Quale legame tra gas e fertilizzanti
Il prezzo del gas naturale è alle stelle per la guerra tra Russia e Ucraina e, come conseguenza, le fabbriche di fertilizzanti interrompono la produzione. Qual è il legame? E cosa ci insegna questa vicenda?
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La crisi del comparto dei fertilizzanti
Che la guerra tra Russia e Ucraina fosse destinata ad avere conseguenze concrete sulla nostra economia era chiaro fin da subito. Alcune le vediamo tutti i giorni, quando passiamo davanti a un distributore di benzina o riceviamo la bolletta di luce e gas. Altre invece sono più nascoste, ma non per questo meno significative.
Dopo due anni in cui il mercato dei fertilizzanti era “incredibilmente volatile”, uno dei maggiori produttori globali, CF Industries Holdings, ha preso una decisione drastica. Chiudere fino a data da destinarsi i suoi stabilimenti di Teesside e Cheshire, nel nord dell’Inghilterra. Cioè gli unici al di fuori del Continente americano. Nelle due fabbriche lavorano circa 600 persone, per produrre all’incirca il 40% dei fertilizzanti usati nel Regno Unito. A dare la notizia è il Financial Times.
Come sono fatti i fertilizzanti
Il motivo è sempre lo stesso: l’impennata dei prezzi del gas. Per capire il legame, è il caso di aprire una piccola parentesi su come sono fatti i fertilizzanti. Assofertilizzanti-Federchimica li suddivide in tre categorie:
- I più comuni in assoluto sono sintetizzati a partire dal metano, dall’acido solforico e dalle rocce fosfatiche e dai sali di potassio. Per avere un ordine di grandezza, da soli rappresentano il 60% dei concimi usati in Italia, una percentuale che sale al 73% se si considera il fatturato. Di questa categoria fanno parte l’ammoniaca e un suo derivato, il nitrato di ammonio.
- Poi c’è tutto il mondo dei concimi organici, organo minerali e ammendanti, cioè – semplificando molto – quelli che derivano da sostanze di origine animale (letame essiccato, guano, cascami di lana e simili) o vegetale (come la torba). La quota di mercato è inferiore ma sta aumentando visibilmente negli ultimi tempi, trainata soprattutto dal compost.
- Infine ci sono i cosiddetti concimi specialistici, esito di un ingente lavoro di ricerca e sviluppo mirato al raggiungimento di performance specifiche. Va da sé che i costi sono più alti.
Insomma, la stragrande maggioranza dei fertilizzanti nasce dall’ammoniaca, prodotta con il metano. Se il prezzo del metano si impenna, le aziende sono costrette ad alzare i prezzi di conseguenza, se vogliono restare sul mercato. Molte però – tra cui la stessa CF Industries Holdings – non hanno la possibilità di farlo, perlomeno non alla velocità che sarebbe necessaria. E non possono nemmeno aumentare la produzione laddove i prezzi del metano sono inferiori, come negli Stati Uniti, perché simili impianti già lavorano al loro massimo ritmo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Perché i fertilizzanti vanno usati solo quando servono davvero
Questa contingenza, senza dubbio enormemente problematica per gli agricoltori di tutto il mondo, in qualche modo andrà superata. Guardando al futuro, però, possiamo porci una domanda: non rischiamo di essere troppo dipendenti dai fertilizzanti a base di ammoniaca?
Incrementare la produttività del terreno è una necessità nota fin dall’antichità. Ci sono tuttavia diverse tecniche per farlo. E, a differenza dei concimi naturali, i fertilizzanti di sintesi portano con sé alcune comprovate criticità di carattere ambientale.
Se usati in quantità eccessiva, innanzitutto, possono deteriorare la qualità del suolo e dell’acqua, impoverendola e compromettendone la salute nel lungo termine. Oltretutto, i fertilizzanti azotati riversano nell’atmosfera ossido di diazoto (N2O), un gas serra che incide sul riscaldamento globale 300 volte in più rispetto all’anidride carbonica (CO2) e persiste per almeno un secolo.
Alla ricerca di alternative più verdi
È per questo che l’agricoltura biologica impone severe restrizioni alla qualità e alla quantità dei fertilizzanti di sintesi che si possono impiegare nei campi. E non si tratta di una nicchia sperimentale, visto che il Green Deal europeo prevede di convertire a biologico almeno il 25% della superficie agricola coltivata dell’Unione.
Oltre ai concimi naturali che vengono dispersi sui campi da millenni, la scienza ci sta offrendo tante altre soluzioni. C’è per esempio chi cerca di sfruttare il valido lavoro dei miliardi di batteri che popolano il suolo, trasformando elementi come azoto, ferro e fosforo in una forma che la pianta riesca ad assorbire, tenendo da lontani insetti e patogeni, e producendo ormoni che aiutano le piante a crescere e assorbire nutrienti.
Che dire, invece, dei lombrichi? Producono azoto e carbonio che penetrano nel terreno molto più velocemente del previsto, e lo fanno nel momento esatto in cui le piante ne hanno più bisogno. Perché la natura ha potenzialità incredibili, se la sappiamo ascoltare.