Emergenza rifiuti a Roma
Roma è di nuovo sommersa dai rifiuti e il governo è al lavoro con l'amministrazione per trovare un rimedio. Un'ipotesi è quella di spedirli in Svezia, ma a quale costo?
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Roma sommersa dalla spazzatura
Negli ultimi mesi, i turisti che affollano una delle città più belle del mondo si trovano a scattare foto ricordo decisamente insolite. E, senza ombra di dubbio, vergognose. Cassonetti strabordanti, gabbiani e piccioni che pasteggiano, topi che corrono sui marciapiedi sudici, vicoli in cui ci si fa largo a malapena tra i cumuli di immondizia.
Per non parlare del fetore insopportabile, tanto più con le temperature esterne che superano spesso e volentieri i 30 gradi, e delle potenziali conseguenze per la salute (per le quali il Codacons ha presentato un esposto).
Sono i segni tangibili dell’emergenza rifiuti in corso a Roma. Un tormentone che ormai si ripete a intervalli regolari, soprattutto durante l’estate e in occasione delle feste natalizie, e che è figlio di una lunga serie di inefficienze che si sono trascinate negli anni.
La “soluzione” Svezia
Per tamponare l’emergenza, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha svelato al Fatto Quotidiano l’intenzione di spedire una parte dei rifiuti in altri paesi europei per almeno tre anni. Il nome più papabile è quello della Svezia, che potrebbe mettere a disposizione i termovalorizzatori di Stoccolma e Göteborg.
Per ora non c’è ancora nulla di certo, nemmeno la quantità di rifiuti in questione, che non è stata resa nota per evitare di influenzare i prezzi della negoziazione internazionale.
Senza dubbio sarebbe un affare per l’economia della Svezia, che già oggi importa circa 1,3 milioni di tonnellate di spazzatura ogni anno. Rifiuti che, grazie agli efficienti termovalorizzatori, riscaldano un milione di case e portano l’elettricità in 250mila appartamenti, evitando di rilasciare nell'atmosfera 2,2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Quanti dubbi sull’export di rifiuti
Molto meno contente sarebbero le nostre casse dello stato, chiamate ad accollarsi quest’ennesimo costo; si parla di circa 200 euro a tonnellata, una cifra ben superiore rispetto ai 160 dell’Ama (che però non può contare su un termovalorizzatore).
Per non parlare dell’impatto ambientale: secondo una stima effettuata da Marinella Correggia nelle pagine del Manifesto, un tir in viaggio da Roma a Stoccolma emette oltre 2mila kg di CO2. Il che va ovviamente moltiplicato per il numero di tragitti.
Per il momento però si tratta solo di ipotesi, sottolinea Il Messaggero. Anche ammesso che si riesca a trovare un accordo, per formalizzare i contratti e avviare il trasporto ci vorrà almeno l’intera estate.
Poi c’è il nodo delle quantità. Alcune fonti del Messaggero, che hanno preferito mantenere l’anonimato, suggeriscono che Stoccolma sia disposta ad accettare appena 6mila tonnellate, quelle che a Roma si raccolgono in un paio di giorni. Non stupisce dunque che si stiano cercando in parallelo altre soluzioni, a partire dalle regioni italiane per poi approdare in Bulgaria, Austria, Portogallo, Germania e Cipro.