La situazione delle energie rinnovabili in Italia
A che punto è il mondo nella transizione energetica, indispensabile per contrastare i cambiamenti climatici? E l'Italia? Passiamo in rassegna i progressi fatti nel campo delle energie rinnovabili e gli obiettivi voluti dall'Unione europea.
Credit foto
©tntemerson / 123rf.com
Energie rinnovabili, cosa sono e come funzionano
Se ci troviamo nel bel mezzo di una crisi climatica che compromette il nostro stesso futuro sul pianeta, è perché le emissioni di gas serra di origine antropica sono cresciute enormemente dalla rivoluzione industriale in poi, con un’ulteriore accelerazione negli ultimi decenni. Ad aprile 2022 la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 420 parti per milione; nell’Ottocento era pari a 270 ppm.
Il 73,2% dei gas serra in atmosfera è emesso dall’energia; per l’80%, quest’energia è fossile (cioè carbone, petrolio e gas). La conclusione è evidente: bisogna cambiare rotta, e farlo al più presto.
Per fortuna, le alternative esistono. Sono le energie rinnovabili, chiamate così perché derivano dalla natura, si rigenerano velocemente e sono quindi inesauribili. Sono anche dette “energie pulite” perché non emettono CO2 né altre sostanze inquinanti o climalteranti, visto che non c’è bisogno di scavare pozzi o miniere per estrarle. Tra i vantaggi delle energie rinnovabili non si può non citare il fatto che sono disponibili pressoché ovunque; le fonti fossili, al contrario, sono concentrate in pochi territori e innescano quindi tensioni geopolitiche.
Quali sono le energie rinnovabili
Dopo questa necessaria introduzione, passiamo in rassegna le fonti rinnovabili, una per una:
- Energia solare: si ricava attraverso pannelli fotovoltaici (che trasformano i raggi del sole in energia elettrica) oppure impianti solari termici (che forniscono l’acqua calda per i consumi domestici o per il riscaldamento).
- Energia eolica: pale e turbine, collocate in mare o in altri luoghi particolarmente esposti al vento, usano la forza cinetica del vento per produrre energia meccanica, trasformata a sua volta in energia elettrica.
- Energia idroelettrica: le masse d’acqua in movimento, meglio ancora se convogliate da dighe, chiuse e canali, producono energia cinetica che appositi impianti – costituiti da turbine e alternatori – trasformano in energia elettrica.
- Energia geotermica: le centrali geotermiche incanalano il calore accumulato nel sottosuolo per trasformarlo in energia elettrica.
- Energia da biomassa: i cosiddetti scarti (residui legnosi, sottoprodotti dell’agroalimentare, rifiuti organici urbani, reflui di allevamenti, ramaglie e così via) vengono bruciati, producendo vapore. Quest’ultimo passa nelle tubature e aziona le turbine che producono energia elettrica.
- Energia marina: semplificando molto, può essere paragonata all’energia eolica, con la differenza che le pale sono collocate in mare per sfruttare la forza meccanica delle onde e delle maree.
Merita un discorso a parte l’idrogeno, perché non è propriamente una fonte di energia bensì un vettore che immagazzina energia e la rilascia al bisogno, senza emettere gas serra. L’idrogeno a sua volta viene prodotto da altre fonti di energia: quello verde viene estratto dall’acqua mediante elettrolisi, usando la corrente prodotta dalle fonti rinnovabili.
Che cos'è l'obiettivo 7
A guidarci in questo percorso è l’Agenda 2030, cioè il piano globale per le persone, il Pianeta e la prosperità sottoscritto il 25 settembre 2015 da 193 Paesi delle Nazioni Unite, Italia compresa. Si tratta di un vero e proprio manifesto costituito da 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals, Sdgs) da raggiungere entro il 2030, a loro volta articolati in 169 target più specifici che vengono misurati attraverso 232 indicatori.
Le rinnovabili sono protagoniste indiscusse dell’Obiettivo 7 – Energia pulita e accessibile, che si propone di “assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni”.
Esaminando i target scopriamo che, sempre entro l’orizzonte temporale del 2030, la comunità internazionale si è impegnata a:
- garantire l'accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, affidabili e moderni;
- aumentare notevolmente la quota di energie rinnovabili nel mix energetico;
- raddoppiare il tasso di miglioramento dell'efficienza energetica;
- rafforzare la cooperazione internazionale per facilitare l'accesso alla tecnologia e alla ricerca di energia pulita, all'efficienza energetica, alla tecnologia avanzata e alla più pulita tecnologia derivante dai combustibili fossili, promuovendo gli investimenti in tecnologie e infrastrutture;
- espandere le infrastrutture e ammodernare le tecnologie per fornire tali servizi energetici, moderni e sostenibili, anche nei Paesi in via di sviluppo.
