Il Lazio e le sue piante officinali spontanee
Nel Lazio si moltiplicano a vista d'occhio i corsi per il riconoscimento delle erbe spontanee commestibili, ed uno dei motivi è la ricchezza del territorio, così vario, suggestivo, ricco, fertile. Scopriamo 4 tra le migliaia di specie di erbe spontanee e commestibili disponibili su questo territorio
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L’Italia è un inesauribile scrigno di erbe officinali spontanee e il Lazio è una delle regioni che maggiormente si offre per la ricerca di questi preziosi tesori culinari e medicinali.
Parliamo di una regione dalla geografia riccamente eterogenea: prevale la campagna collinare ma notiamo la presenza di montagne, laghi di origine vulcanica come quelli di Bracciano, di Albano e di Bolsena; fiumi tra i quali l’immortale Tevere, e infine le pianure lungo una costa gentile, piatta, sabbiosa.
Nel Lazio troviamo tutte le caratteristiche delle regioni confinanti: le colline toscane, la campagna umbra, i monti delle Marche, il mare campano, la lenta vita molisana, il tutto miscelato dall’antica e inimitabile cultura latina che riesce a sintetizzare in sé la dimensione universale della grande Roma antica alla tranquilla e semplice vita di campagna ciociara, dove ancora si cercano le erbe spontaee.
Diamo allora un’occhiata a 4 piante: il grattalingua, la cicoria selvatica, la campanula commestibile e l’ortica.
Le erbe selvatiche locali
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Con questo nome poco conosciuto si indica la Reichardia picroides, detta anche "caccialepre", un’asteracea dall’aspetto simile al tarassaco e dal sapore amarognolo nelle foglie e dolciastro nel rizoma.
Se ne consuma la rosetta basale, in genere infoltita per via dell’abitudine della pianta di crescere in una sorta di cespugliettio piuttosto folto.
Fiore e foglie sono molto simili al dente di leone, se non per delle squame sotto al capolino chiuso che sono utili per individuare la specie. Ama i terreni rocciosi e calcarei, i letti dei fiumi e le rupi rocciose.
Le foglie si consumano in insalata o si cuociono come gli spinaci o molte altre verdure a foglia verde, ideali in minestra a base di tuberi o di zucca e dà il meglio di sé nelle misticanze spontanee, con altre erbe di campo e lattughini.
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È vero, la cicoria selvatica, in numerose sue varietà si trova in tutta Italia, e non solo... ma è impossibile non annoverarla tra le principali erbe spontanee commestibili del Lazio, visto che è una delle più amate ed usate.
Riconoscibile per il suo bel fiore celeste ed indaco, sotto il lungo fusto legnoso ed eretto troviamo le foglie basali, scure.
I campi incolti di collina, i pascoli e gli argini dei fiumi sono territori perfetti per raccogliere questa preziosa erba officinale.
È presente in mille ricette, a crudo come in insalata o in pinzimonio, o cotte come nei lessi di verdure miste, nelle minestre o nelle torte salate. La tradizione popolare ne usa anche il rizoma per dei decotti curativi.
Al di là del sapore tipicamente amarognolo, la cicoria contiene numerosi tipi di zuccheri, ben utili in caso di diabete, così come numerosi oligoelementi, utili in caso di febbre, raffreddore, diarrea.
La ricetta della favetta pugliese con la cicoria selvatica
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Probabilmente è conosciuta meglio con altri nomi locali e tradizionali come raponzolo, raponzo o rapuonzolo, la Campanula rapunculus è una campanulacea tipica delle colline e delle montagne fino ai 1500 metri, quindi comune in Lazio dove in pochi casi i rilievi montuosi superano i 2000 metri.
Tradizionalmente se ne consumano le radici, ricche di inulina ed altri zuccheri. La campanula è inoltre ricca di acido ascorbico e sali minerali vari.
La radice è inoltre usata per decotti a scopo curativo, soprattutto in caso di malessere delle vie respiratorie (gola, bronchi, polmoni).
Le radici bollite possono sostituire le carote in tutte le ricette, e sono ottimi da intregrare in una purea di patate o di legumi; i giovani getti possono venire utilizzati a mo’ di asparagi con risultati interessanti.
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Ecco un’altra pianta comune in tutta Italia (e non solo) ma che risulta essere una delle più usate tra le spontanee commestibili del Lazio.
L’ortica comune (Urtica dioica) è la più diffusa del genere Urtica ed è ben conosciuta da grandi e piccini per via del suo non simpatico vizio di bruciare (urticare) la palle dopo il contatto, anche un semplice sfregamento è sufficiente.
Vengono quindi utilizzati i guanti per raccoglierla e, una volta messa sotto acqua corrente, perderà il suo potere urticante. Nel Lazio si trova nei terreni incolti, ai margini dei boschi, spesso all’ombra, lungo i botri o i fossi.
Ha innumerevoli proprietà: antimicrobiche, antinfiammatorie, diuretiche, ipotensive, antibatteriche, antidolorifiche per le articolazioni, stomachiche.
Se ne utilizzano solo le foglie, intere e non maculate, con cui in genere si preparano speciali risotti o misti di verdure cotte o sformati ripieni o ravioli, il più classico dei quali ha per ripieno ortica e ricotta.
Ottima da aggiungere in piccole dosi ai frullati per i bambini.
La tisana all’ortica: proprietà e ricetta