Le major dell'energia sono sempre più green
Tra i più grandi investitori di energia rinnovabile c'è l'italiana Enel. Entro il 2030 ha dichiarato di voler raddoppiare la propria capacità da fonti pulite.
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L’americana Bloomberg ha inserito l’italiana Enel tra le quattro maggiori aziende al mondo nel campo dell’energia pulita. La spagnola Ibredrola, la statunitense NextEra Energy e la danese Ørsted completano il quadro.
Le quattro clean supermajors - così sono state ribattezzate - hanno investito più di altre in impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili.
Gli investitori scelgono le rinnovabili
Per il 2021 la banca Goldman Sachs prevede che la spesa per le rinnovabili supererà quella per l’estrazione di gas e petrolio.
Il sorpasso riguarderà prima di tutti le aziende: già all’inizio di ottobre 2020, NextEra Energy aveva superato la connazionale ExxonMobil per capitalizzazione di mercato; Enel ha già una capitalizzazione maggiore di Eni (103 miliardi contro 37); lo stesso vale per Iberdrola con Repsol (87 miliardi contro 15) e per Ørsted con BP (76 contro 71).
Merito anche degli investitori, i quali non vedono più nelle rinnovabili un mercato rischioso, anzi. D’altronde, sempre secondo Bloomberg, per il 2050 l’eolico e il solare genereranno il 56 per cento dell’elettricità a livello globale, contro il 9 per cento circa attuale.
C’è da dire che molte di queste clean supermajors contano ancora su diversi gigawatt di elettricità prodotti grazie ai combustibili fossili, quali gas e petrolio. Ad esempio, il 40 per cento circa della capacità installata di Enel (che in Europa rappresenta l’utility più grande) è ancora rappresentata da idrocarburi. L’azienda ha dichiarato che vuole diminuire la generazione dal carbone del 74 per cento entro il 2022 e più che raddoppiare la propria capacità rinnovabile entro il 2030.
Ma c’è chi punta ancora sul futuro del petrolio
Il petrolio non sparirà da un momento all’altro ma l’obiettivo, a questo punto, è rendere quello ancora estraibile non più conveniente (dal punto di vista economico, perché da quello ambientale non lo è già da un pezzo).
La transizione energetica spingerà le “Big Oil” a rivedere i propri piani di investimento, quindi? L’Eni, per esempio, ha già detto che ridurrà sempre di più le proprie emissioni nette di anidride carbonica e per farlo si focalizzerà su altre fonti, tra le quali - oltre alle rinnovabili - il gas naturale, il biometano e la bioraffinazione.
Annunci di questo tipo si sono moltiplicati negli anni. Ma mentre la britannica BP ha dichiarato di voler ridurre il proprio output di gas e petrolio del 40 per cento entro il 2030, al contrario Exxon vuole aumentarlo di un terzo.
La società non nega i cambiamenti climatici ma, secondo i suoi piani, di petrolio ne avremo bisogno ancora per un bel po’.