Torna Plastic Radar di Greenpeace
Con il progetto Plastic Radar di Greenpeace, tutti possiamo diventare "sentinelle della plastica". Ci basta scattare una foto ai rifiuti che troviamo in spiaggia o al lago per contribuire alla mappatura del territorio e mettere le aziende di fronte alle proprie responsabilità.
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©Sawitree Pamee / 123rf.com
C’è troppa plastica nelle acque, anche in Italia
Finalmente le giornate si sono allungate e puoi approfittarne per goderti una bella giornata al mare insieme agli amici. Tra una chiacchiera e l’altra, ti guardi intorno e scorgi una bottiglia di plastica accartocciata. Poi, un sacchetto. E ancora, quello che doveva essere l’incarto di un pacchetto di crackers.
Purtroppo, può capitare. In spiaggia, nei fiumi che attraversano le nostre città, addirittura nei laghi di montagna che nelle guide appaiono così incontaminati. Di fronte a una scena del genere, la reazione più istintiva è il disappunto, seguita da un sordo senso di impotenza: puoi chinarti a raccogliere i rifiuti più vicini, ma che fare con quelli che sono già finiti in acqua?
E poi, sai bene che ciò che vedi è solo la punta dell’iceberg. Secondo le stime, il 94% della plastica che finisce in mare si deposita sui fondali, mentre solo il 5% si ferma in spiaggia e l’1% galleggia in superficie. Per non parlare delle microplastiche, troppo piccole per essere raccolte a mano.
Però, c’è qualcosa che puoi fare. Un gesto concreto e utile, che ti richiede solo un paio di minuti di tempo e il tuo smartphone. Grazie al progetto Plastic Radar di Greenpeace, puoi diventare anche tu una “sentinella della plastica”.
Come funziona Plastic Radar
Lanciato da Greenpeace nel 2018 e tornato ora con la sua nuova edizione, Plastic Radar è “uno strumento di partecipazione attiva, investigazione, denuncia e sensibilizzazione” con cui chiunque può fare la sua parte contro l’inquinamento da plastica.
Il meccanismo, descritto dal sito ufficiale, è semplicissimo:
> scatta una foto al rifiuto in plastica trovato in mare, spiaggia, fiume, lago;
> invia la foto con Whatsapp, con il rifiuto in plastica ben visibile, al numero +39 342 37 11 267;
> comunica nel messaggio la posizione, la tipologia e la marca del rifiuto;
> se è raggiungibile, getta il rifiuto nell’apposito contenitore della raccolta differenziata;
> coinvolgi altre persone, condividendo l’iniziativa nei gruppi Whatsapp a cui partecipi.
La tua segnalazione verrà elaborata in tempo reale da Greenpeace, che ogni ora aggiornerà il suo censimento dei rifiuti più comuni. L’intento della ong è anche quello di mettere di fronte alle loro responsabilità i “grandi inquinatori”, cioè le aziende che continuano a infarcire i loro prodotti di packaging in plastica anche laddove non è strettamente necessario.
I risultati di Plastic Radar nel 2018
Nella sua semplicità, questa campagna ha fatto breccia negli italiani. Lo scorso anno, da inizio giugno a fine agosto, più di 3.200 nostri connazionali si sono messi in contatto con Plastic Radar via Whatsapp. Ce ne sono stati 34 che si sono appassionati a tal punto da inviare più di 25 segnalazioni valide a testa; il record assoluto è di 296 spedite da una sola persona.
Delle quasi 6.800 segnalazioni valide ricevute, il 91% riguardava rifiuti in plastica usa e getta, soprattutto bottiglie di acqua e bevande (25%), confezioni per alimenti (9%), sacchetti (4%), bicchieri, flaconi di detersivi, tappi e reti (tutti al 3%), contenitori industriali, flaconi di saponi e contenitori in polistirolo (tutti al 2%).
Il 38% dei rifiuti è in PET, cioè la plastica usata per le bottiglie, mentre al secondo posto con il 19% c’è il polietilene ad alta densità (HD-PE), che serve per produrre flaconi e tappi.
Il maggior numero di segnalazioni, ben 2.352, è arrivato dal mare Adriatico, seguito dallo Ionio (1521) e dal Tirreno (1437).