L'ipnosi regressiva
Un disturbo particolare entra nella nostra vita, o forse non se n’è mai andato del tutto. È lì, lo si osserva, da vicino e da lontano, un po’ ci turba, sappiamo che c'è ma non riusciamo a “sciogliere il nodo”. Scavare significa lavorare anche sull’inconscio, seriamente, non come in una fiction... L’ipnosi regressiva può fare da sostegno, scopriamo come funziona
Cos’è l’ipnosi regressiva?
L’ipnosi regressiva è una tecnica psicoterapeutica che, grazie a una particolare relazione comunicativa che si instaura tra medico e paziente, permette di scavare nell’inconscio del paziente e riportare a galla situazioni o traumi vissuti e mai “risolti” nel passato, che possono disturbare la vita attuale. Scegliere di sottoporsi a una seduta di ipnosi regressiva, significa voler andare a ricercare le cause di malesseri e di conflitti o semplicemente di nodi irrisolti che si manifestano con determinate patologie e fanno incursione nella vita presente, disturbandola.
Questi traumi vengono scandagliati dal paziente nel mondo remoto e onirico, percepito spesso come il mondo delle vite precedentemente vissute.
Nell’ipnosi regressiva il paziente può infatti ritornare molto indietro nel tempo, fino all’infanzia e oltre, recuperando contenuti che possono essere assimilabili a esistenze pregresse, soprattutto se si considera la visione karmica induista. In questa dimensione indefinita e nuova, di trance ipnotica, è possibile recuperare le radici simboliche di quelli che sono i disagi vissuti nel presente.
Come viene praticata l’ipnosi regressiva?
L’ipnosi regressiva viene praticata da psichiatri e psicoterapeuti professionisti in alcuni casi di disagio psicologico. Si tratta di una pratica che, al giorno d’oggi, è sostenuta e studiata dallo psichiatra Brian Weiss e che risale alle teorizzazioni freudiane e di Otto Rank. Questa terapia non è però universalmente efficace e salutare: ci sono persone a cui è sconsigliato sottoporsi a ipnosi regressiva.
Il medico, dopo aver incontrato e conosciuto a fondo il paziente, può dunque decidere se intraprendere assieme a lui il ciclo di incontri di ipnosi, che, di norma, avvengono con sedute effettuate ogni quindici giorni circa. La prima fase di ipnosi regressiva prevede un’induzione del paziente in uno stato di trance, solitamente accompagnandolo nel percorso attraverso la voce, oppure anche attraverso mezzi visivi o altri suoni.
Qual è lo scopo dell’ipnosi regressiva?
Il fine ultimo dell’ipnosi regressiva è quello di recuperare forze fisiche, spirituali e mentali che permettano al paziente debilitato di proseguire lungo la sua strada evolutiva, di amare e di crescere in modo sereno. La psicoterapia abbinata all’ipnosi regressiva può, in alcuni casi, essere d’aiuto in casi di ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari oppure ossessioni.
L’ipnosi regressiva non cura invece le psicosi. Benché ci possa essere piena collaborazione da parte del paziente, è possibile infatti che alcuni traumi non vengano individuati, in quanto la nostra mente ci protegge perché magari non si è ancora pronti ad affrontare ciò che la memoria ha voluto dimenticare.
Quali sono i pericoli dell’ipnosi regressiva?
Tra i pericoli legati all’ipnosi regressiva si annoverano:
- I numerosi ciarlatani, di cui diffidare, per questo è importante sempre chiedere e verificare la qualifica del medico che vi cura
- I CD o gli audiovisivi che portano all’autoregressione e gli incontri di gruppo sono ugualmente da evitare. Optare per una terapia individuale ed evitare il fai-da-te, prendendo molto sul serio questo impegno
- Chi soffre di depressione acuta, i pazienti che presentano psicosi, i bambini, gli adolescenti, le donne in attesa, chi assume anticonvulsivi non dovrebbe essere sottoposto a ipnosi regressiva
Queste informazioni si possono approfondire sul sito dell’Associazione Italiana Ipnosi Regressiva.
Immagine | Neurotech
Libri consigliati
Ipnosi e trasformazione, R. Bandler;
Ipnotismo, immaginazione e potenzialità umane, T. X. Barber, N. Spanos, J.F Chaves