Depressione: sintomi, cause e trattamento
La depressione è un disturbo dell'umore che interessa più del 10% della popolazione mondiale e che non è sempre facile da diagnosticare. Può influire negativamente sia sulla vita sociale della persona sia sulla sua salute fisica, compromettendo la sua qualità della vita. Quali sono i sintomi, le cause e i trattamenti più efficaci.
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- Depressione, definizione
- Depressione maggiore ed episodio depressivo
- I sintomi della depressione
- Le possibili cause
- Ansia e depressione: un binomio non raro
- La depressione post partum
- Come uscire dalla depressione
- La psicoterapia
- I farmaci
- Curiosità
Depressione, definizione
“Depressione” è uno di quei termini che spesso vengono usati a sproposito, per indicare un semplice stato di malumore. In realtà, è una condizione medica che raggruppa diversi disturbi, alcuni dei quali classificati all’interno del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5).
Mentre la tristezza è un’emozione primaria che è del tutto normale provare, soprattutto in circostanze particolari, si parla di depressione quando la tristezza è persistente e sembra quasi irrisolvibile. È accompagnata da mancanza di autostima ed energia, perdita di interesse nelle attività consuete, difficoltà a concentrarsi.
Quando la depressione è grave, il soggetto fatica addirittura a lavorare, mangiare e svolgere gli altri normali compiti quotidiani. Necessita pertanto di un appropriato e tempestivo supporto psicologico, psicoterapeutico e medico.
Depressione maggiore ed episodio depressivo
Le più frequenti forme cliniche depressive sono:
- episodio depressivo maggiore, con sintomi depressivi gravi e invalidanti la cui durata abbraccia almeno due settimane, quotidianamente e per buona parte del giorno;
- depressione maggiore (o disturbo depressivo maggiore), quando nella storia dell’individuo c’è almeno un episodio depressivo maggiore, in assenza di episodi maniacali o ipomaniacali;
- disturbo depressivo persistente (distimia), quando i sintomi (insorti di norma a partire dall’adolescenza) sono analoghi alla depressione ma più lievi come intensità, e si manifestano quotidianamente per almeno due anni;
- disturbo disforico premestruale, quando durante le mestruazioni la donna vive profondi sbalzi d’umore, è irritabile, incline al pianto e tende a sentirsi sopraffatta;
- disturbo del dolore prolungato, quando la tristezza per la perdita di una persona cara dura per più di un anno, in una forma pervasiva e talmente intensa da risultare invalidante;
- depressione reattiva, uno stato depressivo che viene scatenato da un evento specifico facilmente identificabile; nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) rientra nei “Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti”.
I sintomi della depressione
Fermo restando che può manifestarsi in modo diverso a seconda delle specifiche situazioni e storie cliniche e personali, la depressione comporta alcuni sintomi caratteristici.
I sintomi affettivi, cioè legati alle emozioni, sono:
- senso di tristezza persistente e apparentemente irrisolvibile;
- senso di colpa;
- tendenza a sminuirsi;
- sensazione di angoscia, anche in assenza di una vera e propria causa scatenante;
- perdita di speranza nel futuro.
Tra i sintomi fisici possiamo citare:
- mancanza di energie;
- spossatezza;
- perdita o aumento di peso;
- sudorazione eccessiva;
- vampate di calore;
- brividi di freddo;
- disturbi del sonno;
- nausea;
- calo della libido.
Tra i sintomi cognitivi, quelli più caratteristici sono:
- difficoltà di concentrazione;
- calo della memoria;
- difficoltà a pensare lucidamente;
- tendenza a evitare di prendere decisioni;
- agitazione o, viceversa, rallentamento psicomotorio.
I sintomi volitivi, invece, riguardano;
- mancanza di desideri e obiettivi;
- perdita di interesse nei confronti delle normali attività quotidiane;
- sensazione di doversi sforzare tantissimo anche per svolgere mansioni banali, come mangiare o lavarsi.
