Smart working e riduzione di CO2
Lo smart working, o lavoro flessibile, permette di ridurre gli spostamenti fisici dei lavoratori. Il risultato? Meno emissioni di CO2 e meno stanchezza dovuta al pendolarismo. E la produttività aumenta.
Lavoro agile o smart working: cos'è?
ll pendolare è stressato e inquina tanto: con lo smart working, invece, si ridurrebbero le emissioni di CO2 di milioni di tonnellate l’anno. Così scrive Business Insider in un articolo che fa riflettere sul cambiamento nel modo di lavorare.
A un primo livello, il lavoro agile è quello che magari voi stessi state sperimentando se la vostra azienda vi ha concesso di lavorare da casa un giorno alla settimana.
In realtà, la casa è soltanto una delle possibili alternative al classico ufficio. Grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, sempre più economiche e funzionali, possiamo lavorare senza problemi dal bar, da un rifugio in montagna, da una postazione di coworking.
La logica dello smart working è quella di ridurre i costi degli spostamenti, i tempi morti e l'infelicità dei dipendenti, spesso provocata da "stress da pendolarismo". Per non parlare dell'inquinamento ambientale e delle emissioni di CO2 provocate dagli spostamenti quotidiani.
Il lavoro flessibile fa bene all'ambiente e all'economia
La diffusione su vasta scala del lavoro flessibile ridurrebbe infatti i livelli di anidride carbonica di ben 214 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, l'equivalente della piantumazione di 5,5 miliardi di alberi.
A dirlo è un studio intitolato Added Value of Flexible Working, che Regus (un fornitore mondiale di spazi di lavoro) ha commissionato alla società di ricerche di mercato Development Economics.
E i benefici non sono soltanto ambientali. Sempre secondo lo studio di Regus, riportato da AgenPress, questo nuovo modo di lavorare aumenta la produttività e riduce i costi per le imprese. Entro il 2030, il valore aggiunto per l'economia globale potrebbe raggiungere i 10 trilioni di dollari.
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Lavoro flessibile anche in Italia
Alcuni datori di lavoro ancora pensano che il lavoro da casa sia deleterio, perché non dà la possibilità di controllare i dipendenti. Piano piano, però, la mentalità sta cambiando.
Da uno studio effettuato dalla banca inglese Hsbc, emerge che 9 intervistati su 10 considerano il lavoro flessibile come una delle motivazioni più importanti per accrescere la propria produttività, più ancora degli incentivi finanziari (citati dal 77% degli intervistati).
Ma a che punto siamo con l'adozione dello smart working? In Italia - riporta l'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano - gli smart worker sono 480mila, in crescita del 20% rispetto allo scorso anno.
Il 56% delle grandi imprese ha avviato progetti strutturati per rendere più flessibile la scelta di luoghi e orari di lavoro. Molto più bassa la diffusione dello smart working nelle piccole e medie imprese, con un 8% del campione che ha avviato progetti strutturati e un altro 16% che ha sperimentato approcci più informali.
Nel mondo - continua lo studio di Regus - a fare la parte del leone è la Svezia, con il 51% dei lavoratori, tallonata dalla Repubblica Ceca (48%). Seguono Slovacchia e Norvegia (40%).
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Credit foto: kasto