Ortaggi esotici: proprietà e usi in cucina
Dall’Africa, dalla Cina, dall’India, dall’Europa dell’est, dal Sudamerica, dal Medio Oriente: come accade da sempre e dovunque, i popoli non cessano di mischiarsi e di scambiare il meglio delle loro cucine e dei loro ingredienti. Cosa possiamo trovare di nuovo tra gli ortaggi esotici da aggiungere magari un giorno alla nostra tradizione?
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La tendenza a valorizzare il cibo locale e nostrano è sicuramente comprensibile e legittima, ma se ci fermiamo ad analizzare la nostra cucina tradizionale cosa è veramente nostrano?
Il grano della nostra pasta e del nostro pane è di origine araba, il pomodoro col quale li condiamo è mesoamericano come la melanzana, la patata e il peperone; la farina della nostra polenta è anch’essa americana, gli agrumi che ci inorgogliscono sono cinesi, l’anguria che ci disseta in estate viene dall’Africa subsahariana e il basilico del nostro pesto viene dall’India.
Tutto ciò che adesso è tradizione, un tempo fu esotico: gli antichi Romani non si fidavano troppo del melone, e il pomodoro era ritenuto una pianta velenosa. Questi processi sono sempre in corso e oggi cominciano ad essere reperibili verdure e frutti esotici grazie all’immigrazione, alla facilità dell’import export e alla comunicazione via web.
Scopriamo gli ortaggi esotici, le loro proprietà e usi in cucina.
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La famiglia delle Malvaceae ci regala una pianta che oltre a crescere in ambienti tropicali e semitropicali, riesce a svilupparsi anche in Italia dove il clima temperato lo permette.
Antichi popoli africani, mediorientali e asiatici hanno usato la pianta di okra da sempre, riuscita a farsi strada anche in America e in Inghilterra con facilità.
L’okra è ricca di vitamina K, vitamina C e vitamina B1, di magnesio, fibra alimentare, ma soprattutto di preziose mucillagini (in grado di rendere molto vischioso il contenuto del frutto) composte di fibra solubile, ottima per proteggere e guarire il tratto intestinale, ma anche la pelle, come fosse un gel (forma nella quale effettivamente si presenta).
L’okra si può mangiare fritta, scottata, in zuppe e minestre, stufata, aggiunta al riso.
Le varietà lunghe sono meno tenere e quelle rosse contengono, come intuibile, più antociani e meno clorofilla.
Immagine | By Earth100
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Proveniente dall’America centromeridionale, il chayote (Sechium edule), chiamato in Italia anche lingua di lupo, non più molto comune, fu importato in Europa ai tempi dei Conquistadores, e da allora si è acclimatato e continua ad essere coltivato e consumato a livello locale.
Il chayote è una ottima fonte di vitamina C e amminoacidi, anche quando cotto.
Generalmente il frutto periforme e con una lieve peluria viene sbucciato e ne viene rimosso il seme centrale, dopodiché viene consumato cotto, quando raggiunge la consistenza tipica della zucca cotta, o crudo, in insalate, specie condite con succo di limone, al quale si abbina bene.
In genere si ignora il fatto che anche le foglie (diuretiche e antifiammatorie) e il tubero della pianta sono commestibili e altamente salutari.
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Non è più un evento così raro imbattersi anche da noi in Italia nella melanzana rossa, scientificamente nota come Solanum aethiopicum, e parente strettissimo del pomodoro e della melanzana, dei quali sembra un incrocio.
Nonostante sia d’origine etiopica, come deducibile dal nome, è particolarmente amata anche nella cucina araba, in Pakistan, e in India del nord ovest. Ma ci stupirà forse scoprire che uno dei posti dove cresce in modo migliore in tutto il mondo è la Basilicata.
Il colore è un importante indicatore del suo sapore e del suo contenuto chimico: quando diviene totalmente rossa, abbiamo un minor contenuto di saponine (responsabili del sapore amaro) e un esponenziale incremento di carotene.
Ne esistono diverse varietà, ma in genere il sapore è intenso, lievemente più amaro e marcato di quello della comune melanzana, in confronto alla quale ha meno antociani ma più licopene e carotene.
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Il Momordica charantia, chiamato in Italia cetriolo amato, è una Cucurbitacea tropicale originaria dell’India ma coltivata anche ai Caraibi, in Sud America, in Africa, nel Sudest asiatico e in Cina.
È un rampicante che da noi in Italia fiorisce in estate e fruttifica i primi di novembre. Il frutto somiglia ad un cetriolo rigido dalla buccia solcata e piena di escrescenze mammellonari irregolari.
A dispetto della sua scarsità di oligoelementi, è ricchissimo di vitamina C e di floato; è inoltre ricco di metabiliti secondari che lo rendono antidiabetito, lassativo, stomachico, antiemetico, in grado di lenire la tosse e regolare la bile, epatoprotettivo, ipoglicemico, febbrigugo.
Poiché in grado di indurre contrazioni muscolari e perdite di sangue, è sconsigliato in caso di gravidanza.
La polpa è croccante e ricca d’acqua, dal sapore marcatamente amaro. Va consumato quando ancora verde scuro e non del tutto maturo, poiché in piena maturazione, quando diviene arancione, si apre esponendo i semi ricoperti da arilli rossi.
Si consuma cotto, specie in salsa o fritto, e anche le sue foglie si possono usare alla stregua delle altre verdure a foglia verde.
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