Yama e Niyama: le norme etiche dello yoga
Yama e Niyama sono due degli otto rami dello yoga: 10 precetti per una condotta che sia rivolta verso noi stessi e verso gli altri. Non lontanissima dai dieci comandamenti biblici.
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Gli Yama e Niyama di Patanjali
L’universo dello yoga si estende in ogni possibile direzione e non finisce mai di evolversi. Ma tutta questa libertà di sviluppo può esistere solo perché lo yoga ha radici profonde ed antiche. Alcune di esse le troviamo nei dettami del leggendario Patanjali.
Tra gli 8 rami dello yoga descritti da Patanjali troviamo yama e niyama, due componenti complementari di un codice etico per sviluppare una coscienza adatta alla pratica dello yoga e al raggiungimento di uno stato di coscienza superiore e, infine, la liberazione.
Yama e Nyama, oltre l'etica
E' giusto imporre delle norme etiche ad un essere fondamentalmente spirituale quando lo spirito è al di sopra di ogni regola?
Ancora una volta parliamo di evoluzione, e in termini yogici l'evoluzione si basa su vari gradini esistenziali, alcuni dei quali rappresentati da tre grandi epopee classiche:
- Ramayana;
- Mahabaratha;
- ed infine Savitri di Sri Aurobindo.
Il primo gradino è rappresentato dal Ramayana, antico testo sacro nel quale il protagonista è Rama, una delle incarnazioni di Visnu, sceso sulla Terra per stabilire un ordine etico presso una civiltà barbarica basata su istinti animali e talvolta demoniaci.
Questo perché, senza una base etica, non ci si può liberare dall’animalità e procedere oltre l’etica stessa, perché è bene sottolineare che un essere etico non è il gradino finale dello yoga né l’ultima parola dell’evoluzione ma solo una fase transitoria.
Infatti dopo il Rama del Ramayana arriva il Krisna del Mahabaratha, che assume un comportamento talmente ultraetico da apparire agli occhi dei puritani addirittura antietico.
I 5 Yama
Analizziamo gli elementi che compongono yama e niyama così come Patanjali ce li ha dettati.
Yama in sanscrito ha anche valenza di “disciplina” o “vivere correttamente”, “rigorosamente”, “in modo controllato”, come nel termine pranayama: controllo del respiro.
I 5 Yama sono:
- Ahimsa: non violenza, ovvero non recare danno a nessun essere vivente, similmente alla compassione buddhista.
- Satya, letteralmente, verità, ovvero vietarsi di vivere nel falso, mentendo, apparendo e distaccandosi dalla propria natura per trarre profitto.
- Asteya: significa non rubare, non appropriarsi degli oggetti e lasciare che le cose entrino ed escano dalla nostra vita, senza attaccamento.
- Brahmacharya è spesso inteso come astinenza sessuale, castità e talvolta fedeltà coniugale ma in realtà è da intendere come l'idea di favorire il processo di trasformazione delle energie sessuali in spirituali, pertanto andrebbe tradotto più come “non sperpero delle energie sessuali”.
- Aparigraha: è l’assenza di avarizia, collegata a asteya, e rappresenta un processo interiore per lo sviluppo di una virtù che i cristiani chiamano "temperanza".
I 5 Niyama
I Niyama , che secondo Patanjali sono sempre cinque, hanno a che vedere con la cura e la disciplina di sé, sono:
- Sauca: è una forma di igiene e purezza integrale che comprende quella corporea, quella emotiva, quella mentale, compresa quella della parola.
- Santosha: è un sereno appagamento, una forma di contentezza yogica che sa accettare tutte le circostanze, gli avvenimenti e gli incontri senza che l’umore si rabbui mai.
- Tapas: che potremmo tradurre anche con "ardore", è la disciplina, la focalizzazione, la perseveranza, l’austerità e la costante meditazione.
- Svadhyaya: o studio del sé. Rappresenta l’introspezione, l’autoanalisi, la riflessione, l’esame di coscienza e lo scrutare tutte le parti che compongono l’essere.
- Ishvarapranidhana: ovvero la contemplazione dell’essere supremo, della coscienza trascendentale, del Sé dei Sé, contemplando il quale se ne ottiene la coscienza. Pertanto rappresenta il gradino finale che dispensa la trascendenza e quindi la liberazione.