"Osteopatia, yoga e sport": intervista a Giacinta Milita
La dimensione 2.0 ci permette di riunirci tutti insieme in una virtuale presentazione: cure-naturali.it ha intervistato l’autrice del libro “Osteopatia, yoga e sport. Il movimento nella vita, la vita nel movimento” che ci ha regalato il suo prezioso contributo.
Si è concessa generosamente l’autrice del libro “Osteopatia, yoga e sport. Il movimento nella vita, la vita nel movimento”, Giacinta Milita.
Il suo testo abbraccia tre discipline, l’osteopatia, lo yoga e lo sport e illustra come esse possano sposarsi in modo perfetto data la medesima radice che le accomuna: il movimento, anzi, per la precisione, il movimento consapevole -sia esso macroscopico o interno- che ci permette di entrare, qui e ora, in sintonia con l’Intelligenza profonda che alberga dentro di noi.
Un inno alla salute insomma che l’autrice orchestra accordando la polifonia delle tre voci di cui si occupa con il Movimento, fonte e espressione di Vita e la forza vitale intrinseca nel corpo di ognuno di noi.
Lei ha collaborato con varie squadre di pallavolo professionistiche: come questa esperienza l'ha arricchita a livello professionale? E, viceversa, quale crede siano le potenzialità di una figura come la sua all'interno dello sport agonistico?
Sono un osteopata e come prima formazione universitaria, fisioterapista, che lavorava già nella globalità prima di incontrare l’osteopatia. Conoscere l’osteopatia e sentirmi osteopata “in ogni mia cellula”, ha fatto si che uno dei principi cardini di questa disciplina e cioè la potenzialità di autoregolazione e autoguarigione che ha il corpo, la potessi stimolare e mettere a disposizione in ogni ambito del mio lavoro.
Dal 1988 collaboro con la squadra di pallavolo, oggi Andreoli Top Volley Latina, ma ho condiviso un percorso molto bello e importante con un'altra squadra di volley maschile, oggi Altotevere Città di Castello, e una squadra femminile, Caffè Circi Sabaudia. In ambito sportivo però non seguo solo il volley ma molti altri atleti di varie discipline.
Oggi, dopo più di 25 anni di professione, potrei racchiudere con un motto ciò che amo stimolare e accrescere nell’incontro con il paziente, sportivo e non: “Se ascolto il mio corpo e mi muovo con consapevolezza, resto in salute”.
Se trasferiamo questo concetto in ambito sportivo si può evidenziare l’abisso, la distanza che c’è: nell’opinione corrente “muoversi fa bene”, figurarsi praticare uno sport, e nessuno lo può negare ma è importante anche come muoversi, quanto muoversi affinché possa essere efficace per la salute.
Qualsiasi disciplina sportiva, anche a livello dilettantistico, ma ovviamente ancor più a livello agonistico, sollecita il corpo in modo non bilanciato, non equilibrato e quindi potremmo dire non sufficientemente salutare.
Apportare un ascolto consapevole del corpo comporta per l’atleta un’enorme potenzialità di autoregolazione. Salute non è assenza di dolore o malattia, ma equilibrio. Ogni qual volta porto l’attenzione al corpo, sia a riposo che nei movimenti, come nelle asane proposte, metto in atto una trasformazione incrementando l’omeostasi, l’equilibrio del corpo inteso non solo come equilibrio fisico ma anche mentale e emotivo.
Trasferire tutto ciò nel lavoro con gli sportivi non è stato molto facile, ma per me non è stata nemmeno una sfida, non potevo che proporre questo approccio, sono e resto un osteopata.
Si deve lavorare sulla prevenzione e non sull’infortunio, tanto più in ambito agonistico. Infatti il mio lavoro con queste squadre inizia sempre il primo giorno di convocazione, prima una visita e check up osteopatico e poi si parte con la preparazione. Come dicevo prima non è stato facile far capire quale potenzialità potesse avere un mio intervento così articolato, ma visti i risultati, l’evidenza fa accettare anche ciò che si sente distante dal proprio approccio mentale e culturale.
Per ciò che mi riguarda, il lavoro in ambito sportivo, e in particolare a livello agonistico, mi ha dato e mi da l’opportunità ogni giorno di domandarmi e spingermi a migliorare, ciò che come terapeuta posso fare per incrementare la salute nelle altre persone, meglio sarebbe dire, incrementare il loro senso di responsabilità rispetto alla propria salute.
Nonostante la positiva eccezione che lei rappresenta, nel mondo dell'agonismo, in genere, non viene considerata una figura come la sua di matrice "olistica". Secondo lei perché?
In parte ho già risposto. La formazione culturale in ambito sportivo è mirata a raggiungere un traguardo. Oggi per fortuna qualcosa sta cambiando e si prendono in considerazione anche altri aspetti, vedi l’alimentazione, l’aspetto mentale, meno si fa invece nel valutare l’atleta così come è quando si avvicina e prosegue una specifica disciplina. Essere attenti alla postura di partenza significa “leggere” il corpo con le proprie tensioni, schemi posturali viziati e /o legati espressamente alla disciplina praticata, stati mentali e emotivi che, come ben sappiamo, si rispecchiano nella nostra postura. Credo che molto di più si potrebbe fare per aiutare lo sportivo ad acquisire e mantenere un equilibrio posturale, che per un atleta agonista va automaticamente a influire sulla performance e quindi sul risultato finale.
