I divieti di balneazione del Golfo di Napoli
Dopo i campionamenti di Arpa Campania, che hanno rivelato livelli di inquinamento troppo alti, il Comune di Napoli ha emanato un divieto di balneazione delle acque. Dopo nuovi campionamenti, il divieto è stato revocato.
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Un’estate senza poter fare il bagno a Napoli? La situazione non è così drammatica dal momento che un divieto di balneazione era stato emanato dal Comune di Napoli su alcune zone del litorale. Tale divieto è stato poi rimosso, in seguito a nuovi campionamenti delle acque da parte di Arpa Campania.
Il divieto, che ha coperto per alcuni giorni il tratto da Largo Nazario Sauro fino a Marechiaro, è stato introdotto dal Comune a seguito dei campionamenti effettuati da Arpa Campania tra il 19 e il 20 luglio. I primi risultati hanno dimostrato livelli troppo alti di inquinamento delle acque e per questo è stato disposto il divieto di balneazione.
In seguito, Arpa Campania ha provveduto a nuovi campionamenti che hanno portato il Comune a ristabilire il permesso di bagnarsi. Ma cosa è successo? E come mai in piena stagione estiva (e turistica) si sono riscontrati anomali livelli di prsenza di liquami nelle acque del Golfo?
Colpa dei temporali
L'assessore alla Salute del comune di Napoli Francesca Menna ha spiegato alla stampa a fine luglio che “a seguito delle abbondanti precipitazioni temporalesche che hanno interessato la città e la sua provincia”, l'Arpac “ha rilevato presenza di inquinanti che ne impediscono la balneazione”.
E Menna aggiunge: “questo fenomeno che ha riguardato la città e la costiera dei paesi limitrofi, ci fa capire l’impatto che ha nella nostra vita quotidiana il cambiamento climatico”.
Si ritiene che il superamento dei valori sia stato probabilmente causato, come riscontrato anche in passato da Arpac in situazioni analoghe, a fenomeni di inquinamento temporanei, in seguito al verificarsi di piogge intense che mettendo in crisi i sistemi di gestione delle acque reflue, determinano l’attivazione dei tubi di “troppo pieno” e l’apporto a mare di acque reflue non depurate miste ad acque pluviali.
L'Arpac critica il Comune
La notizia è arrivata proprio durante la conclusione del vertice del G20 su clima e inquinamento mondiale che si è tenuto nella città partenopea.
Diverse critiche sono arrivate dalla stessa Arpac che ha effettuato i campionamenti: “Una delibera regionale offre ai Comuni la possibilità, all’indomani di acquazzoni estivi, di interdire in via prudenziale la balneazione per 48 o 72 ore”.
“Se lo facessero, noi eviteremmo di andare ad effettuare il campionamento già previsto dal calendario, non troveremmo il mare inquinato e non scatterebbero i divieti a distanza di tre o quattro giorni dal temporale, quando ormai presumibilmente enterococchi intestinali ed escherichia coli sono rientrati nella norma”, ha spiegato Lucio De Maio, responsabile per l’Arpac del monitoraggio delle acque di balneazione.
Il Comune ha replicato di non conoscere questa possibilità e ha invitato l’Arpac a essere più flessibile “evitando di rispettare pedissequamente il calendario dei campionamenti marini se il giorno precedente c’è stato un temporale”.
Bagno inquinato è assicurato
Insomma, il botta e risposta ha messo in evidenza un problema irrisolto. Come spiega in suo articolo il Corriere del Mezzogiorno, il divieto di balneazione, di solito, scatta a distanza di giorni dal rilevamento dell'Arpa, quando ormai il pericolo potrebbe essere passato.
“Ci si fa il bagno, invece, in un mare inquinato il giorno dopo il temporale perché le analisi dell’Arpac non sono ancora pronte” conclude il giornale.