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Parità di genere e sostenibilità

Un futuro sostenibile è un futuro in cui uomini e donne hanno le stesse opportunità di studiare, fare carriera, prendere parte ai processi decisionali. L'Onu lo dice chiaro e tondo, ma per ora siamo ancora a metà strada.

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©Josep M? Suria / 123rf.com

Parità di genere, pilastro dell’Agenda 2030

“Raggiungere l'uguaglianza di genere, mettendo fine a ogni forma di discriminazione, violenza e pratica dannosa nei confronti delle donne e delle ragazze nella sfera pubblica e privata”. E ancora, “favorire la piena partecipazione delle donne e le pari opportunità di leadership a tutti i livelli, in campo economico e politico”. Così l’Onu descrive la parità di genere, che è il quinto degli Obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030

 

“La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace”, mettono nero su bianco le linee guida Onu. “Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera”.

 

Se sulla carta questi principi sembrano quasi scontati, nella realtà dei fatti la piena parità di genere è ancora tutta da costruire. Anche in Europa

 

I dati Eurostat sulla parità di genere

Quando si ha a che fare con un tema così vasto e complesso, non c’è niente di meglio che affidarsi all’oggettività dei numeri. A fornirli è l’Eurostat, nell’edizione 2019 del suo report “Lo sviluppo sostenibile nell’Unione europea”. Facciamo una carrellata dei più significativi:

 

> una donna europea su tre ha subito una violenza fisica o sessuale dall’età di 15 anni in su. Nel 2012 l’8% delle intervistate riferisce un’esperienza simile negli ultimi 12 mesi, una percentuale che sale per le donne maggiorenni under 30. L’Italia, con il 7%, si colloca nella media comunitaria; 

 

> le donne in media studiano più a lungo. Nel 2018, tra quelle di età compresa tra i 18 e i 24 anni, solo l’8,9% ha interrotto gli studi dopo la scuola media inferiore e ben il 45,8% della fascia 30-34 si è laureato. Per gli uomini invece, queste percentuali si attestano rispettivamente sul 12,2% e sul 35,7%;

 

> quando si passa dalla scuola al mondo del lavoro, però, la strada diventa in salita. Nel 2018 il tasso di occupazione dei neolaureati uomini superava di 3,3 punti percentuali quello delle donne; 

 

> anche se il lavoro c’è, non sempre il suo valore è riconosciuto in modo equo. Nel 2017 la retribuzione oraria lorda di un uomo, in media, superava del 16,6% quella di una donna; l’Italia in questo senso può dirsi un’eccellenza, perché il divario è pari “solo” al 5%. Il cosiddetto gender pay gap è un tema su cui l’Unione si sta spendendo con forza e che, per fortuna, vede un miglioramento negli ultimi anni. Ultimamente si nota che il divario tende ad allargarsi con l’età, forse perché le donne più adulte sono state costrette a interrompere la loro carriera in corrispondenza della maternità; 

 

> i numeri ci dimostrano che sulle donne continua a pesare la responsabilità della famiglia. Tra coloro che non hanno un impiego, circa una su tre dedica le sue giornate ad accudire bambini, malati o anziani, una percentuale che crolla fino al 4,6% per gli uomini disoccupati;

 

> nei parlamenti degli Stati membri, le donne in questo momento occupano il 30,7% dei seggi: anche in questo caso ci sono stati progressi, visto che quindici anni fa la percentuale era ben più bassa (il 20% circa);

 

> troviamo percentuali simili anche nei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate: oggi il 26,7% dei membri del cda è rappresentato da donne, una quota cresciuta di 18,2 punti percentuali rispetto al 2003. 

 

Come raggiungere la parità di genere in Italia

Finora abbiamo parlato di Europa, consapevoli del fatto che ogni grande area geografica del nostro Pianeta abbia le sue sfide da affrontare. Ma se i dati sono questi, cosa possiamo fare di concreto, qui in Italia, per indirizzare la prua nella direzione giusta?

 

A fare alcune proposte è ASviS, l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, che ogni anno pubblica un report sui nostri progressi (e ritardi) nell'attuazione dell'Agenda 2030. Secondo gli autori del rapporto, le priorità su cui dovremmo intervenire al più presto sono quattro:

 

> il superamento degli stereotipi di genere;

> la lotta alla violenza contro le donne e al traffico di esseri umani;

> la prevenzione di pratiche nocive per la salute mentale e fisica delle donne;

> il miglioramento della salute sessuale e riproduttiva e il rispetto dei diritti riproduttivi.