Piante in grado di emettere luce
Un giorno potremo usare una piantina di basilico come luce da lettura? Probabilmente sì, grazie agli sviluppi della nanobionica.
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Il nuovo studio scientifico del MIT
Se siamo tra i tanti che hanno una piantina di basilico sul terrazzo, abbiamo preso l’abitudine di bagnarla poco e spesso, ripulirla dalle erbacce e tenerla al riparo dal freddo. E se in futuro potessimo usarla come lampada da lettura?
Non è fantascienza, ma un progetto sul quale stanno lavorando da diversi anni gli ingegneri del Mit (Massachusetts Institute of Technology). Per la precisione dal 2017 quando, incorporando alcune nanoparticelle nelle foglie di una pianta di crescione, l’hanno indotta a emettere una luce fioca per quattro ore.
Già all’epoca avevano promesso di approfondire questa potenzialità, e così è stato. Oggi, dopo l’inserimento delle nanoparticelle specializzate nelle foglie, le piante possono essere “messe in carica” semplicemente esponendole a una luce a led. Bastano dieci secondi ed ecco che emettono per diversi minuti una luce dieci volte più intensa rispetto a quella dei primi esperimenti. Un procedimento che può essere ripetuto più e più volte.
Come funzionano le piante che illuminano
Questo studio fa parte di un campo di ricerca che si chiama nanobionica vegetale e mira a introdurre nanoparticelle nelle piante per arricchirle di nuove funzioni. A spiegarlo meglio sono gli stessi ingegneri, tramite un articolo pubblicato da Science Advances.
Nella prima generazione di piante luminose, queste nanoparticelle contenevano luciferasi e luciferina, gli stessi enzimi presenti nelle lucciole. Per potenziare il risultato hanno deciso di aggiungere un condensatore, cioè un circuito elettrico che immagazzina l’energia per poi rilasciarla quando serve.
Il condensatore che ha fatto al caso loro è un composto chiamato illuminato di stronzio, che è stato formato in nanoparticelle – rivestite di silice per proteggere la pianta – e poi incorporato nelle foglie. Questo materiale riesce ad assorbire la luce, visibile o ultravioletta, per poi rilasciarla lentamente sotto forma di bagliore fosforescente.
Le possibili applicazioni future
“Creare una luce d’ambiente con l'energia chimica rinnovabile delle piante viventi è un'idea audace”, puntualizza Sheila Kennedy, professoressa di architettura al MIT e co-autrice dell'articolo. “Rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui pensiamo alle piante viventi e all'energia elettrica per l'illuminazione”.
Proprio per far sì che il loro studio non rimanesse solo sulla carta ma potesse trovare in futuro delle applicazioni concrete, il team ha volutamente scelto di lavorare su alcune specie botaniche molto comuni: margherita, basilico, crescione d’acqua e tabacco.
Questo potrebbe essere il primo passo verso un futuro in cui “l'infrastruttura di illuminazione delle piante viventi è parte integrante degli spazi in cui le persone lavorano e vivono”, conclude Kennedy. “Le piante potrebbero sostituire la nostra insostenibile rete attuale di illuminazione elettrica urbana, per il reciproco vantaggio di tutte le specie dipendenti dalle piante, comprese le persone".