L'impatto de nostri farmaci sull’ambiente e gli animali selvatici
I farmaci inquinano. Si tratta di un problema indagato dalla scienza ma ancora poco noto all’opinione pubblica. Ecco quali effetti hanno sull’ambiente e sulla fauna selvatica.

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L’inquinamento farmaceutico rappresenta una minaccia silenziosa per l’ambiente e l’intero pianeta. Diversi studi si sono occupati del problema che, tuttavia, è ancora poco noto all’opinione pubblica. Eppure i dati parlano chiaro: i nostri farmaci inquinano l’ambiente e avvelenano animali terrestri e acquatici con conseguenze disastrose sull’intero ecosistema. Residui di antidepressivi, antinfiammatori, antidiabetici e psicofarmaci (solo per citarne alcuni) finiscono in natura e, alterando la fisiologia e il comportamento di molte specie selvatiche, metteno a repentaglio la loro sopravvivenza e, con essa, la biodiversità. Un approccio più sostenibile alla farmacologia - a ogni livello della filiera - potrebbe contribuire a risolvere il problema tutelando la fauna selvatica e, in ultima istanza, la salute umana. Approfondiamo il problema cercando di capire in che modo i nostri farmaci arrivano nell’ambiente e in che modo impattano sulla fauna selvatica.
- Come arrivano i nostri farmaci in natura?
- L’impatto dei farmaci sugli animali selvatici
- Effetto boomerang: avveleniamo gli animali e compromettiamo la nostra salute
- Farmaci e inquinamento ambientale: come risolvere il problema?
Come arrivano i nostri farmaci in natura?
Prima di scoprire i tanti modi in cui i nostri farmaci impattano sull’ambiente e sugli animali, facciamo un passo indietro cercando innanzitutto di capire come i medicinali arrivano in natura.
- Farmaci utilizzati dall’uomo: i medicinali che utilizziamo quotidianamente vengono metabolizzati dal nostro organismo per poi essere escreti attraverso feci, urina e sudore. I residui finiscono nelle acque di scarico e successivamente nei nostri fiumi e nei nostri mari, per entrare infine in contatto con gli animali selvatici. E i depuratori? Purtroppo non tutti sono in grado di eliminare la totalità dei residui delle sostanze farmacologiche.
- Farmaci non smaltiti correttamente: i farmaci che non vengono buttati negli appositi contenitori in farmacia, ma gettati direttamente in natura o smaltiti attraverso il sifone del lavandino o buttati nel WC di casa finiscono ugualmente nei tubi di scarico per poi fare la stessa fine di quelli escreti dall’uomo.
- Farmaci a uso veterinario: anche i farmaci somministrati agli animali vengono escreti attraverso feci e urina. Finendo nel terreno, vengono poi lavorati dai batteri del suolo entrando successivamente nella catena alimentare. Questo ultimo caso riguarda soprattutto gli antibiotici, come vedremo più avanti.
Una volta arrivate in natura, le sostanze impattano prima sulla fauna acquatica, e poi su quella terrestre che si ciba di quella acquatica, in una continua reazione a catena.
L’impatto dei farmaci sugli animali selvatici
Un recente studio pubblicato su Environmental Toxicology and Chemistry ha monitorato 461 siti in 104 Paesi, rivelando che il 43,6% dei fiumi contiene concentrazioni pericolose di 61 sostanze farmaceutiche. Altri studi hanno poi documentato gli effetti che questi farmaci hanno sugli animali. Qui di seguito qualche esempio.
- Trote dipendenti dalla metanfetamina: quando la concentrazione della sostanza disciolta nell’acqua diminuisce, le trote mostrano veri e propri sintomi di astinenza, riducendo la loro capacità di esplorare l’habitat e compromettendo la loro sopravvivenza.
- Pesci femminilizzati dagli estrogeni: i residui di pillole anticoncezionali alterano il sistema endocrino dei pesci, portando alla femminilizzazione dei maschi e compromettendo la riproduzione della specie.
