L'orto botanico di Brera: una chiacchierata con la curatrice
È un museo, un giardino storico, un laboratorio educativo, un luogo aperto alla cittadinanza. Stiamo parlando dell'orto botanico di Brera, un gioiello incastonato nel centro di Milano.
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©Archivio Orto Botanico di Brera-Università degli Studi di Milano
Non sarà fotografato come il Duomo o la Galleria Vittorio Emanuele II, ma l’orto botanico di Brera è un vero gioiello incastonato nel cuore di Milano. Sono circa 300 le specie botaniche che vivono nei 5mila metri quadrati di verde custoditi nel palazzo di Brera, lo stesso dove ha sede la Pinacoteca.
Formalmente inquadrata come istituzione museale, quest’oasi verde è aperta ai cittadini, che possono semplicemente trascorrere una pausa pranzo guardando i germani reali rinfrescarsi nelle vasche delle ninfee.
Abbiamo chiesto alla responsabile didattica e curatrice, Cristina Puricelli, di raccontarci qualcosa di più.
Come descriverebbe la mission dell'orto botanico di Brera e il suo valore aggiunto per la città di Milano?
L’orto botanico di Brera è gestito dall’università degli Studi di Milano, nello specifico dal dipartimento di Bioscienze. Non tutti sanno che dal 2005 è ufficialmente riconosciuto come museo e quindi le piante vanno considerate come beni culturali, al pari dei dipinti o delle sculture. È un luogo aperto al pubblico in modo continuativo, senza scopo di lucro né biglietti d’ingresso.
Ha una storia un po’ particolare perché, oltre a essere orto botanico e museo, è anche un giardino storico istituito nel 1774 per insegnare le proprietà delle piante agli studenti di medicina e farmacia. In realtà questa funzione educativa è rimasta ancora oggi; fatto salvo questo periodo di pandemia, vengono qui in visita le classi della scuola dell’infanzia come gli studenti universitari.
Essendo molto frequentato dagli studenti di diverse aree disciplinari (come farmacia, architettura, bioscienze ecc.), diventa una sorta di laboratorio all’aperto dove formare giovani che un giorno magari potranno lavorare anche nei parchi o negli enti di gestione del territorio. Seguiamo anche progetti di alternanza scuola-lavoro (ora Pcto).
L’orto botanico di Brera è un luogo di studio, ricerca, attività culturali e ludiche, che vuole attirare anche chi non è appassionato di botanica: per questo abbiamo ospitato eventi, installazioni del Fuorisalone, spettacoli di teatro e danza e così via.
Come tutti gli orti botanici, ha la missione di difendere, comunicare e divulgare la biodiversità, creando consapevolezza sul ruolo centrale che le piante hanno per gli ecosistemi e la società. È un luogo che ha radici lontane ma cerca di guardare al futuro.
In Italia pochi orti botanici sono amministrati e gestiti bene, anche per mancanza di fondi e di personale qualificato. Il nostro intento è quello di diventare un’attività di pubblica utilità, funzionale anche alla valorizzazione scientifica del territorio.
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©Archivio Orto Botanico di Brera-Università degli Studi di Milano
Può citare alcune specie rare che crescono nel giardino?
Di solito chi entra in un orto botanico pensa di trovare incredibili rarità ma le piante dell’orto botanico di Brera vanno un po’ raccontate. Molte fanno parte della flora italiana e magari non lasciano a bocca aperta per la loro bellezza o stranezza, ma sono rilevanti perché in via di estinzione.
Per esempio c’è una felce che viveva vicino alle risaie e in altri luoghi con molta acqua, ma ora sta sparendo con la coltivazione dei cereali. Si chiama Marsilea quadrifolia perché le sue foglie sono a forma di quadrifoglio. Abbiamo anche lo Hieracium australe, una specie che viveva sulle mura del Castello Sforzesco di Milano e si stava estinguendo. Esiste soltanto a Milano.
Non abbiamo serre, quindi non possiamo coltivare orchidee o altre specie esotiche: le rarità per noi sono queste, le piante rustiche che vivono nei nostri ambienti o hanno una storia particolare.
Il nostro simbolo sono i nostri due esemplari di Ginkgo biloba che hanno 250 anni di vita; sono piante importanti dal punto di vista evolutivo, botanico, nell’arte, nella letteratura e così via. In realtà tutte le piante, anche quelle che magari a prima vista non sembrano un granché, sono collegate alla rete ecologica e contribuiscono alla biodiversità.
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©Archivio Orto Botanico di Brera-Università degli Studi di Milano
Quanto ha inciso il coronavirus sulle vostre attività?
A differenza di tanti luoghi della cultura, non ci siamo dedicati più di tanto a spostare online le nostre attività educative. Questo perché, potendo contare su uno staff molto ridotto, abbiamo preferito dedicarci ad attività fondamentali che prima venivano relegate nei ritagli di tempo: per esempio abbiamo riallestito alcune aiuole e ci siamo dedicati alla catalogazione delle piante. Nelle brevi fasi di riapertura siamo comunque riusciti a organizzare qualche visita in piccoli gruppi.
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©Archivio Orto Botanico di Brera-Università degli Studi di Milano
Qual è il vostro auspicio per la ripresa del settore culturale in Italia?
Noi facciamo parte dell’Università e per giunta non chiediamo un biglietto d’ingresso, quindi non abbiamo subito ricadute dal punto di vista economico.
Personalmente, vedo anche degli elementi positivi in questo cambiamento. Tutti i musei si stanno dando da fare per riorganizzare la loro offerta culturale sotto una chiave diversa. Visto che i luoghi di cultura non vivono senza il loro pubblico, formulano nuove idee per avvicinarsi alle persone.
Nel rispetto di tutti coloro che purtroppo hanno perso il lavoro, credo comunque che questi nuovi modi di comunicare non siano soltanto dei palliativi, bensì progetti rivoluzionari e positivi.