Mangiare è un atto agricolo, il manifesto verde
Solo tre mesi fa è uscito anche in Italia, "Mangiare è un atto agricolo", il manifesto verde dello scrittore, poeta e ambientalista statunitense Wendell Berry: una raccolta di scritti profetici, per nulla scontati, sull'avvenire dell'uomo e della Terra
Romanziere, poeta e critico, egli stesso agricoltore, attivista ed ecologista, Wendell Berry è nato nel 1934. Autore di saggi, romanzi, raccolte di poesie, ha ricevuto molti riconoscimenti e ha insegnato in varie università americane. Oggi vive con la moglie in una fattoria del natio Kentucky.
Solo tre mesi fa è uscito anche in Italia, "Mangiare è un atto agricolo", mentre Il 18 giugno prossimo, sempre edito da Lindau, uscirà anche il nuovo e atteso lavoro "Un posto al mondo".
Parlando del primo libro, il cui titolo in lingua originale, è "Bringing It to the Table. On Farming and Food”, ecco un paio di informazioni per capire cosa vi troverete sotto gli occhi.
Perché mangiare è (anche) un atto agricolo
Il libro è una raccolta di saggi che l'autore ha scritto a partire dagli anni '70, un vero e proprio compendio di riflessioni sul cibo e sulle dinamiche di provenienza e produzione, che contiene testi di vario genere, anche poesie-manifesto, come la famosa "Il fronte di liberazione del contadino impazzito" del 1973.
Nonostante la diluzione temporale, ci troviamo di fronte a scritti profondamente attuali, che nulla dicono di scontato. Una suddivisione dell'opera in tre parti:
- "Da dove viene ciò che mangiamo", per avere piena consapevolezza di ciò che si porta in tavola, del piacere di mangiare, ma anche di dinamiche legate all'agricoltura, all'energia e alla cura della terra. Il viaggio che Berry e la sua permanenza in Italia, in Toscana, all'inizio degli anni '60 è stata in tal senso esemplare, come lui stesso afferma "ciò che ho visto allora nella campagna Toscana mi ha spinto anche a riflettere in modo nuovo sull'agricoltura (...) Le mie idee non sono cambiate di colpo, ma lentamente sono cambiate, e quel cambio è cominciato proprio durante i mesi trascorsi in Toscana". Bisogna voler bene alla terra, amarla, è questo il primo e più forte messaggio. Amare la terra significa amare e conoscere il cibo che ci dona, e con questo farci del bene, essere responsabili della propria salute e della propria capacità di discernimento. Non è facile farlo, poiché secondo Berry l'industrialismo invece ama la trappola in cui siamo finiti: "una città circondata da mura, che lasciano passare le merci ma bloccano le coscienze". Per sfuggire a tale trappola bisogna ristabilire la nostra consapevolezza nei confronti ci ciò che significa mangiare, ristabilendo con essa qual è il ruolo che svolgiamo all'interno dell'economia alimentare. Per dirla alla Berry "esiste poi una politica del cibo che (...) chiama in causa la nostra libertà. (...) non possiamo essere liberi se qualcuno controlla la nostra mente e la nostra voce. Ma abbiamo dimenticato che non possiamo neppure essere liberi se qualcuno controlla il nostro cibo e le sue fonti (...) Mangiare in modo responsabile significa anche essere liberi".
- Una seconda parte in cui vengono passati in rassegna "ritratti esemplari" di contadini e produttori, uomini che lui stesso ha conosciuto, lavoratori onesti innamorati in primis della terra, degli animali e delle loro fattorie. Si parte con la figura di Charlie Fisher, da giovane boscaiolo e conduttore di cavalli, diventato fondatore di una piccola e onesta segheria. Henry Besunden, allevatore senza pari di pecore, che aveva compreso profondamente il legame tra gli animali stessi e la loro terra, quindi capacità di rigenerarla. Elmer Lapp, allevatore di mucche in una piccola fattoria. Imprenditori con il cuore, cosa che spesso manca a quelli odierni.
- Un terza parte in cui si esaminano "storie di cibo quotidiano", racconti che provengono dai suoi stessi romanzi, come "That distant land", "The solemn boy", "Hannah Coulter" o la storia del barbiere "Jayber Crow", che volgono un breve sguardo alla vita e all'ospitalità familiare di un tempo, nonostante la guerra e la grande depressione economica, prima che queste fossero trasformate radicalmente nel corso del XX secolo.
E tutto si conclude con "Il Manifesto. Il fronte di liberazione del contadino impazzito", che così invita alla ribellione: "Desidera con tutte le tue forze i prodotti impacchettati (...) Quando vorranno farti comprare qualcosa ti chiameranno. (...) Perciò, amici miei, fate tutti i giorni qualcosa d'irragionevole".
<%= image_tag(image_url(:id =>19379.jpg" data-type="article_show" alt="mangiare è un atto agricolo">
Cosa "non è"
"Mangiare è un atto agricolo" non è uno schiaffo ai carnivori, non vi sono prese di posizione in tal senso, ma quell di Berry è un'opera profetica, in cui l'autore indica con chiarezza dove porteranno i nostri errori, sensa mai alterarsi né alzare la voce, ma in modo paziente e razionale.
Non è un lasciar correre. Come vanno ora le cose è contro natura. Nel suo processo di industrializzazione che procede a ritmi incontrollati, l'agricoltura è sempre più vista e praticata come qualcosa che accade solo "sulla superficie del terreno", per cui la maggior parte delle persone la conosce in modo scarso, distratto, senza curarsi di come stanno invece le radici.
Berry propone delle soluzioni? Certo, una delle quali è rallentare il ritmo dell'agricolura, abbandonare un'agricoltura intensiva per abbracciare di nuovo quella tradizionale che rende alla terra e ai suoi abitanti molto di quanto hanno perso.
Un libro dunque non solo sulla decrescita sostenibile, ma anche sulla descrescita possibile.
Leggi anche l'intervista a Cinzia Picconi sul suo libro I consigli contro gli acquisti