- Pesci persici più vulnerabili ai predatori: l’esposizione all’oxazepam, un antidepressivo, rende i giovani pesci persici più audaci, aumentando il rischio di predazione e alterando l’equilibrio dell’ecosistema acquatico.
Ma nemmeno le specie terrestri sono immuni agli effetti dell’inquinamento da farmaci. Queste ultime, cibandosi di prede contaminate (come i pesci) subiscono le conseguenze delle sostanze più diverse. Ad esempio, le femmine di storno che ingeriscono prede contaminate da fluoxetina diventano meno attraenti per i maschi, con conseguenze negative sulla riproduzione della specie. Emblematico è poi il caso degli avvoltoi in India, la cui popolazione è diminuita del 97% tra il 1997 e il 2007 a causa di un’intossicazione di Diclofenac, un farmaco veterinario altamente tossico per questi volatili, utilizzato negli allevamenti. Le carcasse degli animali trattati con Diclofenac venivano infatti lasciate agli avvoltoi che, cibandonese, hanno incontrato morte certa con ripercussioni gravi su tutto l’ecosistema.
Effetto boomerang: avveleniamo gli animali e compromettiamo la nostra salute
Quello dei residui di farmaci in natura è un problema che riguarda anche l’uomo, soprattutto quando si tratta di antibiotici, perché anche questa categoria di medicinali finisce nell’ambiente. Quelli usati negli allevamenti, ad esempio, finiscono nel terreno attraverso le feci e l’urina degli animali, e qui vengono lavorati dai batteri del suolo per poi entrare nella catena alimentare. Questo processo favorisce l’insorgenza dell’antibiotico resistenza (ABR), ovvero l’incapacità di curare e trattare in modo efficace le infezioni batteriche, anche quelle più banali. Non si tratta di un fenomeno marginale, tanto che l‘Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito la resistenza agli antibiotici tra le 10 minacce per la salute pubblica a livello mondiale.
Farmaci e inquinamento ambientale: come risolvere il problema?
L’inquinamento da farmaci è un problema che deve essere risolto in modalità multifattoriale, perché interessa tutti i nodi che compongono la filiera: dalla progettazione dei farmaci alla loro produzione, dalla vendita all’uso e fino al loro smaltimento.
A livello progettuale è ad esempio urgente sviluppare farmaci eco-compatibili, ovvero in grado di mantenere l’efficacia terapeutica riducendo l’impatto che questi hanno sull’ambiente. Anche un uso responsabile dei medicinali, inoltre, può fare la differenza: in questo senso l’appropriatezza prescrittiva gioca un ruolo fondamentale. I medici prescrittori dovrebbero prescrivere farmaci solo laddove ce ne sia effettivamente bisogno, evitando sovradosaggi e utilizzi impropri.
Un ruolo importante lo rivestono anche le amministrazioni locali, soprattutto laddove sia presente un depuratore: un migliore trattamento delle acque reflue, potrebbe essere decisivo per la salute nell’ambiente perché un sistema di filtraggio più avanzato potrebbe intercettare un maggior numero di sostanze prima che raggiungano l’ambiente e gli ecosistemi naturali.
Allo stesso modo, anche i singoli cittadini dovrebbero fare la loro parte: evitare il fai da te, ricorrere ai farmaci solo quando necessario e smaltire correttamente quelli scaduti sono azioni semplici e alla portata di tutti.
Insomma, poiché la filiera del farmaco è lunga e complessa, la risoluzione del problema relativo all’impatto dei farmaci sull’ambiente e sugli animali non è certamente immediato. Eppure molto può essere fatto agendo in modo virtuoso sui diversi snodi di produzione, consumo e smaltimento dei medicinali. Sensibilizzazione, ricerca e scelte responsabili (sia collettive che individuali) possono far molto per ridurre la contaminazione ambientale e proteggere la biodiversità. Un approccio green e più sostenibile alla farmacologia è il primo passo da compiere. Il resto è (anche) nelle nostre mani.