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Withdraw the Cap: salvare l'agricoltura sostenibile in Europa

La nuova Pac (Politica Agricola Comune) è tutta da rifare. Lo sostengono diverse organizzazioni ambientaliste europee.

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©Kostic Dusan / 123rf.com

Approvata la riforma della Pac

Bruxelles, venerdì 23 ottobre. Dopo un’intensa settimana di discussione su ben 1.350 emendamenti, il Parlamento europeo, l’unico organo eletto direttamente dai cittadini, dà il via libera alla riforma della Pac (Politica Agricola Comune).

 

Era il 2018 quando la Commissione ha presentato le prime proposte legislative, in vista della naturale scadenza del testo attuale, che scatterà alla fine di quest’anno. La nuova riforma sarà valida quindi dal 2021 al 2027, fatto salvo il primo biennio di transizione. 

 

Non c’è da stupirsi se questo appuntamento è stato al centro dell’attenzione di politica, mass media e opinione pubblica. Varata nel 1962, la Pac è infatti il più consistente capitolo di spesa del bilancio dell’Unione. Per il periodo 2021-2017 il totale si attesterà sui 387 miliardi di dollari, a cui contribuirà anche Next Generation EU (lo strumento di stimolo all’economia nel post-coronavirus, noto anche come Recovery Fund).

 

La politica agricola inoltre è un nodo centrale all’interno del Green Deal, il colossale progetto con cui l’Unione vuole azzerare il suo impatto climatico entro il 2050. Nello specifico, l’agricoltura entra in gioco in modo decisivo nella strategia From farm to fork (Dal produttore al consumatore) per un sistema alimentare sostenibile e nella strategia sulla biodiversità che intende “riportare la natura nelle nostre vite”.

 

La petizione Withdraw the Cap

“Venerdì 23 ottobre ci avete deluso ancora una volta votando per un accordo sporco, che tradisce i vostri impegni non solo per l’Accordo di Parigi ma anche per la giustizia e la democrazia”. Esordisce con queste dure parole la petizione Withdraw the Cap (in italiano, Ritirate la Pac), che mentre scriviamo è a quota 55mila firme. 

 

A lanciarla sono stati cento giovani attivisti di Fridays for Future, la rete di movimenti studenteschi nata sulla scia degli scioperi del venerdì di Greta Thunberg. La loro richiesta è netta: la Commissione europea deve bloccare la riforma della Pac, almeno nella forma che è stata avallata dal Parlamento. 

 

Un testo che, sostengono, “antepone il profitto e l’avidità alla necessità di preservare l’abitabilità del Pianeta per l’umanità”. Un testo che “incentiva le pratiche agricole dannose e la perdita di fertilità e biodiversità invece delle scelte sostenibili”. Scelte che “avranno un impatto non solo sull’Europa ma sul mondo intero”. 

 

Le critiche alla nuova Pac

Ma quali sono, nel concreto, gli elementi della nuova Pac tanto invisi agli ambientalisti?

 

Innanzitutto mantiene inalterati i sussidi agli allevamenti intensivi di bestiame, gli stessi che la Commissione ambiente aveva proposto di tagliare anche in considerazione del loro enorme impatto ambientale. 

 

Stando a un recente report di Greenpeace, infatti, questi ultimi emettono il 17 per cento dei gas serra su scala europea, più di tutte le automobili e i furgoni in circolazione. Per giunta, tra il 2007 e il 2018 le emissioni annuali degli allevamenti sono aumentate del 6 per cento, cioè di 39 milioni di tonnellate di CO2. Per fare un paragone, è come se sulle strade del Vecchio Continente circolassero 8,4 milioni di auto in più.

 

Molto criticati anche i cosiddetti eco-schemi, cioè “regole di buona condotta agricola e ambientale che ogni Stato dovrà obbligatoriamente presentare, ma che poi gli agricoltori potranno scegliere su base volontaria se adottare”, spiega Animal Equality. Questa definizione racchiude pratiche come l’agricoltura di precisione e l’agricoltura biologica. A loro sarà destinato il 30% dei pagamenti diretti, ben più rispetto al 20% ipotizzato in prima battuta dal Consiglio. 

 

Secondo Greenpeace, però, anche gli eco-schemi sono una “falsa illusione”. “Anche la precedente formulazione prevedeva una percentuale dei pagamenti diretti (destinati direttamente a agricoltori e allevatori) dedicati a migliorare il clima e le prestazioni ambientali delle loro aziende, con un meccanismo che aveva però bisogno di essere rafforzato per diventare realmente efficace”, commenta l’organizzazione ambientalista tramite una nota. 

 

L’attuale testo ha invece annacquato questo strumento, non vincolando l’ammissibilità degli interventi finanziabili a reali benefici ambientali, introducendo addirittura criteri economici, per cui questi fondi dedicati a misure ambientali, potranno invece essere spesi anche per interventi che migliorano le prestazioni economiche di un’azienda”.

 

Secondo le frange della società civile più sensibili nei confronti dell’ambiente, insomma, la riforma della Pac è tutta da rifare. Ora bisognerà vedere se la Commissione guidata da Ursula von der Leyen, che ha fatto del Green Deal la propria bandiera, le starà ad ascoltare.