Qual è l'energia rinnovabile più utilizzata
Nel mondo, l’80% del consumo di energia primaria è soddisfatto dai combustibili fossili. Su un totale di circa 153mila terawattora (TWh), 48mila arrivano dal petrolio, 42mila dal carbone e 38mila dal gas. Poi c’è il nucleare, con 6.600 TWh. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’idroelettrico è la più utilizzata con 10.600 TWh, seguita da eolico (3.900 TWh), solare (2.100 TWh), biomasse (circa mille). Le altre rinnovabili, nel loro insieme, coprono circa 700 TWh.
Energie rinnovabili in Europa
Con il Green Deal europeo, l’Unione si è posta un obiettivo ambizioso: diventare il primo Continente climaticamente neutro entro il 2050, cioè raggiungere il saldo zero tra le emissioni di gas serra riversate nell’atmosfera e quelle sequestrate. Va da sé un traguardo del genere non è neanche lontanamente pensabile se non mettendo al centro le energie rinnovabili. Tra il 2004 e il 2020 il peso delle rinnovabili sul consumo finale lordo di energia è più che raddoppiato, raggiungendo il 22,1% del totale e superando così ampiamente il target del 20% che era stato prefissato dall’Unione stessa.
Entro il 2050 bisognerà fare ancora di più: “circa i due terzi della nostra energia dovranno arrivare dalle fonti rinnovabili”, scrive il Commissario per l’Energia Günther H. Oettinger nella Roadmap 2050. “La produzione di energia elettrica dovrà essere pressoché a zero emissioni, nonostante l’aumento della domanda”. Questa missione è realizzabile, ma impone di trasformare radicalmente un sistema energetico che è stato progettato e sviluppato su presupposti completamente diversi.
Energie rinnovabili, la situazione italiana
Anche il nostro Paese, come tutti gli altri membri dell’Unione, dovrà contribuire attivamente a questa sfida. Ma quanto sono diffuse le energie rinnovabili in Italia? E quale conta di più nel mix energetico?
Il report annuale del Gestore servizi energetici (Gse) ci svela che nel 2020 le fonti pulite hanno coperto il 20,4% dei consumi energetici totali, una percentuale leggermente inferiore rispetto a quella europea. In realtà soltanto la quota di rinnovabili nel settore termico è inferiore alla media (19,9% contro il 23,1% europeo), mentre nel settore elettrico ammonta al 38,1% (contro il 37,5% europeo) e nei trasporti al 10,7% (contro il 10,2% europeo). Tra il 2005 e il 2020 i nostri consumi di energia pulita sono raddoppiati, passando da 10,7 a 21,9 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).
Anche in Italia, come nel mondo, l’idroelettrico è la fonte rinnovabile che contribuisce di più alla produzione di energia elettrica, con il 41% del totale; seguono solare (21%), eolico (17%), bioenergie (17%) e geotermia (5%). Nel settore termico invece al primo posto ci sono le biomasse solide come legna da ardere e pellet (7 Mtep).
Il nodo dello stoccaggio
Una delle critiche che sono state rivolte fin dalla prima ora alle fonti rinnovabili si incentra sulla loro natura intermittente e non programmabile: il vento non soffia sempre, e il sole non splende 365 giorni all’anno. La tecnologia ci aiuta a superare questo limite, attraverso gli impianti di stoccaggio (anche detti di storage o accumulo).
Il loro compito è quello di immagazzinare l’energia che viene prodotta in eccesso, per poi redistribuirla rapidamente nei momenti in cui la domanda supera l’offerta. Tenendo da parte le centrali idroelettriche che fa tempo fanno uso di tecniche meccaniche come i sistemi di accumulo idroelettrici di pompaggio (PHS) e i sistemi di accumulo ad aria compressa (CAES), per l’eolico e il fotovoltaico ci sono vari tipi di batterie, al litio o di flusso.
Un’altra opportunità è offerta dall’idrogeno: il processo prevede di convertire direttamente in idrogeno l’energia generata dalle celle fotovoltaiche, accumularlo e rigenerarlo in elettricità mediante pile a combustibile.
Nel 2017 l’Irena (International Renewable Energy Agency) ha proposto delle proiezioni al 2030. A fronte di un potenziale raddoppiamento nella diffusione delle rinnovabili, lo stock di energia elettrica disponibile nei sistemi di stoccaggio dovrà passare dai 4,67 TWh del 2017 fino almeno a 11,89 TWh nel 2030 (ma la stima arriva fino a 15,72 TWh).
