Forza vitale, emozioni e vitalità
All'inizio della vita la nostra forza vitale è libera e non inibita, la sensazione di essere in contattto con la nostra vitalità naturale ci fa sentire connessi, con noi stessi e con gli altri. Sono molti i modi in cui la forza vitale può essere distorta o interferita, e per ritrovare la nostra spontaneità dobbiamo tornare a sentire lo stato di flusso energetico e di coerenza.
Il nostro più grande desiderio è di sentirci vivi. Depressione, disperazione, tristezza, mancanza di significato esistenziale, e molti altri sintomi simili, sono solo riflessi della disconnessione dal nucleo della nostra vitalità. Nel momento in cui ci sentiamo autenticamente vivi, ci sentiamo anche connessi, e quando sentiamo la connessione, sentiamo la vita in noi.
Sebbene sia portatrice di chiarezza per i nostri pensieri e nelle nostre vite, la vitalità non è esclusivamente, o primariamente, uno stato della mente. È più facile descriverla come uno stato di flusso energetico e di coerenza che coinvolge tutti i sistemi del corpo, e che include il cervello e la mente individuale.
Gli esseri umani rispondono allo shock e ai traumi attraverso la dissociazione e la disconnessione. Questo tipo di processi porta inevitabilmente a una diminuzione della forza vitale che induce la persona ad allontanarsi dalla vita. Nell’approccio NARM (NeuroAffectiveRelationalModel) così come nell’Analisi Funzionale di Will Davis, lavorare con i blocchi e gli impedimenti che ostacolano il ricongiungerci con la nostra vitalità, è uno dei principi organizzativi fondamentali.
Lo scopo di lavorare con le emozioni è aumentare la vitalità della persona, ma in questo senso il lavoro con le emozioni non rappresenta un fine in se stesso, ma è subordinato alla possibilità di riportare la pulsazione vitale al suo ritmo naturale. La nostra forza vitale è diminuita e distorta in reazione agli adattamenti che il bambino opera in seguito ai fallimenti dell’ambiente.
Nel modello NARM si riconosce questo tipo di processo e si sottolinea la distinzione tra trauma da shock e trauma evolutivo, considerando le similarità e le differenze. Quella che abbiamo chiamata distorsione della forza vitale ha un impatto sul sistema nervoso autonomo, sul corpo e sulle emozioni, influenza le funzioni del sistema nervoso simpatico e parasimpatico e influisce sulla nostra psicologia, così come sulla nostra fisiologia.
Nell’Analisi Funzionale si utilizza un concetto introdotto da Will Davis, e si parla anche di contrazione plasmatica, un tipo di risposta primaria allo shock, che avviene in una fase molto precoce della vita, nella quale l’organismo, il sistema nervoso, e quello scheletrico-muscolare, non sono ancora sviluppati a pieno.
In tale concetto si esprime l’idea secondo cui in assenza di una struttura sufficientemente evoluta da potersi contrarre, viene usata, come strategia protettiva, una contrazione a livello del plasma, ossia della componente liquida dell’organismo, la matrice extra e intra cellulare, contenuta principalmente nei tessuti connettivi.
Distorsione della Forza Vitale
A livello dell’espressione primaria della vita e dell’organizzazione dei sistemi viventi, abbiamo quello che possiamo definire un nucleo di energia indifferenziato, o forza vitale. È ciò che in francese viene definito l’élan vital, che altre culture hanno chiamato con altri nomi e che Wilhelm Reich chiamava orgone.
Al secondo livello, salendo lungo il percorso evolutivo, possiamo vedere una sana differenziazione della forza vitale, le varie e molteplici espressioni dei bisogni di base e della vitalità salutare. La forza vitale è il carburante che fornisce energia all’aggressività sana, alla forza del corpo, alla sessualità e all’espressione di sé.
Quando le espressioni primarie della forza vitale non sono sostenute dall’ambiente, quando la risposta è inadeguata, confusa, o quando l’espressione viene impedita e bloccata, l’attivazione non scaricata del sistema nervoso simpatico aumenta.
Se i bisogni di base non trovano soddisfacimento, allora ci si avvia in modo significativo verso una permanente distorsione della forza vitale, spinti da una risposta del simpatico (attacco-fuga). All’inizio può esserci nel bambino una forma di protesta, mossa da un bisogno che il genitore non vuole o non può soddisfare, poi si passa a un primo tipo di rabbia, che è ancora espressione di un movimento vitale salutare, volta a incidere su un ambiente che non è di sostegno.
Quando è in presenza di una madre sintonizzata sui suoi bisogni di amore, contatto, nutrimento e connessione, l’aggressività del bambino si ferma qui e resta una risposta sana. Se il bisogno del bambino non è appropriatamente soddisfatto, si avvia una escalation di proteste che alla fine esplode in furia. In situazioni di abuso o trascuratezza, quando la mancanza di risposte adeguate è cronica, la rabbia e l’aggressività non trovano soluzione.
Il provare sentimenti di rabbia cronica nei confronti dei caregiver viene percepito dal bambino come minaccioso per la sopravvivenza stessa, poiché è un pericolo per la relazione di attaccamento.
A questo punto si originano i sintomi di un’attivazione del simpatico non scaricata, il bambino prima, e l’adulto poi, resta in uno stato di alta attivazione (arousal), ansietà, irritabilità, preoccupazione, fino ad arrivare all’attacco di panico. Tutti gli stili di sopravvivenza adattivi (NARM) o i tratti caratteriali (Bioenergetica), si sviluppano come tentativi di proteggere la relazione di attaccamento escludendo l’espressione del nucleo, la rabbia, l’aggressività, e infine la spontaneità.
Quando l’aggressività, la rabbia, e le altre forme di protesta si dimostrano inefficaci, impossibili, o troppo pericolose, allora il bambino va incontro a una modificazione auto-plastica: non potendo modificare l’ambiente esterno modifica il proprio ambiente interno, cambia se stesso, si adatta.
Si arriva al punto in cui la mancanza di risposte sintonizzate da parte degli adulti supera una certa soglia, e allora la risposta di attivazione cronica del sistema simpatico sovraccarica il sistema nervoso: il bambino si adatta con rassegnazione, soffoca la risposta rabbiosa insieme ai bisogni stessi, e si sposta sul versante parasimpatico, attraverso una risposta di congelamento.
Il bambino smette di sentire, è intorpidito, ottunde le proprie sensazioni per non sentire il bisogno e le emozioni. I bisogni e le sensazioni non soddisfatte si legano nel corpo e nel sistema nervoso sotto forma di tensioni nei tessuti connettivi e di attivazione non scaricata, e vengono trattenuti, incistati, nella forma di tensioni fisiche e stati di collasso o congelamento.
In molti casi il lavoro che porta l’individuo al recupero della salute e della vitalità, attraverso il ripristino del funzionamento della forza vitale nell’organismo e nell’esistenza, inizia proprio con un’operazione di disgelo. Nella relazione d’aiuto forniamo calore, sia metaforico che letterale, introducendo morbidezza e fluidità tra le pieghe di una struttura fredda e contratta.
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