Il cervello plastico
Il cervello non è un organo geneticamente definito per quel che concerne il numero di neuroni. La precedente e lunga "credenza" scientifica secondo cui il signore degli organi non potesse creare ex novo neuroni è sprofondata grazie a mirabili studi che dimostrano esattamente il contrario. Adesso sappiamo che oltre ai già conosciuti meccanismi di sprouting assonali, il tessuto cerebrale è capace di neurogenesi
Il concetto di plasticità del sistema nervoso centrale è una acquisizione che ci viene dalle scoperte in campo neuro-psichiatrico ed al cui centro trova spazio il signore degli organi: il cervello.
Nel nostro modello scientifico tradizionale, l’encefalo era considerato un tessuto perenne, per cui una volta completata la crescita, i rapporti tra le parti che lo costituivano erano dati una volta per sempre.
In realtà studi a cavallo del secolo, hanno dimostrato che l’assetto anatomico (cioè la relazione tra le parti) è variabile per la presenza di almeno tre fenomeni:
- Capacità di modificazione dei rapporti in modo reversibile, da parte delle cellule al fine di rispondere a stimoli diversi;
- Capacità di formazione di nuove connessioni neuronali, (sinapsi) le quali modificano la mappa cerebrale di un’area;
- Capacità di formare nuovi neuroni e cellule gliali (neurogenesi).
In riferimento al punto 3 sul finire del secolo è arrivata la prima dimostrazione scientifica che anche il cervello di un adulto è plastico, addirittura capace di neurogenesi in un’area critica per la memoria e strettamente collegata all’ippocampo: ” la corteccia entorinale.
Nel 2001 si è scoperto il perché della neurogenesi grazie ad un gruppo di neurobiologi del NEW JERSEY, guidati da TRACEY Y. SHORS ed ELIZABETH GOULD.
Le due ricercatrici mediante studi condotti sui topi, hanno dimostrato che i neuroni appena formatesi, si integrano nei circuiti ippocampali e che la loro presenza è essenziale per la fissazione di nuove informazioni, nuovi ricordi, nuove tracce mnemoniche.
Negli esperimenti sempre su animali si è visto che quelli tenuti in ambienti ricchi di stimoli sensoriali e motori, presentano una corteccia di maggiore spessore ed un numero superiore di neuromediatori.
Tanto è vero che è divenuta acquisizione scientifiche comprovata le ripercussioni dello stress sul processo di apprendimento e di memoria.
Queste funzioni intellettive sono intimamente legate agli stimoli esterni, i quali sono capaci di indurre un cambiamento sulla struttura della mente e con ciò si intende l’architettura stessa della neocorteccia.
Il cervello dunque si modifica e si plasma in risposta agli stimoli ambientali.
Dagli studi sui topi si è passati agli studi sugli uomini.
Il cervello dei tassisti anziani
Nel 2000 ELEANOR A. MAGUIRE e colleghi dell’università di Londra sottoposero a risonanza magnetica un gruppo di tassisti londinesi.
Per necessità lavorative i tassisti sviluppano notevoli capacità di memoria spaziale a cui corrisponde topograficamente l’ippocampo posteriore destro.
La risonanza magnetica ha rilevato che l’area ippocampale destra dei tassisti più anziani era in generale più ampia dei colleghi più giovani, suggerendo con ciò che l’uso sviluppi la funzione e le dimensioni dell’area cerebrale ripetutamente attivata.
Già dal 1995 grazie ad uno studio su umani si dimostrò come la ripetizione di un esercizio di movimento rapido con le dita, svolto per quattro settimane circa, causa un allargamento dell’area corticale motoria primaria, deputata all’organizzazione del movimento delle dita.
Ancora una volta la risonanza magnetica dimostrò che per mesi persisteva l’allargamento dell’area corticale motoria, fino a quando l’esercizio poteva essere richiamato alla mente.
Ciò vuol dire che l’esercizio aveva creato nuovi circuiti.
Ulteriori studi confermano questo dato.
