Confronto verbale con artista marziale
Trovarsi di fronte a un avversario vuol dire anche fare i conti con la propria personalità, misurarsi, conoscersi. L'arte marziale mette chi la pratica sul lungo percorso della conoscenza di sé
In che senso combattere aiuta a conoscere se stessi? Lo chiediamo a Enrico Vivoli, Campione italiano FESIK, docente di difesa personale, maestro di tai chi chuan e autentico artista marziale.
- Combattere l’altro è conoscere se stessi?
Crescere significa anche mettersi in discussione. Gli dei, per definizione, nascono perfetti. Essere uomini implica confrontarsi. Sul tatami* si riproduce questo incontro di natura conoscitiva: durante il combattimento l’individuo impara a essere presente rispetto a se stesso e all’altro. Per trovare l’asincronismo che porta al colpo vincente si deve prima percepire il sincronismo; su un piano esistenziale, ciò vuol dire sviluppare il proprio modo di stare al mondo per poi poter “andare insieme” con altri individui diversi da te.
- Praticando uno sport diverso dalla disciplina marziale, che sia il nuoto o la corsa o altro, non si potrebbe ottenere il medesimo risultato?
Le arti marziali consentono di accogliere paure ataviche (dolore, morte), che ci appartengono da sempre. Gli sport inducono alla disciplina e in questo senso possono essere propedeutici. Ma nelle arti marziali si fa i conti con la possibilità di soccombere e quindi si rinuncia all’attaccamento cieco alla vita in favore di un senso pieno dell’esistenza. Questo è il significato di frasi come “prima occorre uccidere se stessi” che solo la pratica può riempire di senso.
- Come ti sei avvicinato alle arti marziali?
Avevo 16 anni, all’epoca prevaleva una certa tendenza a esaltare l’aggressività fisica. In gara tutto ciò si riproduceva sottoforma di una sorta di ansia da prestazione. Di per sé però la preparazione su un piano fisico non è totalmente negativa: t’insegna a sviluppare la reazione anche quando lo scontro può apparire impari e quindi consente di evolvere la propria intelligenza, cioè adattarsi, senza fuggire.
- La paura davanti a una scelta importante è simile a quella del colpo che si muove veloce contro la tua direzione?
Alla parola “paura” preferisco il termine “emozione”.
- Allora, diciamo quel tipo di emozione che se non la gestisci ti blocca.
In gara è un limite che nasce non tanto dall’idea di prendere colpi, ma dal timore di non arrivare a darli e farsi governare dal panico di fallire. Da un’eventuale sconfitta, si devono trarre spunti per il miglioramento.
- Bruce Lee, atleta marziale, filosofo, poeta, uomo di grande energia cerebrale, afferma: Non temere l’uomo che ha praticato 10 mila calci una volta, ma temi l’uomo che ha praticato un calcio 10 mila volte.
Quale credi sia il senso profondo della frase?
La frase va oltre il concetto propedeutico, il fatto che nell’allenamento ci voglia costanza. La costanza è in quelle 10 mila volte. Ma c’è altro, ovvero quel calcio che è unico ogni volta che viene ripetuto. In altre parole, un calcio vissuto a pieno e in modo unico ogni volta, per 6000 volte.
- Nell’arco temporale 1997-2000 circa eri nel pieno della tua stagione agonistica e nel frattempo ti laureavi in giurisprudenza. A un certo punto hai dovuto scegliere tra l’attività forense e la carriera da atleta?
Ho studiato giurisprudenza con passione. C’è stato però un momento in cui la scelta era d’obbligo. Ero in Thailandia, praticavo tai chi chuan con un maestro tedesco e meditavo. Questo mi ha consentito di avere la mente pulita per poter scegliere. E ho scelto un lavoro che mi garantisse indipendenza economica, una vita dignitosa e la possibilità di dedicare tempo all’arte marziale, la mia passione, che dunque è anche la mia vita, in due parole, sono io.
- Se non ti fossi procurato quello spazio meditativo, non avresti forse avuto il silenzio per ascoltare una risposta che avevi dentro te come spesso purtroppo accade?
La capacità di cambiare strategia quando ti rendi conto che ciò che stai facendo non è aderente al contesto, a te, questa abilità è importantissima. A volte si è ciechi, ci s’intestardisce, altre volte s’intuisce che è il momento di cambiare, ma manca il coraggio di farlo. Invece c’è un momento preciso in cui il pugno va sferrato, la scelta va presa. Senza timore.
- L’arte marziale è spesso accostata al mondo maschile. Eppure la tradizione delle arti marziali è ricca di storie incentrate su eroine leggendarie, sacerdotesse di straordinario afflato spirituale e capacità fisica. Secondo te a cosa si deve questo scarto avvenuto nella modernità?
Persone molto più preparate di me in ambito sociologico saprebbero rispondere a questa domanda. Io credo sia il risultato di un andamento sociale che obbedisce all’urgenza di fabbricare stereotipi e dunque incollare dei ruoli precisi sui diversi sessi imponendo strutturalmente certe emozioni.
*Nota della redazione:
Nelle discipline sportive, come nel judo o nel karate, il tatami è il luogo sacro su cui si svolge l’allenamento o la gara e viene usato come materasso su cui cadere. Oggi i tatami usati per le discipline sportive sono realizzati con polimeri, hanno le due superfici di colori diversi e i bordi seghettati per incastrarsi meglio.
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