Come sviluppare l’intelligenza ecologica?
La consapevolezza dell’impatto delle nostre azioni sull’ambiente e il consumo responsabile sono alcuni aspetti dell’intelligenza ecologica. Ne avete sentito parlare?
In occasione della Giornata Mondiale della Terra che si celebrerà come ogni anno il prossimo 22 aprile, riflettiamo su un tema legato alla salvaguardia del nostro pianeta e degli ecosistemi: l’intelligenza ecologica.
Questo concetto, formulato dallo psicologo statunitense Daniel Goleman nel libro “Intelligenza ecologica” (2009), definisce la consapevolezza delle relazioni - spesso occulte - tra le attività umane ed i sistemi naturali, così come la sensibilità nei confronti dell’impatto che ogni azione e scelta di consumo provocano sull’ambiente e sulla salute.
Le regole dell'intelligenza ecologica
L’intelligenza ecologica risponde a 3 semplici regole: “Conosci il tuo impatto, favorisci il miglioramento e condividi ciò che impari”.
Conoscere gli impatti nascosti di ciò che compriamo, vendiamo e fabbrichiamo ci permette di prendere decisioni affini al nostro sistema di valori e di consumare in modo responsabile.
Ma la buona volontà dei singoli non è sufficiente. È necessario infatti che i consumatori abbiano accesso ad informazione veridica, completa e chiara sulle conseguenze ambientali generate dai prodotti acquisibili sul mercato.
Secondo Goleman, fino a che quest’informazione resterà nelle mani di ingegneri industriali, tecnici e impresari, la nostra capacità di scelta sarà illusoria.
Quando invece, attraverso la trasparenza, saremo in grado di conoscere il lato oscuro dei prodotti in vendita nei supermercati, avremo il potere di scegliere e di influenzare i mercati con la nostra domanda.
La natura collettiva dell’intelligenza ecologica
La trama delle relazioni tra attività umane ed ambiente è talmente complessa e sottile che una persona, da sola, non può indagare ed accumulare la quantità di informazioni necessaria per sviluppare l’intelligenza ecologica: questa deve essere elaborata e condivisa in sinergia con l’intelligenza sociale e richiedere lo sforzo collettivo di tutti, esperti e non.
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Attenzione al “lavaggio ecologico del cervello”
Se pensate che avere intelligenza ecologica significa comprare i prodotti che abbiano un’etichetta “verde”, dobbiamo avvertirvi che non è così semplice. Al contrario, questo comportamento poco critico è causato, secondo Goleman, dal lavaggio ecologico del cervello operato dalle strategie di marketing che ci portano a pensare che tutto ciò che abbia un’etichetta biologica sia necessariamente buono, sano e innocuo.
Sebbene possa essere rassicurante comprare secondo questo criterio, come avverte Goleman, occorre essere consapevoli che l’etichetta risalta solo una delle caratteristiche del prodotto - quella più ecologica, per l’appunto - nascondendone altre che probabilmente hanno gli stessi impatti negativi di prodotti dello stesso tipo, ma che non hanno alcun bollino “verde”.
Il capo d’abbigliamento di cotone biologico è stato tinto in una industria che rispetta le norme di trattamento dell’acqua residuale? I pomodori liberi da pesticidi sono stati prodotti rispettando i diritti dei raccoglitori? Il rossetto non testato su animali è composto da prodotti cancerogeni?
Progetti che migliorano la trasparenza
Naturalmente le marche più inquinanti e meno sostenibili non hanno alcun interesse nel diffondere informazioni che diminuirebbero le vendite, ma esistono progetti creati proprio con lo scopo di valutare la sostenibilità dei prodotti e trasmettere l’informazione elaborata ai consumatori interessati.
Uno di questi progetti, che a sua volta è un esempio di intelligenza ecologica condivisa, è GoodGuide. Avviato nel 2007, il progetto ha l’obiettivo di orientare i consumatori verso prodotti sicuri e sostenibili con un sistema di valutazione, consultabile dal sito o dall’applicazione, che finora ha analizzato 250.000 articoli.
Stando alla teoria di Goleman, dunque, l’intelligenza ecologica costruita collettivamente e condivisa, insieme alla trasparenza del mercato e agli strumenti innovativi in grado di fornire informazione di facile accesso e leggibilità, può innescare un meccanismo virtuoso di cambiamento: modifica i consumi e obbliga le imprese a rispettare standard di sostenibilità che beneficiano l’ambiente, la salute e i profitti delle stesse imprese.
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