Le piante spontanee commestibili di ottobre
In ottobre le piante spontanee commestibili riprendono la loro vigoria dopo la pausa estiva e possiamo raccogliere principalmente foglie e radici. Tra le erbe di campo il genere delle rape è molto presente in ottobre. Andiamo a conoscere le principali piante spontanee commestibili di ottobre
di Mira Tonioni
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Il momento delle erbe spontanee da cuocere e preparare come torte salate o frittate vegetali è sicuramente ottimo in ottobre quando il clima comincia a far sentire le sue temperature più rigide e le verdure negli orti diminuiscono lasciando il campo alle erbe spontanee raccolte sotto forma di foglie e radici.
Le piante spontanee del mese di ottobre sono piante con sapore aromatico di tipo amarognolo e leggermente piccante.
Prima tra tutte la senape selvatica è la più riconducibile a questo sapore particolare ed essendo della famiglia dei cavoli possiamo ricollegarci al tipico aroma di questi ortaggi.
Anche le foglie di ravanello selvatico e il raperonzolo di cui si usa la radice hanno lo stesso tipologia di sapore anche se la forma in cui si usa la radice con una buona presenza di inulina porta un delizioso sapore dolce nel piatto.
Le foglie di romice che si raccolgono in questo mese di ottobre hanno invece sapore amaro, senza particolari sfumature di piccante o aromaticità.
Andiamo a conoscere meglio le erbe spontanee di ottobre.
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Tra le piante del genere Brassica che possiamo cogliere e consumare in ottobre si distinguono alcune specie chiamate Sinapis, o senapi, tra le quali troviamo anche la Sinapis alba o senape bianca, e la Sinapis arvensis (dal latino “di campo”) o senape selvatica.
La senape selvatica è un'erbacea annuale originaria del Mediterraneo ma diffusasi in tutto il globo (in alcuni luoghi è considerata una vera e propria infestante), alta fino ad un metro, della quale si consumano le giovani foglie più tenere, lanceolate e oblunghe.
Localmente è conosciuta anche coi nomi popolari di falcona, senapino o sarepino, raparello o rapicello selvatico.
È possibile trovarlo fino ai 1000 metri di altitudine, pertanto è facilmente reperibile nelle regioni centro-meridionali mentre è assente nelle regioni del nord.
Si consuma cotto, specie in minestre e zuppe, ed ha un sapore tra l'amaro e il piccante, generalmente definito rafanoide.
Se ne possono consumare anche le cime come avviene con le rape, prima che la pianta fiorisca; infine i semi venivano utilizzati dalle medicine popolari, in genere per fare cataplasmi.
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Il Raphanus raphanistrum è, come molte delle erbe selvatiche, conosciuto con più nomi comuni: rapacina, gramolaccio, ravanello selvatico, rafanistro, ramolaccio, rapastrello.
Si tratta di una brassicacea che torna in ottobre ad essere disponibile per la raccolta in campo dopo la pausa estiva.
Era assai famosa nelle pratiche medicinali antiche per via delle proprietà dei suoi infusi e decotti.
A livello alimentare la parte più importante della pianta sono le foglie della rosetta basale, laceolate e dentate: le più giovani e delicate si prestano ad essere consumate in misticanza, apportando un tocco di gusto rafanoide, lievissimamente piccante e saporito, che può essere apprezzato anche in altri tipi di ricette: zuppe, minestroni, torte salate, verdure in umido.
Le cime e i boccioli possono anch'essi essere consumati come le cime di rapa.
È una pianta con molte varietà ed assai variabile, pertanto possiamo trovare differenze nella forma delle foglie, o nelle dimensioni e nel colore dei fiori.
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La Campanula rapunculus è diffusamente conosciuta col nome di raperonzolo, benché il nome comune più corretto sia “campanula commestibile”.
Il nome della pianta e quello della Famiglia botanica a di cui fa parte, le Campanulaceae, fanno riferimento alla forma del fiore, mentre il nome tradizionale “raperonzolo” deriva dall'importanza data all'apparato radicale della pianta, che è la parte generalmente più consumata, anche se se ne mangiano anche le foglie e i fiori viola-azzurrognoli.
La radice può essere consumata sia cotta che cruda, magari in insalata, dove può fare sfoggio del suo dolce sapore lievemente nocciolato, mentre le gradevoli foglie sono usate a mo' di spinacio.
È una erba spontanea ideale per i diabetici per via della sua ricchezza di inulina, che aiuta a mantenere basso il tasso glicemico nel sangue.
Per il resto è un noto antinfiammatorio, antisettico e astringente, ricco di vitamina C, proteine e numerosi sali minerali. Il suo consumo è indicato per contrastare le infiammazioni del cavo orale.
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Col nome romice si intendono varie specie del genere Rumex. Questo genere della famiglia delle Polygonaceae è presente su tutto il territorio nazionale in varie forme: il Rumex alpinus, il Rumex crispus, il Rumex acetosa e altre specie minori.
È una pianta rilevante dal punto di vista della cucina e della medicina popolare: si continua a consumarla sia cruda che cotta (soprattutto lessa) ed esiste una ricetta (la zuppa di rombici) che la prevede come ingrediente principale.
È una pianta officinale impiegata come antinfiammatorio ed è ricca di acido crisofamico, acido ossalico e tannini (che danno il sapore acido), che la rendono astringente e purgativa.
Le sue foglie e le radici sono usate anche come febbrifughi e rimineralizzanti.
In farmacopea viene generalmente usata sotto forma di decotto della radice ridotta in polvere nei casi di febbre, anemia, spossatezza, ulcera e problemi allo stomaco.
Il nome “rumex” in latino fa riferimento ad una lancia dalla lama piatta e allungata dalla quale derivò la lancia partigiana medievale e la cui forma ha una grande somiglianza con le foglie della pianta.
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