Intervista

Mollo tutto: storia di una famiglia che dalla città si trasferisce nei boschi

A 36 anni, Manuela si trasferisce con marito e figli in un bosco dell'appennino tosco-emiliano. Lì nasce il progetto di Cason dell'Alta, che aiuta altre famiglie a compiere la stessa scelta di Manuela.

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Raccontare un’intera vita in poche battute è compito assai difficile. Ma è quello che Cure-Naturali prova a fare intervistando Manuela Pagnotta che all’età di 36 anni ha deciso di cambiare vita insieme al marito Claudio e ai due figli trasferendosi dalla Pianura Padana in una casa nei boschi sopra Gaggio Montano, a 930 metri di altitudine nell’Appenino tosco-emiliano. Inizia così l’avventura di Cason dell’Alta.
 

Manuela, raccontaci cos’è il progetto di Cason dell’Alta?

È la nostra casa, dove diamo ospitalità a famiglie che come noi vogliono assaporare il cambio di vita. Nel 2016 abbiamo acquistato questo vecchio essiccatoio di castagne, rimesso a nuovo dal precedente proprietario con le proprie mani.

A giugno del 2019 abbiamo costituito l’Associazione Culturale Comunità Educante Cason dell’Alta che per statuto facilita il trasferimento di famiglie dalla città alle zone rurali dell’alto Appennino bolognese per formare, appunto una comunità.
 

Com'è stato il distacco dalla vita di città?

Noi proveniamo da una piccola città di provincia, Mirandola, ma non sopportavano più di vivere in una pianura tra le più inquinate al mondo.

È vero, in bici avevamo i negozi vicino, gli amici, i parenti, però quello urbano non ci sembrava più uno spazio a misura d'uomo dove fare crescere i nostri figli.

La scelta di Gaggio è stata più dettata dal fatto che io volevo comunque rimanere nel raggio di due ore di macchina dai miei genitori.
 

E come sta andando?

Che siamo partiti da soli e ora siamo a quota tre famiglie! Un anno fa circa si è unito a noi Raffaele da Bologna, il quale ha acquistato la sua casa in Appennino, deve fare alcuni lavori e poi si trasferirà.

E poi c’è Noemi con i suoi due figli: è stata nostra ospite fino a fine ottobre scorso, ora ha trovato una casa in affitto in cui vive, sempre qui sui monti.
 

Un ripopolamento a tutti gli effetti. Avete in progetto di allargare la struttura ricettiva, giusto?

A fianco della nostra proprietà c’è un vecchio magazzino agricolo che verrà abbattuto e diventerà una struttura in bioarchitettura con legno e paglia.

Al piano di sotto, l’alloggio “passivo” dal punto di vista energetico, e sopra tre stanze dove ospitare le famiglie che vogliono conoscere questo posto e “staccarsi” anche solo per un po’ dalla vita di città.

Abbiamo deciso di intraprendere questa strada anche perché, soprattutto durante la pandemia, veniamo contattati da almeno due famiglie a settimana. Tra l’altro, abbiamo anche lanciato un crowdfunding per raccogliere 100 mila euro su 478 mila che vale il progetto!
 

Come trascorrete le giornate? Lavorate da qualche parte?

Per quanto riguarda il lavoro, Claudio ha continuato per un po’ come impiegato in un’azienda qui vicino. Ma ora si è licenziato per seguire in pieno il progetto di ristrutturazione.

Inoltre, abbiamo avviato un’azienda agricola e stiamo sperimentando la raccolta di erbe spontanee tra cui l’iperico, la menta e la rosa canina con cui produciamo, anzi facciamo produrre a laboratori autorizzati, tintura madre e oli.

Poi abbiamo in progetto di avviare un orto di erbe officinali. Infine manteniamo un bosco di 5 ettari, facciamo la legna ed educazione parentale per i nostri figli. Per il resto la nostra quotidianità non è cambiata poi molto: passeggiate, ruscello, piantare insieme le patate… di cosa da fare ne troviamo sempre!
 

Qual è il messaggio che si portano a casa le famiglie che trascorrono del tempo con voi? E con quante vi sentite ancora?

Diciamo che una percentuale di famiglie non le abbiamo più sentite... Per vivere qui ci vuole determinazione: ci sono compromessi con cui fare i conti. Io sono cresciuta in campagna, quindi sono abituata alle - se vogliamo chiamarle così - “ristrettezze”. La vita qui è bella ma non è bucolica.

Per questo in molti ci guardano con ammirazione ma poi preferiscono tornare alle loro comodità! Però persone che vogliono spostarsi dalla città ce ne sono: per esempio una coppia di Milano, dopo essere stata qui, ha trovato la determinazione per trasferirsi in campagna.

Aggiungo che a noi è mancato un modello a cui ispirarci, abbiamo dovuto imparare tutto da soli. Per fare un esempio: abbiamo dovuto imparare a cucinare con un forno a legna. Non è semplice seguire le ricette della torta quando non hai il forno elettrico!
 

Per concludere: puntate a essere completamente autosufficienti?

All’inizio puntavamo all’autosufficienza, sì. Ma vivendo nel bosco e prendendo spunto da chi ci è nato e cresciuto, abbiamo imparato che la cosa più preziosa in montagna è fare rete.

Quindi abbiamo costruito la nostra rete: c’è chi ci dà la verdura, chi ha gli ulivi e noi intanto puntiamo sulle erbe - abbiamo piantato un sacco di lavanda, per esempio - e su alcuni ortaggi - anche se in montagna non è possibile coltivare ogni cosa e gli animali selvatici non ci rendono la vita facile!

Quest’estate per esempio abbiamo sostituito l’insalata con il tarassaco. Insomma, ci adattiamo e mentre ci appoggiamo alla rete. E poi c’è l’ospitalità - su questo, abbiamo anche messo a disposizione una yurta. Oltre all'azienda agricola ed il B&B stiamo avviando anche diverse attività olistiche.