Erbe spontanee tossiche: quali sono e le loro caratteristiche
In primavera crescono numerose erbe spontanee e la tentazione di raccoglierle può essere forte, ma attenzione a quelle tossiche che possono essere confuse con piante commestibili
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- Quali sono le erbe spontanee tossiche?
- Come distinguere le erbe tossiche non tossiche?
- Quali erbe tossiche si possono usare in cucina?
- Uso culinario e medicinale delle erbe tossiche
- Precauzioni e trattamento
Quali sono le erbe spontanee tossiche?
In primavera e in estate i campi e i prati si riempiono di erbe spontanee da raccogliere ma i meno esperti devono prestare attenzione alle tante specie pericolose. Le erbe spontanee tossiche sono moltissime e sarebbe impossibile elencarle tutte. Esistono infatti numerose specie in natura che contengono sostanze che consideriamo veleni, prodotte dalle piante per potersi difendere.
Tra le specie erbacee più pericolose troviamo ad esempio:
- aconito;
- anemone;
- belladonna;
- calicanto;
- celidonia;
- cicuta;
- colchico;
- digitale;
- fitolacca;
- giusquiamo;
- ranuncolo;
- stramonio;
- veratro.
Nell’elenco delle piante velenose che crescono in natura ce ne sono molte altre, tra cui la lattuga velenosa, che contiene latice tossico, la sambuchella, erbacea simile al sambuco che produce bacche tossiche, l’edera e il falso mirtillo o bagolo.
Esistono poi anche alberi e arbusti tossici che si possono trovare facilmente in natura come il lauroceraso, il maggiociondolo, il ricino, l’agrifoglio e il tasso o semplicemente cespugli di erbe urticanti che causano dermatiti da contatto anche importanti.
La causa della tossicità di queste piante dipende dalla presenza di molecole appartenenti a classi chimiche diverse tra cui alcaloidi, glucosidi cardiocinetici, glucosidi cianogenetici, saponine.
I sintomi di avvelenamento variano in base alla quantità di pianta tossica ingerita, al peso della persona e alle sue condizioni di salute generale e, chiaramente, al tipo di molecola presente nella pianta: nei casi più lievi si possono verificare vomito, diarrea, irritazione delle mucose, ma i sintomi possono includere anche emolisi, convulsioni, depressione cardiocircolatoria e morte.
Come distinguere le erbe tossiche non tossiche?
Distinguere le erbe tossiche da quelle non tossiche può non essere semplice, soprattutto per chi ha poca esperienza. Ci sono molte piante spontanee facilmente riconoscibili come la malva, il tarassaco, la cicoria, la piantaggine, la portulaca, la menta selvatica o nepitella, oppure frutti semplici da riconoscere come more e prugnoli.
In natura esistono però piante che possono essere confuse tra loro, poiché simili in alcuni aspetti, ed è facile scambiare una pianta tossica con una commestibile. Ad esempio, la cicuta potrebbe essere confusa con la carota selvatica, i germogli della brionia potrebbero essere scambiati con quelli del luppolo selvatico, il veratro ricorda la genziana, mentre il colchico è spesso confuso con lo zafferano.
I bambini in genere sono quelli più a rischio, poiché può succedere siano attratti da bacche tossiche colorate o simili a frutti che normalmente consumano, come i mirtilli o le mele selvatiche.
Quali erbe tossiche si possono usare in cucina?
Le erbe considerate tossiche non si utilizzano in cucina, salvo rare eccezioni. Piante che contengono sostanze tossiche della famiglia degli alcaloidi sono ad esempio quelle che appartengono alla famiglia delle Solanaceae, molte delle quali sono usate in cucina, come le patate, le melanzane o i pomodori.
Erbe ritenute tossiche ma non pericolose per l’uso culinario che se ne fa sono invece il prezzemolo e la borragine; la borragine è ritenuta pericolosa se consumata in grandi quantità o utilizzata come estratto, ma si usa tradizionalmente in cucina per preparare paste ripiene e altre ricette.
Altri esempi di piante ritenute tossiche ma usate in cucina sono il glicine e la robinia: di entrambe si usano i grappoli di fiori in bocciolo, pastellati e fritti.
Uso culinario e medicinale delle erbe tossiche
Diverse piante spontanee, proprio per il loro contenuto di sostanze attive, vengono adoperate a scopo medicinale per trattare svariati disturbi.
La frangola e il rabarbaro sono due esempi di piante considerate tossiche per la presenza di antrachinoni: sebbene non siano impiegate a uso alimentare vengono adoperate come rimedi naturali per la stitichezza.
L’ippocastano è un altro esempio di pianta tossica che viene usata a scopo terapeutico: le castagne matte non vengono consumate ma usate per ottenere preparazioni utili contro emorroidi, vene varicose, cellulite.
L’arnica montana è una pianta spontanea che non trova impiego in cucina e che non è adoperata per uso interno ma largamente utilizzata nei prodotti a uso topico indicati in caso di contusioni e lividi.
Il ricino è noto per la spiccata tossicità dei suoi semi, ricchi di ricina, una sostanza che però non si trova nell’olio di ricino, adoperato nei cosmetici naturali e come purgante. Anche il papavero rientra tra le specie ritenute tossiche ma i suoi petali sono utili nelle tisane e negli sciroppi contro la tosse.
Precauzioni e trattamento
Per evitare intossicazioni è bene non assaggiare parti di piante che non si conoscono e non raccogliere piante a scopo culinario o terapeutico se non si è sicuri di averle identificate con sicurezza. Se non si conoscono bene le piante, meglio fare riferimento a persone esperte e imparare da loro attraverso corsi e passeggiate di riconoscimento.
Nel caso in cui, dopo aver ingerito una pianta, si verifichino sintomi di qualsiasi tipo, è bene evitare rimedi fai da te e rivolgersi tempestivamente al medico fornendo il maggior numero di informazioni possibili sulla pianta che si ritiene responsabile dei sintomi.