Le arti marziali interne in un contesto reale
Consa sono le arti marziali interne? Cos’è un contesto reale? Scopriamolo ascoltando un maestro che passa la sua vita nella pratica delle arti marziali interne ma che non si è negato una carriera come combattente in varie arti marziali. Saggezza ed efficacia...
Per risolvere l’annoso contrasto tra arti marziali interne e arti marziali esterne, questione che aleggia nell’aria dell’ambiente delle arti marziali ed è onnipresente sui siti tematici su internet e che non sembra mettere d’accordo nessuno, abbiamo contattato un esperto in materia, il Maestro Francesco Collesano.
Francesco è da considerare una rara eccezione: in genere i praticanti di arti marziali esterne considerano le arti interne inefficaci nella realtà, buone solo per il mantenimento della salute, ginnastiche estetiche tradizionali. Dall’altro lato i praticanti di arti marziali interne snobbano le competizioni, ritenendole violente, inutili, lontane dallo spirito dell’armonia di cui sono alla ricerca.
Francesco è stato un agonista e un vero combattente in molte arti marziali esterne ed un raffinato ricercatore di arti marziali interne. Pochi come lui possono darci una risposta.
Francesco, dov’è che le strade delle arti marziali interne ed esterne si dividono? Questa divisione è insanabile?
L’origine delle arti marziali è una, ed è più antica di quanto si creda. In origine non c’era questa distinzione. In antichità le battaglie erano più frequenti che ai nostri giorni, la vita era quotidianamente in pericolo e la necessità di difenderla era impellente.
Col passare dei secoli le tradizioni si sono fissate, hanno smesso di evolvere, molti “segreti” marziali si sono tramandati solo per via iniziatica, a pochi eletti, e questo ha abbassato di molto la qualità delle arti marziali. La divisione tra arti interne ed esterne e’ solo apparente ed e’ una conseguenza di questa generale decadenza.
Leggi anche L'ego nelle arti marziali >>
Ma cosa è più importante in un contesto reale?
Il vero contesto reale è la vita, ogni momento della vita. Se gli sport da combattimento ignorano le energie interiori e le arti dolci ignorano l’efficacia in combattimento (che preferiscono evitare), nessuno dei due poli è davvero efficace. Lo sport da combattimento è efficace nel ring, nell’ottagono, ma la strada è un’altra cosa.
Ed anche se fosse efficace per strada lo è solo per un determinato tempo: l’agonismo ci rende forti finchè si è giovani, sani, non infortunati, quando il corpo comincia a degenerare e arrivano tutte le conseguenze di un sovrallenamento e di tutta una serie di traumi post carriera marziale, quello che rimane è solo conoscienza tecnica.
I puristi delle arti marziali dolci, del resto, raramente riscono ad avere la meglio contro un avversario minimamente allenato e preparato al combattimento. L’unico modo di imparare a combattere è combattere.
Come hai unito questi due poli nella tua vita marziale?
In realtà si tratta di un processo che non ha mai fine. Da piccolo divenni cintura nera di karate, per difendermi dai bulli, ed imparai ad amare le arti marziali. Ho studiato e competuto in judo, kung fu, grappling, pugilato, muai thai, MMA, partecipando a campionati nazionali, internazionali e mondiali.
Durante questo percorso di pratica, studiando vari libri sul tema, leggevo spesso di un altro aspetto delle arti marziali, quasi mistico, ma non riuscivo mai a trovare un vero maestro. Molti ne parlavano, alcuni pretendevano di sapere ed insegnare ma nella pratica nessuno dimostrava niente di particolare.
Ero sul punto di smettere di credere all’esistenza di un mondo interiore delle arti marziali quando incontrai un maestro russo, Alexei Amirkhanov, che mi mostrò un’efficacia sconvolgente nelle sue tecniche dolci. Mi fece ricredere e capii che avrei dovuto continuare la ricerca.
Come prosegue questa ricerca?
Come detto, non ha mai fine. Al contrario della sola pratica agonistica, chi si allena in modo bilanciato in tutti gli aspetti marziali può migliorare per tutta la vita. Il mio maestro ha 60 anni circa ed è molto più forte e completo di quando l’ho conosciuto venti anni fa.
I muscoli e la forza non possono supportarci in eterno, e se alleniamo solo quelli, il giorno che verranno meno, verrà meno anche la nostra capacità. Bisogna combattere, nell’età giusta, sfogare e placare le emozioni, fare esperienza, ma saper poi integrare e trasformare tutto questo per rimanere veramente efficaci a lungo.
Il combattimento sportivo e le arti interne non sono i soli due aspetti che vanno integrati. E’ importante anche lo studio delle armi, non solo per essere in grado di maneggiarle ma per insegnare al nostro corpo nuove attitudini, nuovi angoli imprevedibili, ritmi difficili da intuire, un’attenzione superiore alla gestione delle distanze che miglioreranno la nostra efficacia senza armi.
Poi c’è da integrare una conoscienza approfondita e scientifica dell’anatomia e delle funzioni del corpo umano, anche questo è un campo di studio che non finisce mai. Un ultimo aspetto da integrare è quello del lavoro sugli stati di coscienza, sulla gestione della mente, sulla meditazione e sulla visualizzazione, che aiutano a migliorare le nostre prestazioni.
Dove pratichi tutto questo?
Come detto, l’intera vita è un campo di pratica, questa arte che integra tutto, lo Shou Dao, la si pratica sempre, anche mangiando o lavandosi. Ho una palestra a Pontedera, in provincia di Pisa, dove insegno tutto questo ai miei allievi.
Con loro porto avanti un percorso completo: li preparo alle competizioni di MMA, ma studiamo anche tutti gli altri aspetti non sportivi: la difesa personale, la gestione della mente, la scoperta delle energie interiori.
I risultati sono innegabili: recentemente alcuni nostri ragazzi hanno vinto i loro match di esordio nelle MMA al primo round contro atleti con 8 combattimenti alle spalle. Per concludere: sì, le arti marziali interiori trasformano l’agonista in un vero artista marziale, completo, equilibrato ed efficace per tutta la vita, in costante progresso e alla scoperta di numerosi tipi di forza.
Leggi anche Arti marziali, la forza delle donne e della risata, intervista a Damo Mitchell >>