La malattia: una richiesta espressa con il corpo
Ampliare la nozione di malattia e imparare a considerarla come un’espressione corporea del nostro sé permette di imparare a decodificare i suoi significati e agire sulle sue cause più profonde
Quando ci ammaliamo, una delle prime cose che ci domandiamo è “Perché?”
La ricerca di senso della malattia e delle sue cause è una delle componenti essenziali del percorso di cura che ogni persona decide di intraprendere e, al tempo stesso, permette di affrontare al meglio la convalescenza.
In alcuni casi, spiegazioni strettamente biologiche che danno senso alla malattia in quanto espressione di agenti patogeni (batteri, virus) sono limitanti e non riescono a soddisfare la richiesta di senso del malato. Per questo, numerosi scritti di varie tipologie - da studi scientifici, a testi divulgativi e blog – spostano l’attenzione dalle cause biologiche alle cause contemporaneamente corporee, psichiche, e sociali della malattia.
Vediamo in che senso le malattie possono essere affrontate come richieste codificate nel linguaggio del corpo.
Malattia come ponte tra corpo e mente
Tra i vari modi di interpretare e pensare la malattia, uno di quelli che sta prendendo piede proviene dalla psicosomatica. Secondo questa branca della medicina, la malattia è una manifestazione organica - ovvero un messaggio espresso con il linguaggio del corpo - prodotta dalle emozioni e dalle altre componenti non somatiche della persona.
Questa visione è avallata dal discorso prodotto da vari campi di ricerca scientifica. Studi recenti realizzati in Neurofisiologia, Psicoanalisi e PsicoNeuroEndocrinoImmunologia - la disciplina che studia le relazioni tra il sistema nervoso, il sistema immunitario e il sistema endocrino - evidenziano che le componenti fisiche del corpo (organi ed apparati) e l’attività mentale ed il comportamento interagiscono tra di loro e si influenzano a vicenda tanto da non poter parlare di una separazione tra esse.
Secondo la visione psicosomatica, la malattia è dunque un linguaggio che il sé adotta per comunicare qualcosa all’individuo stesso e che sarebbe bene tenere in considerazione. Nel libro “Pensare con il corpo” di Jader Tolja e Francesca Speciani, si descrive l’esempio del mal di testa: è possibile che ci stia comunicando qualcosa rispetto al nostro stile di vita e ci stia richiedendo un cambiamento delle nostre abitudini?
Quando prendiamo un’aspirina non corriamo il rischio di sopprimere tutto il bagaglio di informazioni che il malessere ci sta offrendo?
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Malattia come simbolo della psiche
Un passo ulteriore realizzato nella direzione di una progressiva riconciliazione e fusione tra mente e corpo è quella di studiosi che, per le loro teorie controcorrente rispetto a quelle formalmente riconosciute dal sistema medico istituzionale, sono definiti esoterici.
Tra questi, Rüdiger Dahlke, medico e psicoterapeuta tedesco, sostiene che il linguaggio del corpo “è la lingua più parlata del mondo” e che la malattia è un simbolo attraverso il quale il corpo manifesta, sia fisicamente che psichicamente, la condizione interiore dell’individuo (ad esempio può essere l’espressione di conflitti interiori). Per giungere ad una guarigione profonda e duratura è, dunque, necessaria l’interpretazione simbolica della malattia per comprendere quelle richieste del sé di cui non si è ancora completamente consapevoli.
Tra i numerosissimi libri di Dahlke ricordiamo “Malattia linguaggio dell'anima. Significato e interpretazione delle malattie” (1996) e “Malattia come simbolo. Dizionario delle malattie. Sintomi, significato, interpretazione” (2005).
Malattia come richiesta di uguaglianza sociale
Una visione diversa è quella proposta dall’antropologia medica, all’interno della quale diversi studiosi considerano la malattia come una realtà sociale capace di esprimere le disuguaglianze e i rapporti di potere in cui sono inseriti gli individui.
Come hanno mostrato diverse ricerche, infatti, la malattia può trascendere l’ambito individuale ed esprimere le richieste del soggetto nella dimensione sociale e politica.
Uno studio realizzato negli anni ’80 da Barbara Smith nelle miniere di carbone in Virginia (Stati Uniti) aveva portato in luce che la malattia chiamata “silicosi” non colpiva tutti indiscriminatamente, ma solo alcuni soggetti, i quali coincidevano con i settori socialmente più deboli: gli operai si ammalavano, mentre i proprietari delle compagnie per cui lavoravano restavano sani (il saggio in cui si analizza questo caso si intitola “Black Lung. The Social Production of Disease”).
La malattia, secondo questa prospettiva, non costituisce soltanto l’espressione di determinate condizioni biologiche o psicologiche, al contrario può essere compresa e studiata come espressione delle disuguaglianze sociali e, allo stesso tempo, come richiesta, espressa attraverso il corpo infermo, di uguaglianza di diritti, di accesso alle risorse e alla salute.
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