CHRISTIAN GASER neurologo della HARVARD MEDICAL SCHOOL BOSTON e GOTTFRIEND SCHLAUNG, PSICOLOGO dell’ UNIVERSITA’ di JENA Germania, hanno studiato il cervello di pianisti professionisti rispetto ad un gruppo di musicisti non professionisti e di non musicisti.
Risultato dello studio: i pianisti professionisti risultavano avere aree motorie, uditive e visuo-spaziali molto più sviluppate rispetto ai due gruppi di controllo.
Il cervello normale adulto è in grado continuamente di rimodellarsi sulla base delle esperienze, formando nuovi circuiti sinaptici o ristrutturando gli esistenti.
Addirittura Sonia Lupien del laboratorio di ricerca sullo stress della McGill University in Canada e altri ricercatori, prendendo in esame novantadue persone per quindici anni, hanno scoperto che il volume del cervello di quelle con autostima bassa era fino ad un quinto minore rispetto a persone che mostravano una sufficiente o buona autostima. Inoltre le prestazioni del primo gruppo, in termini di memoria o di capacità di apprendimento erano peggiori.
La stessa Lupien sostiene che: ” l’atrofia del cervello non è irreversibile. Gli studi condotti su esseri umani e animali provano che arricchendo l’ambiente di vita di stimoli, la struttura mentale torna su livelli normali. Un miglioramento della qualità di vita si traduce quindi in una ripresa e normalizzazione delle funzioni cerebrali”.
La stessa LUPIEN ha condotto uno studio su anziani tra i 60 e gli 87 anni, monitorandoli per alcuni anni.
La brillante ricercatrice ha scoperto che in caso di un aumento moderato di cortisolo si riesce ad impedire il danno all’ippocampo con un farmaco che riduce la sintesi dell’ormone. Il farmaco però non agisce nelle persone che hanno alti livelli di cortisolo già da tempo.
La ricercatrice ha osservato che per contrastare la demenza è necessario intervenire nel periodo centrale della vita delle persone, proprio per regolare l’eccessiva produzione dell’ormone dello stress.
Detto studio entra nel filone di ricerca che ha avuto inizio già da metà degli anni ’80, allorquando alcuni scienziati, tra cui ROBERT SALPOLSKY e BRUCE MC EWEN, avevano scoperto che nel macaco lo stress provoca un danno all’ippocampo e SAPLOSKY, neurobiologo con formazione antropologica, ipotizzò che fosse il cortisolo, prodotto sotto stress, a danneggiare quest’ area cerebrale fondamentale per la memoria.
Altri studi confermarono questa ipotesi e definitivamente nel 1997, la ricercatrice ELIZABETH GOULD, esperta nello studio della neurogenesi, ha fornito la prima dimostrazione che lo stress causa il blocco della produzione delle cellule staminali nell’ippocampo dell’adulto.
Ciò si può ottenere, anche senza farmaco, imparando a tenere sotto controllo lo stress.
Un nuovo modello dunque emerge dagli studi condotti sul cervello che lo vede:
- organo plastico, nel senso che l’esperienza è capace di modificare le connessioni cerebrali,
- organo che, almeno in alcune aree è capace di riprodursi, (neurogenesi),
- non c’è separazione rigida tra emozioni e cognizione, anzi le modalità normali di funzionamento cerebrale, prevede un forte intreccio tra emozioni, ricordi, memorie inconsce e coscienza,
- la comunicazione mente – cervello - resto del corpo è integrata ed è influenzata da stili di vita, età, ambiente naturale e sociale.
In conclusione, vorrei soffermarmi su di una riflessione; dagli studi citati si evince la necessità di cambiare stile di vita, che a sua volta si traduce nel modificare il modo di pensare. Questo risulta essere determinante nella fase della terza età.
Studi e ricerche supportano questo tesi e invitano l’anziano a divenire responsabile e curatore della propria salute attraverso operazioni semplici e quotidiane. Non ultimo, così come è stato esposto, intervenire su tutti quei fattori personali e caratteriali per svoltare direzione e dare un senso di pienezza alla propria esistenza, anche nella fase della terza età.
Immagine | Hey Paul Studios