Le piante spontanee commestibili di aprile
In aprile la raccolta delle erbe e piante spontanee è sicuramente uno dei momenti più soddisfacente per le passeggiate con un clima favorevole e un gusto delle erbe molto piacevole. Vediamo quali sono le piante che più comunemente incontriamo nei campi: malva, piantaggine, crescione e molti fiori come quelli della robinia.
di Mira Tonioni
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Il mese di aprile è molto invitante per andare a cercare e raccogliere erbe spontanee ad uso alimentare e curativo.
La proprietà che troviamo offerta dalle piante in questo mese è la presenza di mucillagini.
Le mucillagini sono sostanze che creano una specie di gelatina, un film vischioso sia mentre si preparano i piatti, così possiamo meglio addensare le minestre, sia quando le ingeriamo.
Queste mucillagini, a contatto con la mucosa del tratto digerente, creano questo film che protegge la mucosa e l'aiuta a rigenerarsi nei casi di piccole lacerazioni e ulcere.
Inoltre, nei casi di intolleranze alimentari quando è presente una mucosa intestinale bucherellata chiamata in gergo “a colabrodo”, le mucillagini permettono una cicatrizzazione e un ripristino delle funzioni delle cellule superficiali presenti.
Per lo stesso motivo, quando è presente il mal di gola con taglietti e raschiamenti nel tratto della faringe, grazie a una buona tisana o alla presenza delle mucillagini nei cibi che ingeriamo, possiamo aiutare il tratto della mucosa faringea a guarire più velocemente.
Le piante che contengono mucillagini sono principalmente la malva, la piantaggine e il crescione; inoltre in questo mese possiamo raccogliere e assaggiare molti fiori commestibili che da ora iniziano a sbocciare, come ad esempio i fiori di robinia.
Come preparare la tisana alla malva, pianta ricca di mucillagini
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Difficilmente si riesce a non imbattersi nei gentili fiori rosa di Malva Sylvestris durante le prime passeggiate d'aprile nella natura, quando le giornate si allungano.
Nota soprattutto per i suoi impieghi erboristici, un tempo aveva un ruolo più importante nella cucina contadina e le sue foglie, molto dolci, venivano trattate alla pari di quelle dello spinacio, della bietola e di altre verdure a foglia, tanto che fino al diciannovesimo secolo era una delle verdure più comunemente usata nella dieta europea.
Un vero pezzo di farmacia nella cucina di casa! Ricca di mucillagini, prende il nome dal proprio potere emolliente (malva = che ammorbidisce) ed ha grandi capacità espettoranti.
Una volta scottate le foglie più giovani e morbide, queste possono venire saltate con cipolle e un po' di pomodoro, oppure spezzettate in una minestra di verdura, o prestarsi come un'ottima base per i risotti.
I fiori non sono solo decorativi, sono perfetti nelle insalate miste.
Tutte le proprietà della malva
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Plantago lanceolata, piantaggine, orecchie di lepre, lingua di ciuco, mestolaccio: è un'erba molto diffusa su tutto il nostro territorio, tanto diffusa quanto ignorata.
Anche molti dei nostri padri contadini faticano a ricordarne l'uso alimentare che ne veniva fatto fino alla prima parte del secolo scorso.
È facilmente riconoscibile per le sue foglie lanceolate (talvolta rotondeggianti in alcune varietà) con nervature che corrono verticali e parallele.
Se ne tagliava l'intero cespo, usandone le foglie più floride e morbide per il consumo umano e lasciando le altre per nutrirvi gli animali della fattoria.
Notevole se scottata e cotta con aglio o aglietti, è un'erba dal gusto inaspettato, ottima in minestre, come contorno e che si accompagna molto bene con le patate in umido o con i funghi secchi.
Come detto della malva, è anche la piantaggine ricca di mucillagini, aiuta l'intestino e ha proprietà astringenti, lassative e disinfettanti.
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Ecco ad aprile i primi crescioni dell'anno. Parliamo del “crescione dei giardini” (Lepidium sativum) e non del quasi omonimo “crescione d'acqua” (Nasturtium officinale).
Tipico della cultura culinaria dell'Emilia-Romagna, è un'erba spontanea che un tempo abbondava nei campi della pianura padana, con la capacità di insaporire, grazie al suo spiccato gusto, piadine, insalate, zuppe, formaggi, frittate.
Acidulo e gradevolmente pungente, dà un tocco ai piatti che può ricordare quello della mostarda. In Italia è ancora considerato perlopiù un'erba spontanea mentre nel Nord Europa è sfruttato commercialmente, non di rado con la coltivazione idroponica.
Usato da secoli nell'Ayurveda (la medicina tradizionale indiana), contiene molte vitamine del gruppo B, e le vitamine A, C, E e K.
Gli vengono attribuite una lunga serie di proprietà (sia alle foglie, ai semi, alle radici e ai fiori), per preservare le quali sarebbe da prediligerne il consumo a crudo; grazie soprattutto alle sue mucillagini è depurativo, rubefacente, tonico, diuretico, disintossicante, digestivo.
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Un peccato di gola che ci si può togliere con l'arrivo della primavera è la frittella di fiori d'acacia.
Fare attenzione, durante la raccolta dei fiori, alle spine dell'albero e a pulirli bene dagli insetti che proprio in questo periodo si nutrono del nettare, senza però lavarli, perché oltre a ledere i delicatissimi petali, ne asporterete l'aroma che l'acqua porterà via con se. I fiori non sono granché conservabili e vanno quindi colti, preparati e mangiati in giornata.
Ecco qualche indicazione culinaria. Non esiste una ricetta standard delle frittelle di fiori d'acacia: c'è chi utilizza le uova, mentre altri prediligono una pastella di sole acqua e farina (grano o riso); c'è chi frigge nell'olio di semi (mais o arachidi) e chi preferisce farlo nel burro (o nella margarina).
Generalmente al posto dello zucchero viene usato il miele (rigorosamente d'acacia) come dolcificante, seguito da una spruzzata di zucchero a velo.
Servite e gustate, buon appetito per una merenda o un dolce sfizisissimo!