Arti marziali interne e arti marziali esterne
Meditazione o sparring? Qi o forza muscolare? Questi poli sono irrimediabilmente separati o ha senso anelare a un allenamento completo? Scopriamo le differenze (ma anche le convergenze) tra arti marziali interne e arti marziali esterne.
La differenza tra arti marziali interne e arti marziali esterne è spesso fraintesa, o comunque ne esistono molte diverse interpretazioni. È difficile dire chi abbia ragione e chi meno; ma, in fondo, chi ha detto che debba esistere una sola versione corretta dei fatti?
Più si sale di livello nelle arti marziali, più ci si rende conto che, come nei cammini interiori e spirituali, quello che conta è solo l’esperienza personale, che è sempre unica, irriproducibile e spesso non comunicabile.
Quelle che sappiamo è che da secoli, se non millenni, nella culla orientale delle arti marziali queste vengono approcciate da due punti di vista: quello delle arti marziali interne o neija e quello delle arti marziali con un approccio esterno.
Le arti marziali interne
Le arti marziali interne o neija sono quelle che coltivano un profondo rapporto col mondo interiore del praticante e che disciplinano e allenano anche la sua mente, il suo spirito e la sua energia vitale.
Spesso si fa riferimento al qi (energia vitale) come fonte della forza marziale, più della mera forza muscolare. Prima di basarsi su precise strategie belliche, si svuota la mente e si “legge” la forza dell’avversario adattandosi a esso.
Si tratta di veri e propri cammini interiori, in cui anche l’etica e la morale vengono riforgiate con lo studio di specifici valori e di aforismi sui quali meditare.
Questo è l’aspetto neigong (talvolta nei kung), che comprende tutta l’influenza della filosofia alchemica taoista e l’influenza dello yoga e del buddhismo. Esercizi di respirazione simili al pranayama, profonda meditazione e immersione nella natura spesso sono elementi costitutivi di tali pratiche.
Le arti marziali esterne
Per contro, gli stili esterni di arti marziali o waijia (famiglia esterna) si basano sulla forza, l’elasticità, l’esplosività e la prestanza dei muscoli, dei tendini e di tutto il fisico.
Si tratta di discipline con un evidente e inequivocabile orientamento all’applicazione marziale, quindi al combattimento. Il praticante modella il proprio corpo con esercizi regolari, potenziandone le componenti e perfezionando con esercizi di routine le tecniche e le tattiche.
Il lavoro sulla mente e sulle emozioni esiste, ma è ridotto e concentrato a preparare il temperamento del combattente a un vero combattimento, quindi soprattutto alla gestione della paura e del dolore, al rispetto delle regole sportive e alla padronanza dell’adrenalina.
La filosofia trova pochissimo spazio nelle discipline esterne; la parte teorica riguarda soprattutto la conoscenza scientifica dei meccanismi fisici. Si fa uso anche di testi e video di carattere motivazionale, per spingere l’alteta oltre i propri limiti negli allenamenti.
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I due aspetti integrati
Ovviamente questa è una classificazione grossolana, approssimativa e non così netta nella realtà dei fatti.
Alcune arti marziale sono sbilanciate verso uno dei due poli, ma un’arte marziale che si rispetti dovrebbe comprendere e sviluppare entrambi gli aspetti, quello interno e quello esterno.
Se non coltiviamo il primo, il risultato dei nostri sforzi svanirà il giorno in cui la forza e la flessibiltà cominceranno ad abbandonarci per via dell’età, degli infortuni o di qualche malattia, perché avremo coltivato solo l’aspetto fisico e muscolare di noi stessi.
È ciò che accade ai grandi sportivi, che esprimono il loro meglio attorno ai trent'anni per poi entrare in fase calante.
Se non coltiviamo il secondo, non avremo mai una vera esperienza marziale. Vivremo nell’illusione che il nostro corpo non allenato (o allenato solo parzialmente) possa sconfiggere gli avversari con la sola forza del qi, anche se i fatti hanno sempre dimostrato che ciò non accade.
Saremo come qualcuno che pretende di imparare a nuotare praticando per tutta la vita esercizi a bordo piscina, ma senza mai toccare l’acqua.
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