Come gestire il carico mentale in famiglia? Risponde Annalisa Monfreda
Annalisa Monfreda sarà relatrice a Fa' la cosa giusta! con un incontro a tema "Il carico mentale spiegato bene" sabato 25 marzo alle ore 15. Quali consigli per non divorziare afflitti dalle disparità delle responsabilità nelle faccende domestiche?
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Pronta a riporre nel cassetto un uso del significato di empowerment che ha fatto il suo tempo, Annalisa Monfreda crede che le parole scambiate a tavola con la cena abbiamo la potenza del cambiamento che porti uomini e donne a una emancipazione della vita quotidiana, ammesso che ci si disponga pronti, come coppia, ad accorgersi che nuove consapevolezze sono all’orizzonte e che imparare a gestire il carico mentale in famiglia può rivelarsi addirittura liberatorio.
Giornalista che nella sua carriera ha parlato alle diverse donne moderne del nostro tempo, oggi Annalisa Monfreda allaccia conversazioni audaci sul tema dei soldi con l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale che trasformi la finanza personale da tabù a strumento per la propria realizzazione e felicità. Lo fa con il progetto Rame Platform di cui è Co Founder. Noi l’abbiamo raggiunta perché nelle librerie possiamo trovare conforto alle nostre fatiche domestiche grazie al titolo per Feltrinelli “Ho scritto questo libro invece di divorziare. Cronaca di liberazione dal carico mentale e altre conquiste”.
L'appuntamento con Annalisa Monfreda a Fa' la cosa giusta! è Sabato 25 marzo alle ore 15.
Annalisa, ha senso parlare di emancipazione della vita quotidiana?
“Assolutamente sì e lo stiamo capendo adesso: abbiamo sempre parlato di emancipazione guardando fuori dalle case e dimenticando cosa succedesse dentro. In parte anche volutamente. Quando la narrazione per cui le donne hanno iniziato a dimostrarsi in grado di raggiungere obiettivi nella società, si è forse ritenuto che le attività dentro casa fossero da ritenere personali, segrete, come se non fossero parte in causa del processo di riconoscimento che come donne ci stavamo guadagnando fuori. Invece guardare al valore delle responsabilità che si hanno tra le pareti domestiche e al carico mentale e materiale che richiedono cambia tutto, disponendoci a una nuova consapevolezza”.
Carico mentale e carico materiale in cosa differiscono?
“Il carico materiale è quello che possiamo vedere ed è relativo a tutte quelle faccende che riguardano la gestione della casa, della famiglia. Questo carico viene calcolato ogni anno dall’Istat ed è quantificato secondo il numero di ore al giorno che uomini e donne spendono per le attività domestiche: le stime indicano 2 ore al giorno per gli uomini, 5 per le donne.
Molte famiglie ritengono di essere emancipate o hanno provveduto per una più equa suddivisione del carico materiale in vario modo, con una maggiore partecipazione dei componenti della famiglia o con delega a un aiuto esterno, ma quando andiamo a considerare il carico mentale, ossia chi tiene veramente le fila organizzative di tutto indipendentemente da chi poi svolgerà praticamente le mansioni siamo lontani da un vero equilibrio: lì ci accorgiamo che anche le coppie più emancipate mostrano uno scenario in cui lei è il manager e gli altri disertori.
Il carico materiale è considerato di peso nella nostra società perché toglie tempo e siamo abituati valutare l’impegno in base a quanti giri di orologio richiede per essere svolto, ma è la parte mentale che fa la differenza, è la libertà di pensiero e concentrazione di cui una donna viene privata per gestire e organizzare tutte le attività domestiche a essere il vero danno all’emancipazione di tutti i giorni”.
La complessità del carico mentale è ben resa in questa sintesi presente nel libro: “Su di lei, in quanto donna, ricade la responsabilità dell’organizzazione di tutto ciò che ruota attorno a casa, marito, figli e famigliari. Il suo cervello ha un file sempre aperto che consulta di continuo, infinite volte al giorno. Nulla può sfuggirle, perché nessuno a parte lei è chiamata a occuparsene”.
Carico mentale: su cosa lavorare per gestirlo meglio in famiglia?
