Orto botanico di Napoli
L’orto botanico di Napoli proviene da una storia tanto affascinante quanto travagliata ed è prezioso custode di tante specie vegetali che stanno scomparendo.
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La travagliata storia dell’orto botanico di Napoli
Lo chiamano anche Real orto botanico e si trova nel cuore della città, lungo via Foria, la via che delimita il centro storico. Stiamo parlando dell’orto botanico di Napoli, che fa capo all’università Federico II.
La sua fondazione risale al 1807 e porta la firma di re Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone; all’epoca, infatti, il territorio era sotto dominio francese. Durante i suoi cinquant’anni di direzione (dal 1810 al 1860) il direttore Michele Tenore riorganizzò l’orto, fece sì che si raggiungessero le 9mila specie di piante coltivate, strinse legami con le maggiori istituzioni botaniche in Europa e diede impulso alla ricerca scientifica.
Relegato ai margini dal sistema universitario, ai primi del Novecento l’orto visse anni di abbandono. Si risollevò grazie ad alcune fortunate intuizioni: la “stazione sperimentale per le piante officinali” creata nel 1928, il trasferimento nella nuova sede nel 1936, la riunione straordinaria della Società botanica italiana nel 1940.
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La seconda guerra mondiale, però, segnò un altro periodo buio. Dopo essere stato deprivato delle strutture metalliche, convertito in piantagione, invaso dalla popolazione stremata e bombardato, l’orto fu addirittura convertito in caserma durante l’occupazione delle truppe alleate.
Per la sua rinascita bisogna ringraziare Aldo Merola, illustre scienziato che ne fu direttore dal 1963 al 1980. Lo salvò sia dal punto di vista economico e amministrativo, sia dal punto di vista strutturale, botanico e scientifico. Si devono a lui i 5mila metri quadrati di serre, l’impianto di riscaldamento, la rete di irrigazione e l’assunzione di personale specializzato. Le collezioni furono arricchite con le piante raccolte durante le spedizioni botaniche in tutto il mondo e, in seguito, descritte e classificate in modo più coerente.
Dopo di lui fu il turno di Paolo De Luca, chiamato a riparare i danni del terribile terremoto del 1980 e ad ammodernare la struttura, e infine di Paolo Caputo, direttore dal 2014 a oggi.
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Le specie botaniche e le collezioni
L’orto botanico di Napoli si estende su quasi 12 ettari e custodisce 9mila specie, per un totale di quasi 25mila piante. Una delle sue peculiarità sta nel fatto che le collezioni siano disposte secondo diversi criteri:
- Il filiceto, l'area delle Pinophyta, il palmeto, l'agrumeto, l'area delle Magnoliophyta e altre piccole zone sono disposte secondo un criterio sistematico.
- Poi ci sono aree che seguono un criterio ecologico: il deserto, la spiaggia, la torbiera, la roccaglia, la macchia mediterranea e le vasche per le piante acquatiche.
- La sezione sperimentale dedicata alle piante officinali, invece, segue un criterio etnobotanico.
Infine ci sono altre aree che non si possono ricondurre a nessuna di queste classificazioni. Degni di nota sono il percorso per i non vedenti, l’area che contiene le piante citate nella Bibbia, il giardino cromo-sensoriale e la zona che ospita i progenitori dei più noti frutti edibili.
Orto botanico di Napoli, le attività
L’orto botanico di Napoli è un’istituzione accademica che si pone tre grandi missioni.
- Da un lato c’è la ricerca scientifica sulle caratteristiche morfologiche delle piante, anche funzionale agli studi universitari.
- Dall’altro lato c’è l’attività didattica che lo porta ad aprire le porte alle scolaresche e ai loro insegnanti. Le visite al pubblico in questo periodo si organizzano soltanto su prenotazione, in virtù dell'emergenza sanitaria.
- Infine c’è la conservazione di specie che sono sempre più rare in natura (come le Cycadales, le felci arboree o Ipomoea imperati). L’orto botanico si fa carico di custodirle e farle riprodurre, per poterle un giorno reintrodurre in natura.