Incendi in Amazzonia: il punto della situazione
Le immagini degli incendi in Amazzonia hanno fatto il giro del mondo. Cerchiamo di ricostruire cosa è successo e di capire quali sono i rischi concreti per il polmone verde del Pianeta.
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Un’estate di incendi in Amazzonia
Ad agosto, alcune foto hanno fatto il giro del mondo. Mostravano la foresta amazzonica dilaniata da migliaia di incendi, che si moltiplicavano incontrollabili avvelenando l’atmosfera con enormi nubi di fumo nero.
Ogni anno, sottolinea il quotidiano Guardian, l’estate è il periodo degli incendi. Ma dall’inizio dell’anno al 23 agosto ne erano già stati segnalati più di 72mila, con un aumento dell’84 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018.
Non è un mistero che la stragrande maggioranza dei focolai sia di origine dolosa. Agricoltori che radono al suolo sezioni di foresta per lasciare spazio ai campi coltivati, o accaparratori di terre che si appropriano dei terreni e li vendono a terzi senza il consenso delle comunità, sgomberandoli dagli alberi per alzare il loro valore (tecnicamente si parla di land grabbing).
Senza nulla togliere alla gravità della situazione, ricorda il Guardian, non bisogna lasciarsi prendere dall’allarmismo, né credere ciecamente alle foto che circolano nei social media (è capitato anche che venissero condivise immagini vecchie di anni).
Se è vero che alcuni stati (in primis quello di Amazonas) sono stati particolarmente flagellati, è vero anche che altri sono stati pressoché risparmiati dalle fiamme. Parecchi incendi, per giunta, sono divampati in zone già sottoposte a deforestazione. Dall’inizio di settembre, il picco dell’emergenza sembra rientrato.
A rischio il polmone verde del Pianeta
“Gli incendi in Amazzonia dimostrano che siamo di fronte a una crisi molto seria”, ha dichiarato Cristiana Paşca Palmer, segretaria esecutiva della Convenzione Onu sulla biodiversità. “Non si tratta solo dell’Amazzonia. Siamo preoccupati anche per ciò che accade in altre foreste e altri ecosistemi, e perché è in corso un vasto e rapido processo di degrado della natura. Il rischio è quello di procedere verso i punti di non ritorno di cui parlano gli scienziati, che potrebbero provocare, a cascata, il collasso dei sistemi naturali”.
Ed è proprio quello che potrebbe succedere in Amazzonia, il polmone verde del Pianeta. Fare un bilancio in questo momento è impossibile, ma gli esperti fanno notare che, una volta placate le fiamme, è improbabile che tutto ritorni semplicemente come prima. Stiamo parlando pur sempre di ecosistemi che si sono evoluti per millenni e di colpo sono piombati in una situazione estrema, per la quale non sono biologicamente attrezzati.
Bolsonaro e i dati sulla deforestazione in Amazzonia
La nuova amministrazione brasiliana, guidata dall’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro, è da tempo nell’occhio del ciclone per la sua manifesta avversione alle cause ambientaliste.
Le rilevazioni satellitari condotte dall’Inpe (Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali) hanno svelato una situazione che si è aggravata di mese in mese. A maggio sono stati disboscati 739 chilometri quadrati di foresta, il doppio rispetto a due anni prima. A giugno 920 chilometri quadrati, in crescita dell’88% rispetto allo stesso periodo del 2018. Il picco negativo è stato toccato a luglio, con 1.345 chilometri quadrati di foresta distrutta, a un ritmo di tre campi da calcio al minuto.
Secondo le proiezioni di alcuni scienziati, ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno. La perdita del 20-25% della foresta originaria potrebbe innescare una reazione a catena, trasformandola in una savana. A quel punto, non avremmo più nessuna possibilità di riparare i danni.