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Alimenti ultra processati: quali sono? Come riconoscerli? Fanno davvero male alla salute?

Gli alimenti ultra processati, come cibi pronti e precotti, surgelati e snack dolci e salati, sono ormai parte integrante della nostra alimentazione. Ma, se consumati abitualmente, comportano vari rischi per la salute.

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©Squirrel_photos/Pixabay

Alimenti ultra processati: una definizione che si sente usare sempre più spesso, anche con un tono piuttosto allarmistico, ma che – in realtà – corrisponde a cibi di cui le nostre dispense sono strapiene: merendine confezionate, surgelati, cereali da colazione e non solo. Alcuni studi suggeriscono che basare la propria alimentazione su questa tipologia di alimenti possa predisporre a problemi di salute, anche gravi, nel lungo termine. Cerchiamo di capire meglio cosa c’è di vero.

 

Quali sono gli alimenti ultra processati

Con l’espressione “alimenti ultra processati” ci si riferisce a quei prodotti confezionati che hanno subito ripetute lavorazioni industriali. Di norma li si distingue perché hanno una lista degli ingredienti piuttosto lunga che comprende anche additivi, emulsionanti e aromi. Facciamo qualche esempio:

  • piatti pronti surgelati;
  • cotolette, bastoncini e crocchette pre-fritti;
  • bibite gassate;
  • succhi e bevande con zuccheri aggiunti;
  • cereali da colazione; 
  • ketchup, maionese e altre salse pronte;
  • wurstel e altri insaccati industriali;
  • patatine fritte e altri snack salati;
  • sughi pronti.
  • caramelle e dolciumi confezionati.

 

Quali sono i rischi per la salute

Già nel 2022 un’importante analisi pubblicata dal British Medical Journal aveva rilevato una correlazione tra la dieta squilibrata, con un ampio apporto di cibi ultra processati, e un rilevante aumento del rischio di cancro al colon-retto: si parla addirittura di un 30% in più rispetto alla popolazione generale. Un dato che non può essere sottovalutato, visto che negli Usa tali alimenti forniscono in media il 57% dell’apporto calorico consumato dagli adulti.

 

Due anni dopo, sempre il British Medical Journal ha pubblicato un altro studio basato sui dati raccolti nell’arco di trent’anni. Il campione preso in esame è composto da quasi 75mila infermiere e quasi 40mila professionisti sanitari statunitensi, monitorati rispettivamente dal Nurses’ Health Study (condotto dal 1984 al 2018) e dall’Health Professionals Follow-up (condotto dal 1986 al 2018). Nessuno di loro aveva una storia pregressa di cancro, diabete né patologie cardiovascolari.

 

Ogni due anni, queste persone hanno trasmesso ai ricercatori informazioni dettagliate sulle loro abitudini e sul loro stato di salute. Ogni quattro anni hanno compilato un diario alimentare, poi valutato sulla base di un indice chiamato Alternative Healthy Eating Index-2010 (AHEI). 

 

Nell’arco di oltre trent’anni, oltre 48mila partecipanti sono deceduti. I ricercatori hanno dunque messo a confronto le persone che consumavano una media di 7 porzioni al giorno di cibo ultra processato con quelle che si limitavano a tre. Scoprendo che per le prime la mortalità aumenta del 4%. Il dato varia a seconda della causa scatenante, arrivando al +8% per i problemi neurodegenerativi.

 

Gli alimenti ultra processati non sono tutti uguali

Queste evidenze scientifiche, indubbiamente degne di nota, dovrebbero spingerci a riflettere di più su quello che mangiamo. Ciò non significa, però, che i cibi ultra processati siano tutti uguali. Entrambi gli studi citati, infatti, ricollegano i rischi per la salute soprattutto ai cibi a base di carne rossa, carne lavorata e pollame. Andando dunque nella stessa direzione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) che, sulla base di analisi differenti, raccomanda di non superare i 50 grammi al giorno di carni rosse, in particolare lavorate (come i salumi).

 

Insomma: a chiunque capita di consumare sporadicamente cibi ultra processati, per praticità o perché sono particolarmente saporiti. Occorre però saperli riconoscere e prendere l’abitudine di leggere la lista degli ingredienti: talvolta si sceglie il piatto pronto o precotto per abitudine o pigrizia, quando in realtà basterebbe un po’ di organizzazione per preparare un qualcosa di altrettanto appagante ma molto più nutriente e genuino. 

 

Soprattutto, bisognerebbe considerare le carni rosse e lavorate come eccezioni all’interno di una dieta settimanale che si basa su frutta, verdura, cereali integrali e legumi, come prevede peraltro la piramide alimentare della dieta mediterranea.