“Il cambiamento può avvenire con una serie di condizioni che si realizzano contemporaneamente su più livelli:
- un livello intimo che si crea nella definizione della coppia: un nuovo modo di conversare che torni a dare valore alle attività domestiche e che le ponga in una luce di importanza per il benessere della famiglia è un punto di partenza;
- un livello alto, di leggi: un quadro sociale e legislativo che crei le condizioni affinché entrambi i genitori abbiano stessi responsabilità e diritti: il con il congedo alla nascita, ad esempio, può disegnare un cambiamento sociale. Abbiamo modo di osservare esempi in cui questo abbia funzionato se fatto in un certo modo. Abbiamo visto come nel nord Europa più che lasciare la libertà a entrambi i genitori di prendere un congedo per curare i figli abbia funzionato l’obbligatorietà per cui sia madri che padri abbiano obbligo di astenersi dal lavoro nel periodo legato alla nascita di un figlio. Nel nostro Paese ai papà spettano 10 giorni mentre alle mamme 5 mesi. Ecco, ci si può lavorare”.
Carico mentale: da fatica a valore?
“Nel momento stesso in cui smettiamo di concepire come svilenti le attività che facciamo in casa e ne riconosciamo valore fondamentale, che poi si traduce anche nel permetterci di sentirci a nostro agio, in grado di stare bene nei nostri spazi anche per portare avanti le altre nostre attività per cui ci sentiamo realizzati fuori, allora riconosciamo un valore a questa parte di lavoro.
Questo valorizzare può avere risvolti diversi: attraverso Rame le esperienze che riportiamo raccontano di suddivisione di incarichi, ma anche di riconoscimento economico per chi si occupa di gestire maggiormente il carico mentale in famiglia: in una storia in particolare a lei venivano riconosciuti 10 euro all’ora per questo impegno. Alcune forme possono essere estreme, ma attraverso questo riconoscimento cambiano le relazioni di potere all’interno della famiglia e al diritto di non rinunciare alla vita fuori perché non si è stati chiari e non si è tentata una strategia tra le mura domestiche.
L’immagine della squadra, per quanto abusata, rende secondo me l’idea di come pensarsi in famiglia: tutto quello a cui come individuo puoi aspirare a fare viene moltiplicato se ti pensi come squadra, un insieme di persone che esiste (anche) affinché ciascuno possa espandersi e andare oltre a quello che riuscirebbe a fare se fosse solo”.
C’è bisogno di poesia per gestire il carico mentale in famiglia?
“Alla fine tutto ciò che facciamo è legato a una narrazione che ci viene fatta dal mondo o che noi facciamo di noi stessi. Se noi donne portiamo un doppio carico è perché ci siam dette che il nostro ruolo è nella casa, ma poi la società ci ha detto che è anche fuori e qui si percepisce il contrasto.
Ho lavorato due anni a questo libro e sentire che non avevo risolto anche io per prima il nodo del carico mentale in famiglia mi faceva sentire tra gli ultimi degli ultimi. Cambiamo una narrazione deludente. A me ha colpito molto conoscere una poesia di Giovanni Giudici di cui ho riproposto un estratto anche nel libro.
Giovanni Giudici, SOTTO IL VÒLTO, III (versione integrale)
Misero è l’uomo che ha bisogno di soccorso
Misero chi si accorge
Quanto non vale ricchezza
Di immagini maestà di pensieri
Versata in libri di storia:
Avessi io gli atti infiniti
Del tuo lavoro a castigare la mia boria
«Io non sto bene ancora, non starò
Mai più bene» – è tardi per entrare
Dentro ogni gesto tuo di quarant’anni
Dove fu amore vero il trafficare
Ad accudirmi a farmi cena e pranzo
Tenuti a bada i figli per lasciarmi recitare
A me stesso una vita di romanzo
Io che pietà e conforto
Invoco adesso – io
Trascorso accanto a te come da morto
Vecchia moglie spremuta
Che interrogavi la tua angoscia muta:
Perché fossero mie
Tutte le tue poesie
La poesia arriva sempre un po' al punto della verità".
Con che occhi guardare al lavoro domestico?
“Ho il privilegio di aver potuto delegare queste attività e ho potuto pensare a qualcosa che mai mi ero concessa prima: la casa è rigenerata dalla cura che la persona che ci aiuta mette nelle sue attività, il suo lavoro pone le condizioni affinché io e la mia famiglia possiamo trascorrere ore liete, ci rigeneriamo ed è un modo nuovo di raccontarci. Quando questa persona andrà in pensione non dovrò cercare qualcun altro che faccia le faccende, ma qualcuno che sappia ricreare queste condizioni. Anche i figli colgono il valore, appunto, di abitare in un luogo che permetta loro di concentrarsi e di sentirsi a proprio agio.
Questo porta a un'ulteriore riflessione: ci sono momenti di passaggio nella vita per cui potremmo trovarci a fare un lavoro come questo per necessità e per guadagnare, anche se non è nelle nostre ambizioni: mettere parte di sé nelle pulizie domestiche o nel fare ordine anche nelle case degli altri è una possibilità che la vita può darci, ed è una attività fondamentale come altre”.