Induismo: chi sono gli aghori
Innumerevoli sono le sette induiste indiane. Tra queste, una delle più controverse e sconvolgenti è quella degli aghori. Eppure alla sua base c'è un solido e radicale assunto filosofico che vede il Divino ovunque.
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Aghori, il lato oscuro dell'Induismo
L’India è il Pease dove nessun aspetto divino viene demonizzato o escluso e dove ogni forma di venerazione può trovare una sua manifestazione.
La presenza degli aghori sul territorio indiano stanno a testimoniare questa asserzione. Gli aghori rappresentano la più estrema delle sette ascetiche shivaiste e le caratteristiche che la contriddistinguono nel panorama dell'induismo non solo sembrano essere la cosa più lontana dal concetto di sacro e di religione, ma raggruppano in sé un serie di elementi in grado di spaventare l’essere umano medio.
Gli aghori sono conosciuti per il loro vivere nei cimiteri, per l’utilizzo di teschi umani come ciotole, per la pesante assunzione di numerose sostanze intossicanti, per episodi di necrofagia, per il meditare sopra dei cadaveri e per l’avere rapporti sessuali con le prostitute durante il periodo mestruale.
Aghori: oltre le dualità
Alla radici di tutte queste pratiche c’è una profonda filosofia di fondo, tanto estrema e radicale quanto logica. Se il Supremo, il Divino, nella figura di Shiva è davvero infinito ed eterno, e se è vero che ogni cosa è Lui, allora non esiste alcun cammino che non conduca al Supremo.
Pertanto, sia passando per le altezze che attraversano i fondali, è sempre il Divino che raggiungiamo. Quella degli aghori, setta shivaista con connessioni col tantrismo, forza i propri praticanti a andare oltre tutte le dualità possibili e per dimostrare di essere totalmente oltre il vizio e la virtù, oltre l’attaccamento alla vita e il rifiuto della morte, oltre i limiti arbitrari del senso morale, essi si concedono di incontrare Shiva non solo nel bello ma anche nel brutto, non solo nella perfezione ma anche nel degrado, perché egli é oltre queste categorie mentali.
Incontrare un vero aghori
La setta degli aghori esiste da secoli e i suoi praticanti si possono ancora incontrare per le strade dell’India del nord, anche se spesso molti di quanti si spacciano per aghori non lo sono veramente.
Questi sono soprattutto sadhu esibizionisti in cerca di turisti e viaggiatori da impressionare. I veri aghori sono conosciuti per i numerosi poteri mistici, retaggio del tantrismo e delle siddhi dello yoga shivaista, e per vivere costantemente in uno stato di coscienza alterato, una sorta di perenne samadhi ambulante, grazie al quale possono condurre una vita tanto estrema senza subire shock.
Essi vivono oltre ogni dualità, liberati dall’attrazione per il bello e la repulsione per l’orrido, liberati dai desideri e dalle preferenze, persino dal desiderio della conoscenza. Essi vedono la perfezione di Shiva in ogni elemento, persino nel cadavere, nella depravazione, nella putrefazione. Parliamo di concetti e di figure estreme per la moderna mentalità occidentale e difficilmente comprensibili.
Per questo entrare in contatto con tale realtà è, se non altro, un’esperienza culturale che lascia un segno indelebile e ci aiuta ad aprire le vedute sugli innumerevoli modi in cui la vita può essere concepita e vissuta.