- I sintomi comportamentali più tipici sono:
- una maggiore lentezza nel fare le cose;
- viceversa, la tendenza a muovere nervosamente le mani o la difficoltà a stare fermi;
- la tendenza a rinchiudersi in casa, isolandosi dagli altri e sacrificando i rapporti sociali;
- nei casi più gravi, i tentativi di suicidio.
Questi sintomi sono coordinati con i ritmi circadiani, cioè con l’orologio biologico che reagisce alla luce naturale, alla temperatura esterna e, in ultima analisi, all’ambiente in cui viviamo. Ecco perché con la depressione si sta meglio la sera: perché con il passare delle ore diminuisce la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress.
Le possibili cause
Non è semplice identificare le cause della depressione, perché il tema è ancora piuttosto dibattuto dalla comunità scientifica. Si ritiene che l’eziologia sia multifattoriale, cioè coinvolga fattori genetici, ambientali e sociali, come:
- fattori esterni (licenziamento, separazione, divorzio, lutto),
- elementi ereditari (disposizione genetica alla depressione),
- malattie o disturbi fisici (anemia, disturbi ormonali, condizioni di immobilità, carenze vitaminiche, scarsa attività della tiroide).
A livello fisiologico, la depressione potrebbe derivare da un alterato equilibrio delle azioni di certi neuromediatori sui ricettori e di questi nella traduzione del messaggio. In particolare, risulterebbero coinvolti i sistemi della serotonina, della dopamina e della noradrenalina, sostanze implicate nella regolazione del piacere, della ricerca e della novità.
Una volta identificati i possibili sintomi iniziali della depressione, è fondamentale rivolgersi prima al medico di base e poi a uno specialista per una valutazione sia fisica che psicologica. Alcuni medici utilizzano particolari questionari per valutare i sintomi dei pazienti e identificarli o meno, come campanelli di allarmi di uno stato depressivo. L'anamnesi personale e familiare è il passo successivo.
Per una valutazione diagnostica accurata, comunque, i medici eseguono spesso anche indagini di laboratorio, per escludere che i sintomi dipendano anche da altre cause, come ipotiroidismo, disturbi metabolici, infezioni e malattie sistemiche.
La negazione della depressione non fa che peggiorare l’intensità del disturbo, mentre accogliere questa condizione come un dato di fatto è il primo passo per ritrovare sé stessi e cominciare a vivere.
Ansia e depressione: un binomio non raro
“Il legame tra ansia e depressione è estremamente complesso e multifattoriale, spesso caratterizzato da una serie di elementi che possono influenzare entrambe le condizioni”, spiega il dottor Francesco Minelli, psicologo e psicoterapeuta che riceve a Roma e online.
“Innanzitutto, queste condizioni possono avere cause comuni quali traumi, separazioni, lutti e condizioni di vita complesse e dolorose. Questi eventi possono alterare l'equilibrio psicologico dell'individuo e porre le basi per un disturbo ansioso o depressivo”.
“Le difficoltà vissute durante l'infanzia, inoltre, rappresentano un altro importante fattore predisponente. Esperienze come la negligenza, l'assenza genitoriale, gli abusi o i maltrattamenti durante la crescita possono creare le basi per lo sviluppo di entrambe le condizioni”.
È dunque frequente che queste condizioni si verifichino insieme? “Sì, è frequente”, conferma il dottor Minelli. “Quando ciò accade si parla di comorbilità, una condizione nella quale la presenza di una condizione aumenta significativamente la probabilità di sviluppare anche l'altra. Si manifesta una vera e propria spirale negativa, in cui l'ansia alimenta la depressione e viceversa”.
“Non è facile capire a fondo perché ciò si manifesta ma sicuramente c'è una combinazione di ciò che avviene all'esterno (situazioni di vita traumatiche e dolorose) e di ciò che avviene all'interno (l'effetto che il trauma o la situazione esterna ha a livello emotivo e psicologico)”.
