Piante spontanee commestibili di stagione a marzo
Tra le piante spontanee ricche di sapore amaro che donano forza a tutto il corpo e depurano il fegato troviamo: i cardi e i carciofi, i getti del luppolo e le prime foglie di erbe di campo come l'aspraggine. Tutte di stagione nel mese di marzo.
di Mira Tonioni
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Marzo è il mese del cambiamento verso la primavera e l'esigenza del corpo umano è quella di prepararsi ai prossimi periodi di caldo che stanno per arrivare.
La priorità principale più utile in questo momento dell'anno è la depurazione! Il sapore che la attiva è il gusto amaro.
La natura da questo mese inizia a far crescere proprio le piante con questo sapore amarognolo che serve al sostegno delle attività del fegato e per favorire la depurazione generale del corpo.
L'amaro permette di stimolare la secrezione gastrica, attivando l'appetito e le funzioni digestive.
Proprio per queste sue capacità troviamo nei liquori digestivi o negli aperitivi questo gusto che risveglia l'appetito e aiuta la digestione difficile.
Tra le piante spontanee ricche di sapore amaro troviamo il genere Cynara (i cardi e poi tutti i carciofi selezionati sino alle varietà coltivate attualmente), i getti della pianta del luppolo e le prime foglie di erbe di campo come l'aspraggine.
Inoltre sono amare molte radici delle erbe raccolte a gennaio come la cicoria, il tarassaco e le loro stesse foglie.
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Il tipico e inconfondibile gusto amaro che si sperimenta mangiando cardi (Cynara cardunculus) e carfioci (Cynara scolymus) non è riuscito a scoraggiare attraverso i millenni varie civiltà dal tentare di selezionare e addomesticare queste piante.
Fanno parte del genere Cynara (famiglia delle Asteracee), e In Italia sono presenti entrambi, nel centro e sud della penisola fino a circa 1100 m s.l.m.
Studi recenti non distinguono più le due specie come separate ma riducono Cynara scolymus ad una sottospecie: Cynara cardunculus var. scolymus.
Infatti il cardo selvatico (Cynara cardunculus var. sylvestris), tipico del bacino mediterraneo, era già ben conosciuto da Egizi, Arabi, Greci, Romani, e dai popoli italici che abitavano il meridione e le isole.
Col tempo, probabilmente nella culla siciliana, l'uomo è riuscito, tramite la selezione, a trarne delle forme domestiche (Cynara cardunculus var. altilis) fino a giungere al carciofo (Cynara cardunculus var. scolymus) come noi lo conosciamo nelle sue varie forme (con o senza spine, verde o viola, autunnale o primaverile).
Ma perché questo interesse per delle piante dal sapore così poco appetibile?
Come abbiamo già visto l'amaro è indice inconfondibile di precise proprietà depuratrici, stimolanti della digestione, epatoprotettive e che controllano il colesterolo.
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Le piante del genere Cynara hanno tanti interessanti usi: ne viene usata la fibra nel campo tessile, se ne estraggono sostanze utili in numerosi campi (come la chimosina, per far cagliare il latte o la cinarina usata con varie funzioni in erboristeria e farmacologia) e, ovviamente in un'infinità di ricette: possono essere fritte, marinate, crude, sottolio, in forma di tisane o liquori, lesse, in salse e persino come gustosissimo gelato.
Altri parenti selvatici edibili dello stesso genere sono la Cynara cornigera (o carciofo bianco) le cui foglie continuano ad essere apprezzate crude sull'isola di Cipro, o la Cynara syriaca (o carciofo selvatico siriano), tra l'altro molto estetica, utilizzata nelle composizioni dei fiorai della Mezzaluna Fertile.
Le parti raccolte ad uso alimentare sono i fiori, in gergo botanico “capolini”, le "brattee", cioè le foglie modificate e la parte superiore del gambo. Ciascuna parte contiene sostanze nutritive e principi attivi in percentuali differenti anche se comunque utili al nostro benessere.
Le varietà spontanee più comuni nei nostri campi sono il cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum) di cui si usano le coste e il cardo mariano (Silybum marianum), il più utilizzato per le proprietà benefiche nei prodotti erboristici.
Conosci qualche ricetta con i carciofi?
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L'origine del termine è dubbia, ma pare che il nome derivi dalla parola latina humus, cioè terra, a indicare il suo "portamento" prostrato vicino al suolo.
Questa pianta lianosa perenne e rampicante in primavera, e proprio nel mese di marzo, inizia a sviluppare i sui fusti aerei annuali.
La specie è dioica, ovvero presenta individui maschili con fiori bianco-giallognoli e individui femminili con fiori minuscoli nascosti dalle brattee fogliari.
Il luppolo si trova in tutto il territorio nazionale e sopratutto nel Nord Italia dove viene utilizzato principalmente per la preparazione della birra.
Si possono consumare come alimento soltanto i giovani germogli e le tenere foglie appena nate. Attenzione a non raccogliere altre parti perché contengono sostanze tossiche, sopratutto i frutti e la radice.
I germogli invece si possono mangiare crudi in insalate miste e possiamo utilizzarli dopo cottura in frittate, risotti, torte salate, minestroni o lessi con altre verdure.
Pensiamo di avere degli asparagi: l'uso e il sapore è molto simile!
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Della famiglia delle composite è conosciuta con i nomi popolari: spraggine o aspraggine.
Questo induce già a pensare che la sua consistenza sia irsuta e ruvida: infatti le foglie basali sono ruvide, ricoperte di peluria dura ma non molto pungente e la superficie della foglia assomiglia a quella della lingua umana con irregolarità, bolle e avvallamenti.
Anche tutto il fusto è ispido e da esso nascono diverse infiorescenze gialle, capolini, presenti da giugno a settembre.
Le foglie della rosetta basale si iniziano a raccogliere da marzo e solitamente si utilizzano cotte insieme ad altre erbe di campo come il tarassaco e la borragine.
In Toscana e in altre regioni è così comune nella tradizione della cucina contadina che esistono numerose ricette tradizionali come zuppe tipiche e torte salate; ad esempio in Liguria è nella torta d'erbi amai.
Il sapore amaro infatti è presente nelle foglie a causa del lattice bianco che vediamo anche durante la raccolta nel taglio del erba stessa.