunità locale, che riconosce la fauna selvatica come un'opportunità per migliorare i propri mezzi di sussistenza.
L'iniziativa, dunque, fa parte di un movimento dal basso, che sta assumendo via via maggiore riconoscimento e che sta facendo crescere nuove economie, migliorando la vita di uomini e animali e contribuendo alla conservazione delle risorse naturali.
Tutti i custodi provengono dalla comunità locale e sono adeguatamente formati nella cura, nella riabilitazione e nel rilascio dei piccoli di elefante.
Una commissione eletta all'interno della comunità sovrintende a tutti gli aspetti operativi del Santuario. La struttura- che può contare sul supporto del Kenya Wildlife Service e del governo della contea di Samburu- ospita anche una squadra mobile di salvataggio degli elefanti.
L'autrice del film Shaba Ami Vitale aveva raccontato una prima volta la storia di Reteti attraverso alcuni scatti realizzati per il "National Geographic". Le sue foto del progetto nascente avevano vinto il World Press Photo del 2018, nella sezione Natura.
Il bracconaggio, una crudele realtà
Nonostante il commercio di avorio sia stato messo fuori legge in tutto il continente africano, il bracconaggio non conosce sosta. Come sottolinea il recente Great Elephant Census, in molte parti dell'Africa tale pratica continua a ritmi insostenibili: solo in Tanzania, negli ultimi sei anni, gli elefanti si sono più che dimezzati, passando da 109mila a 46 mila.
Se prima della pandemia si stimava che venissero uccisi circa 60-70 elefanti africani ogni giorno, dal 2020 si sta assistendo a un ulteriore aumento del fenomeno. La crisi economica, accompagnata da una minore sorveglianza e contrapposta a un mercato nero dell'avorio nel Golfo che non accenna a diminuire, fa infatti sì che i pachidermi vengano perseguitati a causa delle proprie, enormi, zanne.
Insieme ai pozzi artificiali e alla siccità, il bracconaggio è la ragione principale per la quale i cuccioli di elefanti restano orfani.
Si calcola che, ogni anno, nel Kenya settentrionale- territorio del Reteti Elephant Sanctuary- vengano salvati da cinque a dieci piccoli di elefante, su una popolazione stimata di 8.700 abitanti.