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Bhutan, primo paese biologico

I grandi cambiamenti cominciano sempre nelle piccole cose… e qualche volta nelle piccole nazioni.: è così che una piccola nazione spersa sulle montagne tra Cina, India e Nepal, sconosciuta ai più, il Bhutan, ha intrapreso una politica sorprendente, controcorrente e innovativa, all'insegna del biologico

Bhutan, primo paese biologico

Quante volte abbiamo letto, sentito dire, o addirittura detto noi stessi: “è inutile criticare e predicare, è molto meglio rimboccarsi le maniche e cominciare a cambiare le cose”.

Ecco quello che devono aver pensato le autorità del Bhutan, una piccolo monarchia costituzionale, a suo modo unica. Il giovane sovrano, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, definito Re Drago, è un trentaseienne laureato ad Oxford dopo aver studiato negli Stati Uniti, quindi una mente aperta al mondo occidentale ma irrimediabilmente innamorato del proprio popolo.

Pur essendo a ridosso della catena dell’Himalaya, lo stato del Bhutan ha un clima piuttosto variegato, dove i severi inverni sulle cime delle montagne innevate si incontrano con i monsoni provenienti da sud, ricchi di pioggia temperata.

Le varietà di altitudini gioca un fattore importante in questa diversità e ogni valle rappresenta un microclima unico, spesso adatto all’agricoltura.

 

La buona politica del Buthan

I politici locali, autori del famoso Gross National Happiness, da anni portano avanti una campagna per creare una politica economica che abbia per scopo la felicità delle persone, basata su valori spirituali: buon governo, sostenibilità, mantenimento dei valori culturali, protezione della natura.

Questo ultimo punto ha ispirato un movimento che, in una decina d’anni, porterà il Bhutan ha sradicare dal suo territorio tutti i fertilizzanti chimici e i pesticidi che a lungo andare degradano il suolo, il tessuto sociale, e quindi la felicità delle persone: che scopo ha avere televisione, cellulare, auto di lusso se il mondo attorno a te muore e devi comprare cibo scadente da altre nazioni?

Natura rigogliosa = cibo sano = felicità = vera ricchezza, l’equazione è semplice.

Il Bhutan è un luogo non facilmente penetrabile, non solo fisicamente: si è aperto da poco al mondo occidentale, alla globalizzazione, per preservare il più possibile i valori spirituali e nazionali che nelle nazioni confinanti sono stati più o meno perduti una volta apertisi all’Occidente capitalista e consumistico.

Anche i semplici turisti fanno gran fatica a visitare il Bhutan: è necessario pagare 200 dollari al giorno a prescindere e si può girare per il suo territorio solo accompagnati da tour ufficiali.

Problemi della stessa natura hanno reso la vita difficile anche alle multinazionali straniere, visto che in Bhutan il primo interesse pare ancora essere il benessere e la felicità dei suoi abitanti.

 

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Investire nella felicità, investire nel biologico

Al momento la produzione agricola locale risulta essere biologica in una percentuale che si aggira attorno al 75%.

Sia il partito di governo che l’opposizione hanno investito nell’educazione degli agricoltori, invitando in Bhutan maestri di permacultura e agricoltura biologica in generale, da tutto il mondo, creando delle occasioni di ricerca applicata e scambio di informazioni di altissima qualità.

I danni alla salute e al suolo dei prodotti chimici a lungo termine non sono mai stati nascosti o minimizzati e gli agricoltori sono al corrente della verità degli effetti. Anni fa, gli stessi agricoltori, si esaltarono dopo aver sperimentato l’agricoltura con prodotti chimici, ma a lungo andare gli aspetti negativi hanno preso il sopravvento, così i coscienziosi politici locali hanno deciso di intervenire in tempo invertendo la cattiva tendenza.

E non va dimenticato che l’agricoltura è di capitale importanza per l’economica del Bhutan, essendo il settore produttivo più importante, che produce il 40% della ricchezza e coinvolge l’80% della popolazione nazionale.

La Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica sostiene questo progetto del governo del Bhutan, ritenendolo solo la punta dell’iceberg di un grande cambiamento mondiale, al momento ancora potenziale, ma senz’altro indispensabile.

I politici locali sono stati più che chiari nel 2013 e le loro intenzioni sono inequivocabili: il Bhutan sarà il primo paese 100% biologico al mondo, e se questo è possibile lì, dove pere, mele, arance, spezie, verdure di ogni genere, tè, bacche e un’infinità di erbe medicinali crescono sane e rigogliose, ciò non dovrebbe essere difficile per il resto del mondo, specie per noi italiani benedetti dalla fortuna di vivere in un territorio dove non manca niente e tutto crescerebbe facilmente.

Quello che serve è capire che, invertendo l’equazione di prima, la vera ricchezza è la falicità delle persone che costituiscono una nazione, e questa non può prescindere dalla qualità del cibo e dalla salute della terra sulla quale viviamo.

 

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Per approfondire:

> La normativa sull'agricoltura biologica