“La concomitanza di queste due condizioni può rendere la gestione e il trattamento molto più complessi. In alcuni casi, la gravità della comorbilità può giustificare l'uso di un supporto farmacologico. Gli psicofarmaci, come gli antidepressivi o gli ansiolitici, possono essere prescritti per alleviare i sintomi e stabilizzare l'umore del paziente. Nonostante ciò, i farmaci da soli non permettono di arrivare alle cause di questi disturbi ed è quindi fondamentale affiancarli ad un percorso psicoterapeutico”.
La depressione post partum
La narrazione comune, che dipinge la nascita come un evento di assoluta e piena felicità, rischia di creare false aspettative.
Per quanto il bambino o bambina sia stato voluto, infatti, nel 70-80% dei casi la neomamma sperimenta il cosiddetto baby blues: si tratta di uno stato depressivo con forti sbalzi d’umore. Non è una condizione patologica, bensì una conseguenza del brusco calo di ormoni, estrogeni e progestinici, che – con il giusto supporto da parte del nucleo familiare e amicale – si risolve spontaneamente nell’arco di 10-15 giorni.
Se però questi sintomi persistono anche oltre le due settimane, è probabile che la donna stia andando incontro alla depressione post partum, uno stato molto simile alla depressione maggiore, che può compromettere la sua capacità di prendersi cura del nuovo nato.
La puerpera infatti è in preda a una profonda tristezza a cui non riesce a trovare sollievo; si sente svuotata e priva di energie; ha difficoltà a dormire o, al contrario, passa giornate intere a letto; ha variazioni nell’appetito; si sente inadeguata, ansiosa, irritabile, in colpa.
Si tratta di un fenomeno tutt’altro che marginale. Stando al ministero della Salute, riguarda infatti il 10-15% delle puerpere: di queste, in assenza di un trattamento specifico, una su due è ancora depressa dopo sei mesi e una su quattro dopo un anno.
Tutto questo nasce dalle fluttuazioni ormonali, ma anche dallo stress, dalla stanchezza e dall’assenza di una solida rete di supporto. Per questo motivo è fondamentale captare subito i segnali di depressione post partum, soprattutto in chi ha vissuto episodi di depressione in passato, per garantire un adeguato sostegno alla neomamma in un momento così delicato, anche rivolgendosi a un professionista.
Proprio in un’ottica di screening precoce, alcune strutture sanitarie sottopongono un test per la depressione post partum alle donne.
Come uscire dalla depressione
Come già ricordato, la depressione non è semplice tristezza. Un momento di tristezza o sconforto si può superare tutto sommato facilmente, dedicandosi alle proprie passioni o alle persone care.
In presenza di una vera e propria diagnosi di depressione, invece, per capire come uscirne è fondamentale chiedere aiuto a uno specialista qualificato: prima il medico di base, poi lo psicologo, lo psichiatra o lo psicoterapeuta. Così facendo, si potrà impostare un percorso costituito dalla psicoterapia, con un eventuale supporto farmacologico.
Tra i consigli di buon senso per mantenere uno stato di benessere generale, consigli che non si sostituiscono in nessun modo al parere di un esperto, possiamo citare:
- seguire un’alimentazione corretta, per evitare carenze e squilibri nutrizionali;
- evitare alcool e sostanze stupefacenti, per i loro effetti psicotropi;
- praticare una regolare e moderata attività fisica, perché libera endorfine e serotonina;
- mantenere una regolare routine del sonno.
La psicoterapia
“La psicoterapia ha dimostrato in moltissimi studi della letteratura di essere il trattamento privilegiato per la depressione”, spiega il dottor Francesco Minelli, psicologo e psicoterapeuta. “Ogni approccio ha differenti peculiarità e cerca di esplorare e comprendere le cause più profonde dei sintomi depressivi e al contempo di gestirne le manifestazioni più dolorose e difficili”.
“Oltre a fornire un sostegno emotivo essenziale, la psicoterapia aiuta infatti il paziente a identificare risorse personali, promuove la consapevolezza delle dinamiche relazionali e facilita la costruzione di strategie di adattamento e coping personalizzate. L'approccio terapeutico deve essere sempre individuale, così da adattarsi alle esigenze specifiche del paziente e alle sue caratteristiche di personalità”.