Ho apprezzato molto che nel suo libro, quando descrive le posizioni yoga, dedica attenzione anche all'atteggiamento mentale da mantenere (cosa che manuali, anche molto blasonati, non fanno). Secondo lei, come questo aspetto prettamente psichico dello yoga, se affinato ("allenato", potremmo dire), può aiutare nel momento della prestazione?
Lo yoga significa unione, corpo, mente e spirito e nello stesso tempo micro e macrocosmo. Praticare un asana, o un esercizio di respirazione, pranayama, o recitare un mantra, cioè emettere un suono vocale, comporta essere nel qui e ora. Porre l’attenzione al momento presente dà inizio a quel processo di attenzione, focalizzazione che sono la base, il fulcro per l’espressione di una performance di qualità. Essere in equilibrio, in sintonia con il proprio sé è la fonte, l’origine di una potenza, di una energia che, non è esagerato, tutto può. Non per niente ogni atleta ha il proprio modo, la propria tecnica per concentrarsi e io ne sono testimone ogni volta prima della partita nello spogliatoio con i ragazzi.
Lei si occupa principalmente di osteopatia, una terapia che si rivolge a tutti e non solo agli atleti. Forse però una parte dei lettori non ne conosce le potenzialità: ce le può illustrare? In quali situazioni può essere opportuno rivolgersi a un osteopata?
L’osteopatia è una disciplina olistica fondata dal Dott. A.T Still. Per l’osteopatia, così come per lo yoga e lo sport, come ho spiegato nel libro, il movimento è vita e la Vita si esprime nel movimento.
Still diceva che la regola della arteria è suprema, ciò sta a significare che ogni fluido e non solo il sangue, ma anche la linfa, il liquido intra e extracellulare, il liquido cerebrospinale (LCR) debbono poter fluire senza restrizioni. Lasciate che spenda due righe a proposito del liquido cerebrospinale che Still definì l’elemento più nobile mai conosciuto.
E’ un liquido che avvolge il cervello e il midollo spinale e attraverso il meccanismo craniosacrale trasporta nel suo movimento ritmico il Respiro della Vita, simile a ciò che è il Prana per lo yoga.
Sempre Still nei suoi numerosi scritti diceva che lì dove c’è una stasi, c’è una perdita di vitalità e il campo non irrigato muore. Il compito dell’osteopata è quello di aiutare il corpo a riprendere il proprio lavoro normale cosicchè la disfunzione, il funzionamento non normale, lasci il posto alla normalità, alla Salute.
Si basa su alcuni cardini principali che sono:
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Il movimento è vita
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La persona viene vista come un’unità
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Il meccanismo craniosacrale
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La struttura governa la funzione
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Meccanismo di autoregolazione innato
E’ quindi un’arte di curare olistica, che vede l’individuo come un intero e si rivolge alla vita in movimento: questo fa si che si può essere d’aiuto dall’inizio della vita, in gravidanza, fino quando la vita stessa è presente, tanto nei neonati quanto nelle persone anziane.
L’osteopata si mette in ascolto della fisiologia del corpo che possiede un’Intelligenza innata, con la "I" maiuscola diceva un grande osteopata, Sutherland e aiuta i tessuti e tutti i fluidi a ritrovare quel punto neutro necessario affinchè la fisiologia possa “ ritrovare” la via di casa.
L’intervento dell’osteopata dovrebbe essere un intervento rivolto alla prevenzione più che ad agire quando si presenta un sintomo e questo è ciò che spingo a fare nel momento in cui invito a praticare un movimento consapevole che già di per sé può essere un valido strumento di aiuto per il nostro benessere. Si può comunque intervenire in tutti i disagi cosiddetti disfunzionali e non patologici ma anche in condizione di malattia conclamata può essere un valido aiuto e supporto a incrementare quel processo di autoregolazione che porta salute.
Si collega spesso l’osteopatia a problemi muscolo scheletrici e in effetti questo è un ambito dove il lavoro di “convergenza“ dell’osteopata può molto. Still diceva che la struttura governa la funzione e ogni qual volta si ha un problema strutturale si avrà una ripercussione anche sulla funzione dei vari organi e sulle funzioni vitali.
Il ruolo dell’osteopata, per come io vivo e sento il mio lavoro, è quello di essere di sostegno, consiglio e suggerimento per tutte le persone, atleti compresi, a diventare artefici della propria salute permettendo alla fisiologia del corpo senza nome, come la chiamava un altro grande osteopata, R. Becker, di svolgere ciò che sa fare molto bene e cioè autoregolarsi.
Rollin Becker ai suoi allievi insegnava: Voi osteopati pensate di essere dei grandi maestri sul corpo, voi siete degli umili allievi del grande maestro che è il corpo.
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