Hawaii: il primo Stato Usa a vietare la pesca degli squali
Ancora una volta le Hawaii agiscono per tutelare gli squali, imponendo pesanti multe per tutti coloro che li pescano o li uccidono.
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Cosa prevede la nuova legge sulla pesca degli squali
Nella tradizione delle Hawaii gli squali sono presenze familiari, tutt’altro che temibili. Nella mitologia locale, infatti, gli aumakua sono antenati divinizzati che possono assumere sembianze animali (di squali, appunto, o anche di gufi o tartarughe) e restano silenziosamente al fianco dei loro cari, manifestandosi per metterli in salvo dalle disavventure.
Considerato il profondissimo legame tra questi suggestivi predatori e la cultura locale, non c’è da stupirsi se le Hawaii hanno segnato un primato: sono il primo stato degli Usa a vietare la pesca degli squali. È merito dell’Act 51 (House Bill 533), entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2022.
La nuova legge vieta la cattura e l’uccisione intenzionale di squali di qualsiasi specie nelle acque territoriali. I trasgressori sono puniti con multe che vanno da un minimo di 500 dollari fino a un massimo di 10mila, se l’infrazione è reiterata per più di tre volte. Rischiano inoltre il sequestro dei pesci catturati illegalmente e dell’equipaggiamento, oltre alla sospensione della licenza.
La norma raccomanda inoltre di astenersi dalla pesca nelle aree notoriamente popolate da squali, liberandoli nel modo più sicuro possibile in caso di cattura non intenzionale.
Il precedente: il divieto di shark finning
Le Hawaii si erano già distinte in passato per le loro iniziative a tutela degli squali. Già nel 2010 infatti avevano proibito il cosiddetto spinnamento degli squali (shark finning) e la vendita delle loro pinne, dando il via a un’iniziativa seguita da altri 13 Stati e territori degli Usa.
Pur non vietando formalmente la loro uccisione, questa decisione ha comunque salvato la vita di migliaia di animali. Una volta privati della loro pinna, infatti, i loro corpi – ritenuti privi di qualsiasi valore economico – vengono gettati in mare. Essendo mutilati, però, non riescono più a nuotare e finiscono per arenarsi sul fondale, dove muoiono dissanguati, per soffocamento o mangiati da altri predatori.
Secondo alcune stime, ogni anno circa 100 milioni di squali muoiono a causa di questa crudele pratica. L’enorme sofferenza per le creature senzienti va di pari passo con un consistente danno alla biodiversità, considerato che i predatori hanno un ruolo fondamentale per mantenere in equilibrio gli ecosistemi. Un ruolo che rischia di venire meno, ora che ben 181 specie di squali sono classificate come “vulnerabili”, “in pericolo” o “in pericolo critico” nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura.
Tutto questo solo per preparare una zuppa a base di pinne di squalo, considerata una prelibatezza in Cina e Vietnam. Oppure per vendere l’essiccato delle pinne, impiegato nella medicina tradizionale cinese.