Nel concreto, continua il dottor Minelli, esistono diversi approcci che cercano di affrontare la depressione con tecniche e modalità diverse.
- Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (CBT). “La CBT si concentra sul cambiamento dei modelli di pensiero negativi e dei comportamenti disfunzionali. Attraverso la collaborazione tra terapeuta e paziente, si lavora per identificare e ristrutturare i pensieri distorti che contribuiscono alla depressione e ai vissuti ad essa correlati”, spiega.
- Psicoterapia Psicodinamica. “L'approccio psicodinamico esplora le dinamiche intrapsichiche, concentrandosi sugli aspetti inconsci. Attraverso l'analisi delle esperienze passate e la consapevolezza dei propri processi mentali inconsci, si mira a comprendere le radici profonde dei sintomi depressivi. Questo tipo di psicoterapia favorisce una maggiore consapevolezza di sé e delle dinamiche relazionali”.
- Terapia Comportamentale Dialettica (DBT). “La DBT è particolarmente utile per i pazienti che presentano instabilità emotiva. Combina elementi di CBT con strategie di consapevolezza e regolazione emotiva. Questo approccio è spesso impiegato nel trattamento della depressione in concomitanza con disturbi di personalità (es. il disturbo borderline)”.
- Terapie Focalizzate sul Trauma. “Approcci recenti, come l'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) o la Terapia dei Sistemi Familiari Interni (IFS), sono rivolti specificamente alle persone che hanno sperimentato traumi significativi. Queste terapie si concentrano sulla rielaborazione delle esperienze traumatiche per ridurre i sintomi depressivi correlati”.
- Approccio Sistemico Familiare. “Questo approccio indaga le dinamiche relazionali all'interno della famiglia e riconosce che la depressione può essere influenzata da interazioni familiari disfunzionali. Mira a migliorare il funzionamento del sistema familiare, creando un ambiente di supporto per il paziente e a chiarire le varie interrelazioni tra i vari membri”.
“Questi sono solo alcuni degli approcci più comuni e utili per affrontare i vissuti depressivi, ma ne esistono davvero moltissimi”, conclude Francesco Minelli.
I farmaci
Se i sintomi della depressione sono gravi e persistenti, può essere necessario un supporto di tipo farmacologico. Esistono diverse tipologie di antidepressivi: non possono essere prescritti da uno psicologo o da uno psicoterapeuta ma solo ed esclusivamente da un medico (di norma, il medico di medicina generale o – meglio ancora – lo psichiatra):
- inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (ISRS), i più comunemente usati;
- antidepressivi di nuova generazione;
- antidepressivi triciclici, molto usati in passato ma ora non più di prima scelta per via dei loro effetti collaterali;
- inibitori della monoaminossidasi (IMAO), molto efficaci ma prescritti di rado perché impongono di adottare una serie di precauzioni anche alimentari;
- antidepressivo melatoninergico;
- farmaci simili alla ketamina, un anestetico, i cui risultati sono piuttosto rapidi.
Il medico può decidere di associare agli antidepressivi anche gli psicostimolanti, per incrementare il livello di attenzione e consapevolezza.
Non bisogna mai dimenticare che la terapia con antidepressivi è una terapia farmacologica vera e propria, può provocare effetti collaterali e pertanto va monitorata passo dopo passo da un medico.
Curiosità
Non è certo una diagnosi clinica, ma nel web si fa un gran parlare di “effetto Pandora” o “depressione post Avatar”. L’Avatar in questione è proprio il film di James Cameron uscito nel 2009, seguito nel 2022 dal sequel Avatar - La via dell'acqua. Dopo la visione del film, infatti, centinaia di persone hanno confessato sul web di sentire una profonda tristezza: la trama del film le ha spinte a riflettere su quanto l’uomo sia disconnesso dalla natura e su quanto il futuro del pianeta sia a rischio.