Il tarantismo: un’antica musicoterapia nostrana?
Il tarantismo è un complesso coreutico musicale della tradizione contadina del Sud Italia considerato un esempio popolare di musicoterapia. Oggi la connotazione terapeutica del rituale è probabilmente scomparsa, ma non smette di affascinarci e coinvolgerci
Attualmente la musicoterapia sta entrando in auge a livello internazionale per trattare malattie e disturbi psicosomatici e neuropsichiatrici, tuttavia si tratta di un modello terapeutico che affonda le sue origini in contesti rituali che precedono l’uso scientifico della musica come strumento di guarigione.
Un esempio nostrano di musicoterapia tradizionale è il tarantismo, rituale coreutico-musicale dalle valenze religiose e terapeutiche che si realizzava in Salento (Puglia meridionale) a partire dall’epoca medievale fino alla fine degli anni '50.
Il tarantismo è un rito religioso di guarigione definito “esorcismo musicale” che permetteva, attraverso musiche e danze, di guarire disturbi provocati dal morso di un ragno velenoso.
Il rito coreutico-musicale di guarigione
L’elemento centrale del rituale è la tarantola, detta taranta, ragno velenoso che, secondo l’opinione locale, con il suo pizzico può provocare stati confusionali, agitazione, parossismo e torpore.
Le vittime della taranta erano soprattutto donne dedite alla raccolta del grano e la conseguenza del morso era la possessione dello spirito del ragno.
L’unica cura efficace contro questa forma di possessione consisteva nell’intervento di un’orchestra locale composta da chitarrista, violinista, tamburellista: i musicisti si disponevano attorno alla donna adagiata su un lenzuolo ed intonavano diverse melodie di pizzica fino a “svegliare” la tarantata con quella corretta. In quel momento la donna iniziava a rotolarsi e contorcersi al suolo in una danza convulsa che durava diversi minuti, fino alla morte simbolica del ragno che avveniva per intercessione di San Paolo.
Il momento culminante del rituale avveniva durante la notte tra il 28 e il 29 giugno, nella cappella di San Paolo a Galatina, in provincia di Lecce. Le tarantate si recavano in pellegrinaggio verso la Chiesa accompagnate da musicisti in segno di riconoscenza al Santo per la grazia ricevuta oppure per invocarla se ancora non era stata concessa.
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Lettura antropologica del tarantismo
Sebbene il tarantismo sia stato ridotto dalla medicina a una forma di disturbo mentale, isteria collettiva o finzione femminile e dalla Chiesa a una forma di stregoneria, il fenomeno è stato studiato a fondo dall’antropologia per le sue peculiari valenze simboliche e per i significati sottesi a questa espressione culturale.
Lo studio più noto sul tarantismo risale al 1959, quando Ernesto de Martino si recò in Salento per fare una ricerca sul tema. Sul campo De Martino si rese conto di una serie di elementi che escludevano l’interpretazione del tarantismo nei termini di malattia o disturbo: alcune zone erano considerate immuni al morso, la cura si ripeteva ogni anno in date ben precise, i casi erano quasi esclusivamente femminili, e l’età e le relazioni di parentela delle tarantate presentavano delle caratteristiche ben definite.
Secondo l’interpretazione dell’antropologo, il rituale non era tanto volto a guarire dal veleno del ragno, quanto piuttosto ad esprimere, attraverso un atto performativo accettato culturalmente, un dissenso nei confronti della condizione di subalternità, povertà e sofferenza sociale cui erano sottoposte soprattutto le donne del Sud contadino.
La rinascita contemporanea del tarantismo
Il tarantismo osservato e descritto da Ernesto de Martino è scomparso insieme alla situazione economico-sociale dell’epoca. La società contadina tradizionale sta pian piano svanendo nel tentativo di occupare altri settori produttivi, lasciando così spazio nei campi a nuovi lavoratori, nella maggior parte dei casi migranti provenienti da altre tradizioni culturali per i quali il ragno velenoso non possiede stessa la valenza simbolica. La taranta non “pizzica” più.
Tuttavia, la trasformazione del contesto meridionale non ha determinato la completa dissoluzione del rituale, bensì una sua rivisitazione. Da circa dieci anni, infatti, il tarantismo è risorto sotto nuove spoglie che integrano gli elementi dell’identità culturale salentina alla condizione odierna vissuta dalla popolazione del Sud Italia.
Questo processo di recupero degli elementi coreutico-musicali del tarantismo da parte di comuni, gruppi musicali ed associazioni, definito neotarantismo, sta divenendo un movimento di riappropriazione culturale, sociale ed ideologica che sta suscitando grande interesse del pubblico non solo al Sud ma in tutto il Paese.
Un avvenimento che segna un momento importante del processo di rinascita culturale del tarantismo è stato la concessione della Chiesa di San Paolo al Comune di Galatina da parte dell'attuale proprietario, avvenuta del 2005.
Inoltre, il Comune di Galatina, in collaborazione con l’Unesco, organizza ogni anno un evento dal nome emblematico: “La Taranta è viva: il ritmo ed il battito della pizzica tarantata”.
Durante l’evento, della durata di tre giorni, è possibile rivivere questa tradizione culturale e risignificarla secondo i codici culturali di un’Italia cambiante, in cui il passato non è più percepito come barbarie pagana e arretratezza, ma come simbolo identitario di un mondo che resiste con orgoglio all’omologazione culturale.
Per saperne di più sulla relazione tra tarantismo e musicoterapia, consigliamo di leggere il libro “Il ragno che cura. Tarantismo e musicoterapia tra passato e presente” (2007) di Costanza Pintimalli.
Dimagrire con la pizzica: si può!