Le piante spontanee commestibili di febbraio
A febbraio ancora il terreno è sotto la brina e il freddo della notte, mentre durante il giorno iniziano i primi timidi germogli a spuntare e le gemme ad aprirsi. Le erbe nei campi sono più coraggiose e alcune temerarie specie di erbe commestibili sono già rigogliose e pronte ad essere raccolte e gustate! Vediamone alcune di questo mese di febbraio
di Mira Tonioni
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Nel secondo mese dell'anno già nasce la voglia di tornare a passeggiare all'aria aperta, il sole fa capolino e comincia a riscaldare la terra e nei i campi già iniziano a rinascere nuove foglie ed erbe spontanee, pronte per essere raccolte. Molte erbe spontanee iniziano infatti il loro ciclo vitale appena le temperature superano qualche grado e così la Natura dà a disposizione per prime le tenere foglie basali da utilizzare in insalate e minestre.
Le prime che possiamo raccogliere sono le foglie di papavero (un po' dificili da riconoscere non avendo il fiore aperto anche se con un po' di pratica è possibile individuarle bene), poi foglie di tarassaco, cicoria, grespigno, aspraggine, cinquefoglio e magari le prime primissime timide piante di malva.
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Molte di queste piante contengono sostanze utili in questo momento dell'anno per affrontare malesseri stagionali come influenze, tosse e bronchi sofferente e pieni di muco; inoltre il mese di febbraio vede il suo aiuto sopratutto per la diuresi e la funzionalità urinaria e la pianta per eccellenza che ci accompagna in questa prevenzione è l'asparago.
Per finire a febbraio sbocciano i primi fiori: le viole e le primule, ottime da consumare fresche e di delizioso sapore primaverile.
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L'asparago selvatico è una liliacea originaria del bacino Mediterraneo (in particolare tipica della macchia mediterranea), conosciuta già dagli egizi millenni or sono, e poi studiata nei secoli come pianta officinale e alimento-farmaco. Il suo nome botanico è Asparagus acutifolius.
Da febbraio e per tutta la primavera se ne raccolgono i germogli turioni, ricchi di vitamina C, potassio, purine ed acido urico. Il colore può variare da un bel verde smeraldo fino al violaceo scuro, a seconda del contenuto di antociani. Ha aspetto cespuglioso, molto ramificata, pungente a causa delle sue tipiche spinule cornee, può raggiungere i 150 cm. Sorge in luoghi aridi e rocciosi.
È un ottimo diuretico: l'asparagina (un amminoacido polare) ha la capacità di irritare l'epitelio renale che permette una migliore diuresi e depurazione tanto che le urine di chi lo ha mangiato prendono un particolare odore nella minzioni successive.
Contiene inoltre potassio e fruttani: carboidrati formati dalla ripetizione di unità di fruttosio. Ha delle notevoli e comprovate proprietà antitumorali, grazie alle saponine (protodioscina e protodiogenina) che inibiscono la proliferazione delle cellule tumorali del colon.
Nell'asparago selvatico la presenza di dette saponine è fino a dieci volte maggiore che nel suo “cugino” coltivato l'Asparagus officinalis e quindi consigliato raccoglierlo a partire da febbraio e consumarlo sopratutto per migliorare il benessere dell'apparato urinario.
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Ecco una “verdura” praticamente scomparsa dal dopoguerra. Per meglio dire, non è scomparsa la verdura quanto piuttosto il suo uso si è fatto sempre più raro: la foglia di papavero selvatico, Papaver rhoeas, conosciuto localmente come "rosolaccio", era un ingrediente “povero” con cui i contadini, e non solo, arricchivano la propria dieta.
Da mangiare crude in insalata, lesse o saltate, in minestra, con la polenta o in frittelline, le foglie del papavero vanno raccolte in primavera, quando si sviluppano alla base della pianta che deve ancora fiorire. Il loro contenuto di alcaloidi è irrilevante, per cui le proprietà narcotiche come anche quelle calmanti, sedative e analgesiche sono blande, a differenza delle altre parti della pianta (semi, capsula, lattice, ecc).
La si trova spontanea, essendo una tipica infestante della regione Mediterranea, generalmente associata alle coltivazioni di graminacee. È importante raccoglierla laddove ci sia la certezza che le piantagioni a cui ama associarsi non siano state trattate con prodotti chimici di sintesi (pesticidi, fertilizzanti, ecc).
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Decantata da Shakespeare e Orazio, la mammola (Viola odorata) arriva ogni anno a dirci che l'inverno è finito e che l'anno apre le porte alla primavera: infatti fiorisce a partire dai primi di febbraio.
I suoi fiorellini aromatici a cinque petali, dall'inconfondibile colore, amano spuntare in terreni umidi ed ombrosi. La loro dolce fragranza è da sempre usata in cosmesi e profumeria in tutta Europa. Da essi ne vengono tratti anche sciroppi, gelatine, caramelle, marmellate, infusi, decotti, tinture e tisane, mentre le foglie cuoriformi, anch'esse edibili, hanno un discreto contenuto di mucillagini, acido salicilico, violaquercitina.
Classicamente ritenuta simbolo di modestia, la pianta contiene rutina, carotenoidi, gaulterina, saponine. Tra le proprietà che vanta annotiamo quelle espettoranti e fluidificante bronchiale, diuretiche, antinfiammatorie, bechica; è indicata quindi in casi di bronchite, infiammazioni orali, tosse tipici malesseri di questa stagione.
Il rizoma, che si può raccogliere in luglio-agosto, può essere utilizzato previa essiccazione (spesso se ne utilizza la polvere) e ha tra le altre anche proprietà emetiche.
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Quando si parla in modo generico di primula, si tende ad intendere la Primula veris, coi suoi fiori giallo dorato, giallo crema o bianchi maculati d'arancione. Per i suoi contenuti di oli essenziali, flavonoidi, glucosidi, vitamina C, betacarotene, saponine (primulina) e vari sali minerali (potassio, calcio, sodio), la pianta ha proprietà sedativa, vulneraria, analgesica, antinfiammatoria, antireumatica, rigenerante dei tessuti, calmante ed espettorante.
Il decotto di rizoma di primula (preventivamente raccolto in inverno ed essiccato) è indicato per problemi ai bronchi; l'infuso di foglie e fiori (anch'essi essiccati) è ottimo in casi di mal di testa, raffreddore e per combattere l'insonnia; le prime foglie sono gradevoli se aggiunte in una misticanza.
In cucina, le foglie e i fiori di primula, possono sorprendere nei risotti e nelle minestre: le tenere e giovani foglie si aggiungono negli ultimi minuti di cottura ed i fiori a cottura avvenuta, magari nei piatti. Ottime infatti sono le minestre di erbe selvatiche alle quali aggiungere in questa maniera le primule.
E visto che in febbraio c'è il giorno degli innamorati perché non preparare un bel piatto con viole e primule che doneranno un'atmosfera e una fragranza inaspettata alla cena più romantica dell'anno?