L'assalto di Extinction Rebellion alla sede del Mite
È scontro aperto tra l’organizzazione ambientalista Extinction Rebellion e il ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani. Ecco il perché.
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©Lorenzo Barutta / Extinction Rebellion
Lo scontro tra Extinction Rebellion e il Mite
Roma, quartiere Garbatella, martedì 1° febbraio. Quattordici attivisti del movimento ambientalista Extinction Rebellion prendono di mira la sede del ministero della Transizione ecologica in via Colombo e colorano con le bombolette spray l’ingresso e le pareti esterne. Il giorno dopo, undici persone provano a fare irruzione. Quattro di loro riescono a entrare e, quando viene loro negato un confronto, imbrattano i muri. Le forze dell’ordine intervengono tempestivamente, identificandole e portandole in questura.
L’episodio dimostra in modo emblematico quanto siano diventati accesi i toni della discussione sulla transizione ecologica. E non si esaurisce certo in quelle poche ore. Una volta rilasciati, gli attivisti vengono pedinati dalla Polizia e alcuni di loro vengono nuovamente fermati mentre passeggiano in città o fanno la spesa. Nei giorni successivi alcuni di loro vengono prelevati dall’appartamento che li ospita a Roma.
La chiusura del ministro Cingolani
Attraverso una nota, il ministro Roberto Cingolani parla di una “brutta parentesi” caratterizzata da “atteggiamenti violenti: hanno anche spinto alcune persone, le hanno imbrattate di vernice, hanno danneggiato diversi piani all’interno. È un peccato, questo è l’effetto di un clima teso: ci sono troppe cattiverie, leoni da tastiera che si esibiscono. Bisogna ritornare a un po’ di serenità”.
Violenze che vengono prontamente smentite da Extinction Rebellion, anche con la pubblicazione di foto e video dell’accaduto. Gli attivisti, sostiene l’organizzazione, “hanno mantenuto un comportamento nonviolento e rispettoso delle persone fino in fondo, senza alcun comportamento intimidatorio, né alcuna spinta a nessuna persona, sdraiandosi a terra e facendosi portare via di peso dalla polizia”.
Martedì 8 febbraio la vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo. Cinque ragazzi – Laura, Beatrice, Callune, Jacopo e Peter – danno inizio a un sit-in di fronte alla sede del ministero, annunciando uno sciopero della fame. Il vicecapo di gabinetto li accoglie e concede una parziale apertura, a patto che il movimento chieda scusa per i fatti della settimana precedente. Una richiesta ritenuta irricevibile.
Cosa chiede Extinction Rebellion
A scontrarsi con il ministero sono gli attivisti che aderiscono alla campagna Ultima generazione. La loro richiesta è tanto semplice quanto radicale: istituire un’assemblea nazionale di cittadini e cittadine, estratti a sorte, che discutano della crisi climatica anche confrontandosi con scienziati e portatori di interesse. Nella visione degli attivisti, dovrebbe essere l’assemblea a elaborare proposte e votarle a maggioranza, rendendole vincolanti per il governo.
La distanza rispetto ai processi decisionali adottati finora, dunque, è abissale. Ma, stando agli attivisti, diventa necessaria in virtù della gravità della crisi ambientale e climatica in corso. Istituire un’assemblea di cittadini, sostengono, è il metodo per bypassare le lobby, non essere più schiavi del consenso elettorale, assicurare che tutte le voci siano ascoltate.