Caffè e salute
Caffè e caffeina: i pro e i contro della bevanda più amata al risveglio ma non solo. Quando e come bere caffè per restare in salute.
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Caffè e metabolismo: pro e contro
C’è chi sostiene che il caffè faccia male e chi invece ne sostiene le virtù; ma la verità dove sta?
Nel rispondere a questa domanda bisogna fare attenzione a non confondere il caffè con la caffeina che è solo una delle tante componenti bioattive del caffè.
Una curiosità: è stato mostrato che esistono delle varianti genetiche di alcuni enzimi per il metabolismo della caffeina. Vale a dire gli enzimi che metabolizzano la caffeina possono essere più o meno veloci nel metabolizzarla e questo è determinato geneticamente.
È palese che chi ha gli enzimi più veloci nel metabolizzare la caffeina, rimuove la sostanza più rapidamente e risente meno di tutti i suoi effetti, sia quelli desiderati che indesiderati. Questo soggetto può bere più caffè di chi ha un metabolismo della caffeina più lento, e dopo l’ingestione ha nel sangue la caffeina per più tempo.
Questo spiega, almeno in parte, perché alcune persone bevono caffè dopo cena e dormono mentre altre restano sveglie se consumano il caffè nel tardo pomeriggio. Devono limitare l’uso di caffeina, e quindi anche di caffè, tutti coloro che metabolizzano lentamente la caffeina: le donne durante la gravidanza e l’allattamento, i bambini, i malati di cirrosi e in generale tutti coloro che empiricamente risentono di più degli effetti della caffeina ed è quindi probabile che geneticamente siano “lenti metabolizzatori” della caffeina.
Le donne in gravidanza devono ridurre a una tazzina o addirittura eliminare il caffè anche a causa di potenziali effetti avversi della caffeina sulla gravidanza e sul feto. Devono limitare il consumo di caffeina i malati di gastrite, ulcera e con aritmie cardiache (fibrillazione atriale).
D’altro canto, gli effetti benefici del caffè sulla salute sono molteplici e dipendono talvolta dalla caffeina, ma per la maggior parte probabilmente dalle altre sostanze contenute nel caffè (minerali tra cui potassio, calcio, magnesio, fosfati, solfati; precursori delle vitamine come la trigonellina; antiossidanti e alcaloidi).
Dipendono dal contenuto di caffeina gli effetti del caffè sulla diminuzione del senso della fatica e del tempo di reazione; sull’aumento della capacità lavorativa e del senso di vigilanza; sull’aumento della digestione e della motilità intestinale; gli effetti termogenetici, ergogenici e anti-infiammatori; il potenziamento degli effetti antidolorifici attraverso l’aumentata biodisponibilità e quindi la potenza a parità di dose di alcuni analgesici.
Ci sono inoltre molti studi che valorizzano gli effetti positivi del caffè nel prevenire l’ictus, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari nei diabetici, il tumore del cavo orale/faringe, il tumore del fegato (oltre alla cirrosi), il tumore dell’endometrio e forse del colon-retto.
Effetti del caffè sull'intestino
In molti casi è difficile distinguere gli effetti della caffeina da quelli di altre sostanze contenute nel caffè ma, in linea generale, è possibile affermare che gli effetti di questa bevanda sull’organismo risultano molteplici e vanno a coinvolgere quasi tutti i distretti e gli organi corporei.
E’ risaputo a molti, inoltre, l’effetto positivo sulla peristalsi intestinale ma le informazioni riguardanti il ruolo della bevanda sulla funzione dell’intestino tenue e del colon sono ancora insufficienti anche se piuttosto omogenee.
Il caffè, indipendentemente dal contenuto di caffeina, non influenza la motilità del piccolo intestino ma è in grado di stimolare l’attività propulsiva del colon in modo sovrapponibile a quella di un pasto.
Caffè dimagrante
La caffeina ha un effetto termogenetico nell'uomo, innalzando il dispendio energetico di circa 100 kcal.
Tale effetto, anche se in modo più lieve, perdura anche durante l’abituale consumo di caffè e questa proprietà risulta particolarmente importante poiché, dal momento che lo stile di vita dell’uomo diviene sempre più sedentario e non consente di spendere efficacemente l’energia introdotta con la dieta, la caffeina aiuta a dissipare energia a spese del tessuto adiposo.
Se all’effetto termogenico, si somma anche la proprietà della caffeina di stimolare e migliorare l’utilizzazione dell’energia per il lavoro fisico a partire dai substrati lipidici, risulta chiaro come la caffeina, alle dosi assunte con un moderato consumo di caffè, possa contribuire al mantenimento del peso corporeo e a utilizzare al meglio le fonti energetiche dell’organismo.
L'orario migliore per bere caffè
L’ora migliore per bere il caffè? Dalle 9.30 alle 11.30 del mattino ogni istante è quello giusto, secondo le neuroscienze e la crono-farmacologia.
Il motivo è puramente cerebrale: tra le 8.00 e le 9.00 del mattino, quando siamo accolti dalla prima luce del giorno, il livello di cortisolo nel sangue raggiunge un picco: è il momento in cui siamo (o almeno dovremmo essere) naturalmente più svegli e assumere caffè a quell'ora rischia di sortire un effetto minore e, anzi, di creare assuefazione.
Meglio farlo nella fascia oraria tra le 9.30 e le 11.30 quando il livello di questo ormone cala fisiologicamente, per prepararsi al picco successivo (che avverrà tra le 12.00 e le 13.00).
Sorseggiare caffè di prima mattina, a stomaco vuoto, può stimolare l’intestino, perché il caffè stimola e aumenta le contrazioni intestinali. Questo significa anche che l’assorbimento dei nutrienti sarà ridotto per la maggior rapidità con cui questi passeranno nell’intestino.
Il caffè riduce anche l’assorbimento del ferro, dunque sarebbe da evitare dopo aver mangiato alimenti ricchi di questo minerale, o quando si soffre di anemia sideropenica e durante il ciclo mestruale.
Inoltre il caffè stimola la produzione di acidi gastrici, quindi è utile dopo un pasto molto ricco, ma a stomaco vuoto può causare dolore gastrico, peggiorare il reflusso e la gastrite.
Bibliografia:
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-Zhang Z, Hu G, Caballero B, Appel L, Chen L. Habitual coffee consumption and risk of hypertension: a systematic review and meta-analysis of prospective observational studies. Am J Clin Nutr. 2011;93:1212-9;
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