Intervista a Maderu Pincione sulla Craniosacrale
"E' come se entrassi nell’osso e partecipassi ad una sua riorganizzazione profonda." E così descrive il suo lavoro Maderu Pincione, uno dei maggiori esperti di Craniosacrale in Italia, fondatore e direttore dell'ITCS (Istituto Terapie Craniosacrali). Gli abbiamo fatto qualche domanda e siamo entrati in un mondo fluido, bellissimo. Quello che ci abita
Le rivoluzioni partono da idee che hanno il sapore di ossessioni per chi sta per cambiare qualcosa per sempre, senza saperlo nel suo attuale presente. Siamo ai primi del novecento. Il mondo è fucina di tecnologie, guerre, pellicole cinematografiche, in ambito osteopatico, le ossa del cranio vengono studiate come statiche. Non si muovono, punto, fine.
Un osteopata, W.G Sutherland, si accorge di quanto la forma della squama dell'osso temporale evochi un movimento respiratorio. "Le superfici articolari di queste ossa mi sembrarono, con il loro contorno, destinate ad una mobilità articolare." spiega ai colleghi e dice a se stesso.
"Armato" di punta di temperino e manuale di meccanica, Sutherland inizia a disarticolare i crani e a condurre osservazioni e sperimentazioni su di sé con pazienza, zelo, cura incredibile. Ogni osso, ogni sutura, ogni incastro. In ambito osteopatico viene ignorato o deriso, quando intorno al 1929 decide di rendere pubblica la sua scoperta. L'eco si espande e nel giro di trenta anni Sutherland tiene corsi post universitari in cui illustra il suo The cranial bowl, fonda un gruppo di studi sull'osteopatia cranica fino ad arrivare, nel 1953, alla fondazione della Sutherland Cranial Teaching Fondation che si proporrà come obiettivo di condurre studi scientifici sul meccanismo respiratorio primario.
Arriviamo agli anni '60. Siamo precisamente dentro a una sala chirurgica: un altro osteopata, John E. Upledger, professore di Biomeccanica della Facoltà di Medicina Osteopatica presso l’Università del Michigan, sta facendo esperienza dell'osservazione diretta del movimento autonomo delle meningi del midollo spinale e ne resta impressionato. Da quel momento inizia ad organizzare le sue osservazioni e intuzioni articolandole in un modello di studio basato proprio sul movimento respiratorio (primario e indipendente) e che non fosse confinato alla formazione osteopatica. Divulgò tecniche, modalità e protocolli di trattamento a massaggiatori, fisioterapisti, educatori al benessere proprio perché era certo dell'efficacia del suo metodo a fronte di una significativa assenza di controindicazioni. Diversi approcci si sono sviluppati negli ultimi vent'anni, la maggiore distinzione è tra la biomeccanica e la biodinamica craniosacrale. La biomeccanica si basa sui movimenti delle ossa e dei tessuti legati al ritmo craniosacrale, nella biodinamica i principi del corpo fluido e dei movimenti che originano dalle forze embrionali, in estrema sintesi.
Abbiamo voluto sentire uno dei maggiori esperti di tecnica Craniosacrale in Italia, Maderu Pincione, fondatore e direttore dell'ITCS (Istituto Terapie Craniosacrali) per capire come funziona questa arte terapeutica.
Se dovessi usare una metafora a tua scelta, anche poetica, come spiegheresti il nesso che c'è tra le ossa del cranio e il benessere generale dell'individuo?
Il neurocranio è la “scatola” che contiene meningi, fluidi, cervello, cervelletto etc. La formazione del cervello nasce come un “tubo” pieno di liquido che si allarga, si inspessisce e crea da dentro il suo contenitore osseo. Ogni malformazione ossea è il riflesso di un'eventuale disfunzione che ha a che vedere con il sistema nervoso. In più, il neuro-cranio non è una noce di cocco bella compatta, ma è costituito da diverse ossa “incastrate “ tra loro. La domanda è: perché la natura ha fatto ciò? Questo punto interrogativo è il fulcro da cui partì il fondatore dell’idea di un Sistema Respiratorio Primario, basato sul meccanismo craniosacrale. Osservate l’osso temporale, quello che contiene l’orecchio interno ed esterno, proprio sopra la parte superiore dell’orecchio, si “articola” con l’osso parietale (se vi toccate delicatamente sopra le orecchie sentite una sporgenza) come una squama di un pesce. E a che servono le squame, se non a respirare?