Gli incentivi pubblici per le energie rinnovabili
Già negli anni Novanta, quando il Green Deal europeo era ancora di là da venire, l’Italia ha deciso di promuovere l’adozione delle energie rinnovabili attraverso diversi meccanismi, ben sintetizzati da questo articolo di lavoce.info:
- il cosiddetto decreto Bersani (decreto legislativo 79/1999) ha obbligato produttori e importatori di energia elettrica a immettere nel sistema almeno il 2% di energia prodotta da fonti rinnovabili;
- con i cosiddetti certificati verdi (CV), chi produceva energia pulita poteva rivendere ad altre aziende e attività i titoli corrispondenti alla CO2 non emessa in atmosfera;
- in alternativa, a partire dal 2005 il Conto energia (rinnovato diverse volte) ha permesso di immettere nella rete elettrica locale l’energia prodotta dal proprio impianto fotovoltaico, ricevendo in cambio una tariffa che sarebbe rimasta sempre la stessa nei vent’anni successivi.
Questa è una sintesi molto parziale, perché la storia degli incentivi a favore delle fonti rinnovabili è stata molto articolata e talvolta farraginosa, costellata di cambiamenti di percorso necessari per evitare distorsioni di mercato. Nel loro insieme, comunque, i sussidi hanno contribuito in modo determinante a dare il via al mercato: tant’è che dal 2013, con la maggiore diffusione degli impianti accompagnata dal calo dei prezzi, sono diventati sempre meno generosi.
Energie rinnovabili in Italia: problemi
Come tutti i settori in cui circola denaro, tanto più pubblico, anche le rinnovabili sono purtroppo al centro delle mire della criminalità organizzata, sempre alla ricerca di metodi per riciclare denaro sporco e incassare facili profitti.
Trattandosi di attività illecite, è difficile fornire dei numeri precisi. Il Rapporto Ecomafie 2021 di Legambiente descrive il 2020 come un anno nero, con 34.867 reati ambientali accertati, per una media di 4 ogni ora. Aumentano le persone denunciate (33.620, il 12% in più rispetto al 2019) e i sequestri (11.427, +25,4% in un anno), ma calano del 17% i controlli, passati in un anno da 1.694.093 a 1.415.907.
“Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro”, esorta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingenti risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese”.
Energie rinnovabili in Italia, cosa cambia con la guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina ha messo sotto gli occhi di tutti un dato di fatto: nonostante gli enormi progressi fatti nel campo delle fonti pulite, l’Italia – alla pari dei principali Paesi occidentali – sconta ancora una dipendenza storica dal gas russo.
Per la precisione, il gas naturale rappresenta il 43% del nostro mix energetico e viene importato per il 40% dalla Russia (in termini numerici, si tratta di 29 miliardi di metri cubi). Va ancora peggio alla Germania che ne compra dalla Russia 43 miliardi di metri cubi, cioè il 51% del suo import. In Europa si “salva” soltanto la Francia, perché ha preferito puntare sul nucleare.
La soluzione trovata nell’immediato dal governo Draghi è quella di continuare a importare gas, ma dall’Algeria. La compagnia petrolifera Eni, partner da quarant’anni della nordafricana Sonatrach, è riuscita a strappare un accordo per coprire il 15% delle importazioni italiane di gas, per un totale di circa 10 miliardi di metri cubi all’anno, almeno fino al 2027. Certo, non si può dire che l’Algeria sia uno Stato politicamente stabile; anzi, a dire la verità si è sempre mostrato molto vicino alla Russia di Vladimir Putin.
Gli operatori energetici italiani hanno un’idea diversa, e l’hanno espressa attraverso una conferenza stampa: installare 60 GW di rinnovabili nell’arco dei prossimi tre anni. Si tratterebbe, spiegano, della “soluzione strutturale per aumentare la sicurezza e l’indipendenza energetica, e ridurre drasticamente la bolletta elettrica”. E di un modo per creare 80mila nuovi posti di lavoro, dando un forte slancio a un’economia che ancora paga il prezzo dell’emergenza Covid-19.
Per raggiungere questo obiettivo, il settore elettrico è pronto a investire 83 miliardi di euro nel triennio. Questo però sarà possibile soltanto se il governo e le regioni faranno la loro parte, snellendo l’iter burocratico e concedendo in fretta le autorizzazioni necessarie. Va sottolineato che questi 60 GW rappresentano appena un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna.