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Donare il sangue è più semplice con Rosso

Come convincere ragazzi e ragazze della Generazione Z a donare il sangue? Innanzitutto, rendendo questa operazione semplice e “cool”. È questa la mission di Rosso, una startup fondata da due giovani italiani.

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©Ahmad Ardity / Pixabay

Donare il sangue è una di quelle azioni nobili a cui, in linea teorica, nessuno si dichiarerebbe contrario. Nella pratica, troppo spesso questa intenzione non si traduce in fatto: c’è chi dubita di non essere idoneo, chi non sa a chi deve rivolgersi, chi abita al di fuori dalle grandi città e teme che i centri siano troppo lontani. Ad abbattere questi e altri ostacoli ci pensa Rosso, una startup italiana che si propone di “rendere cool le donazioni di sangue”.

 

La storia e i servizi di Rosso

Il team di Rosso è composto interamente da under 25, a partire dai due founder, Chiara Schettino e Filippo Toni. Proprio Chiara Schettino, durante la pandemia, ha avuto la necessità di ricevere sangue, scontrandosi così con i tempi di attesa. Da questa esperienza personale decide di fondare Rosso, una startup che si pone la missione di azzerare l’emergenza sangue.

 

Nel concreto, Rosso è una community a cui chiunque si può iscrivere comodamente da casa. I requisiti fondamentali per iniziare a donare il sangue, in fin dei conti, sono tre: avere più di 18 anni e meno di 65, pesare almeno 50 kg ed essere in uno stato di buona salute. 

 

Chi si iscrive a Rosso, oltre ad avere a disposizione tutte le informazioni del caso espresse con un linguaggio semplice e immediato, può fissare un colloquio con un metodo ematologo che prescrive tutte le analisi necessarie per accertare la sua idoneità. 

 

Dopodiché, bastano pochi clic per prenotare una donazione in uno dei centri disseminati in tutt’Italia: anche gli appuntamenti vengono gestiti online, una modalità che senza dubbio i giovanissimi preferiscono rispetto agli sportelli e ai call center.

 

I dati sulle donazioni di sangue in Italia

Proprio la Generazione Z è il target d’elezione di Rosso. In Italia, infatti, il problema non è tanto la disponibilità attuale di sangue, quanto il fatto che la comunità dei donatori stia invecchiando. Cosa che fa emergere la necessità di un ricambio generazionale in tempi stretti. 

 

Come riporta il ministero della Salute, infatti, nel 2023 il nostro Paese ha superato la soglia dei 3 milioni di donazioni, 36mila in più rispetto all’anno precedente: questo ha permesso di effettuare circa 2 milioni e 837mila trasfusioni a una media di 1.748 pazienti al giorno.

 

Dopo i dati insoddisfacenti del 2022 cresce anche la raccolta di plasma, con 880mila chili conferiti all’industria farmaceutica per la produzione di plasmaderivati: un record. Eppure, la domanda è talmente alta (soprattutto per la produzione di immunoglobuline) che anche un dato del genere non basta.

 

Il 2023 è stato un anno che fa ben sperare anche per il coinvolgimento dei giovani, perché il numero di donatori di età compresa tra i 18 e i 45 anni è cresciuto di circa 7mila unità rispetto all’anno precedente; era da almeno un decennio che non si assisteva a un incremento. Il trend generale, tuttavia, vede comunque un innalzamento dell’età media: nel 2018 il 55% dei donatori apparteneva a questa fascia di età, nel 2023 soltanto il 50,7%. 

 

Per far sì che l’Italia sia autosufficiente in termini di sangue e lo rimanga negli anni a venire, dunque, è proprio sulla Generazione Z che bisogna lavorare. Anche con l’aiuto di progetti come Rosso.