La conclusione breve di una lunga ricerca è che se ci sono articolazioni, c’è movimento, e a muoversi non sono muscoli (che non esistono all’interno del cranio) ma il cervello stesso, o meglio la fluttuazione del liquido (liquido cefalo-rachidiano) che nasce da dentro il cervello, nei ventricoli e che fuoriesce bagnando, proteggendo e nutrendo cervello e midollo spinale fino all'osso sacro. Lì c'è la cisterna lombare dove viene praticata la puntura per l’anestesia e quando entra l'ago spesso si sente una fitta alla base cranica, le meningi che avvolgono cervello e midollo sono in continuità.Con un paragone visivo riesco a spiegarmi meglio: pensa a un palloncino con una coda (il midolllo spinale) che fa da contenitore di sostanze fluide e gelatinose (il cervello ha la consistenza della panna cotta) queste cellule-sostanze si muovono delicatamente e armoniosamente respirando. Questi movimenti sono attribuiti sia alla fluttuazione del liquido cefalorachidiano che al più generale movimento di tutti i fluidi del corpo intesi come un unico fluido dalle diverse densità (non dimentichiamo che siamo composti almeno del 70 % acqua e che originiamo dall'unione di due cellule al 100% fluide). L’idea è che queste forze intrinseche, chiamate Respirazione Primaria, proprio perché precedono quella polmonare e riguardano ogni nostra cellula, sono espressione della nostra SALUTE, di quel concetto di vitalità descritto da varie tradizioni e culture come il Qi, o il Prana o Soffio Vitale.
Cos'è il ritmo nella tecnica cranio sacrale?
Ci sono diversi ritmi. Un’immagine visiva è una sezione verticale dell’oceano.
Partiamo dal fondo dal punto di vista del movimento, al fondo c’è calma silenzio, quiete. La chiamiamo con il termine paradossale di Quiete Dinamica (Dynamic Stillness) per darne un’immagine trascendente dell’origine del movimento (il buio nasce dalla luce, il suono dal silenzio, il movimento dalla quiete). Saliamo dal fondo del nostro oceano (che poi abbiamo dentro) e incontriamo un flusso stabile e costante che caratterizza i fluidi come la corrente del golfo, questo movimento si chiama MAREA LUNGA e ha un ritmo stabile di 50 secondi per ciclo (inspirazione ed espirazione) questo è il ritmo o per meglio dire la frequenza del respiro delle forze bioelettriche, embrionali, energetiche che agiscono attraversando il corpo. Se saliamo ancora il movimento delle acque dell’oceano si articola in moti un po’ più rapidi e o influenzati dalla luna, per esempio questa è la MAREA MEDIA, un ritmo tra i 15 e i 20 secondi per ciclo, che è l’espressione più diretta dei nostri fluidi, come se il mix di sangue, linfa, liquido cefalorachidiano, liquidi intracellulari, extracellulari, interstiziali etc respirassero in concerto all'interno del corpo. Siamo sulla superfice dell’oceano e qui il ritmo delle onde dipende dal vento, dal clima, ed è molto più variabile, questo si chiama il ritmo cranio-sacrale, o impulso ritmico cranico, che varia tra i 6 e i 12 secondi per ciclo, instabile come le onde superficiali, è quel ritmo più legato al nostro “stato” del momento.
Quando il terapeuta di Craniosacrale entra in contatto, cosa effettivamente tocca?
Ogni tocco è legato indissolubilmente all'intenzione e costituisce una forma di dialogo con il corpo. Nella biodinamica craniosacrale si distinguono tre livelli di tocco-contatto-dialogo:- con i tessuti, pelle, muscoli, ossa, fascia-tessuto connettivo, organi etc. con i fluidi del corpo, o meglio con il corpo fluido, come se quel 70% di "acqua" che siamo, sia olisticamente un tutt'uno animato da un movimento detto Marea (Media) - con la "forza" vitale, quella che ci permea, che ci ha creato (le forze embrionali) e che ci tiene in vita (le forze del metabolismo e quelle bioelettriche).
L'esperienza diffusa di chi riceve un trattamento craniosacrale è quella di sentirsi cullati dolcemente come immersi dentro il mare, profondamente rilassati in un senso di quiete e armonia. E' questo lo "spazio-stato" con cui l'operatore entra in contatto, con un tocco delicato e non afferente, ma efferente (spiegazione: il tocco non è attivo, non fà "qualcosa", ma piuttosto passivo, in una condizione di ascolto-efferente, che "riflette" dei sottili e lenti movimenti intrinseci al corpo stesso). Il trauma, la malattia, il disagio vengono percepiti al tocco come inerzia, stagnazione, mancata circolazione e l'operatore fa sì che lo "spazio-stato" di armonia presente possa riattivare la circolazione e ridurre ed eliminare inerzia e stagnazione.
A settembre parte il corso di cranio sacrale dell'ITCS (Istituto Terapie CranioSacrali) di cui sei fondatore e direttore, a Norma, in provincia di Latina. A una persona che sta decidendo che tipo di terapeuta diventare, perché consiglieresti questo corso?
Craniosacrale è un’arte di palpazione, fondamentalmente.
Per poter ascoltare e sentire quello che succede nel corpo dell’altro (ad ogni livello, fisico, emozionale etc ) dobbiamo avere una buona cognizione di quello che succede dentro il nostro sistema corpo-mente-spirito. Tutto parte da qui e forse arriva qui. Ci sono domande fondamentali che riguardano anche il terapeuta: dove sono in questo momento, dov’è il mio centro, dov’è il mio spazio di quiete, come sento dentro di me l’espressione delle forze vitali che abbiamo descritto (teoricamente, quindi come percepisco la MAREA LUNGA, la Marea Media nel mio corpo ora.
E' da qui che inizio per contattare il corpo dell’altro: paziente, cliente, amico, che sia. Quale intenzione ho nel contattare i suoi tessuti, o i suoi fluidi? Chiarire l'intenzione in un rapporto così intimo diventa fondamentale… Quando impariamo queste cose è perché impariamo la nostra anatomia vivente, che è quella poi che alla fine ci informa di quello che succede. La nostra capacità di sentire e di sentirci parte innanzitutto dal territorio (anatomia, anatomia e anatomia) e il passaggio dall’anatomia descrittiva all’anatomia esperienziale-vivente è cruciale. Più sono in contatto con i miei sistemi e ancor di più con le forze (le dinamiche morfologiche che li hanno “creati”) più sono in grado di interpretare e assecondare le forze della salute nell’organismo. Obiettivo del lavoro è certo quello di trovare la risorse, la forza della salute che sta dietro ogni malattia o disagio.
In base alla distinzione che ci hai spiegato prima, che tipo di approccio è il vostro? Biodinamico o biomeccanico. E ci spieghi qualcosa in più sul corso?
Consideriamo sia la biomeccanica dei tessuti che la biodinamica delle forze, come livelli della relazione, in un approccio integrato che parte dalla nostra consapevolezza di presenza e di intenzione.
Quanto al corso, la struttura della formazione è basata su tre giorni ogni mese circa per 12 incontri, il monte ore, concordato con le associazioni professionali di categoria italiane (ACSI) e inglesi e americane, è di 700 ore complessive (400 frontali più studio e pratica). Attualmente questo è uno standard per le Discipline BioNaturali, a cui si è arrivati per rispondere alla realtà che vuole una regolamentazione e degli “standard” che garantiscano il cliente-utente, dall’altra parte in questi campi non si finisce mai di imparare e l’aggiornamento professionale si intreccia con la crescita personale e spesso dura tutta la vita, ma questo non lo possiamo codificare.
Abbiamo la sede a Norma, che è raggiungibile anche con il treno in 40 minuti da Roma, la scelta residenziale è vantaggiosa per l'apprendimento e possiamo offrire ai nostri allievi una ricca biblioteca specializzata, una ampia gamma di modelli anatomici per facilitare lo studio e i servizi di una spa e di un centro benessere, oltre a quelli alberghieri.
Immagine | Maderu Pincione