La figura del Guru Ramakrishna
Affascinante figura dell'India moderna meno conosciuta in Occidente, Ramakrishna è stato un personaggio irripetibile, figura chiave nello yoga, in grado di aprire vie nuove e rappresentare un precedente da seguire per intere generazioni.
Per capire la figura di Ramakrishna, uno dei guru e delle figure mistiche più importanti degli ultimi 2 secoli, è necessario conoscere qualcosa del contesto in cui visse.
A quell’epoca, nell’allora Bengala, aveva luogo il Rinascimento Bengalese, un importante movimento artistico, filosofico, intellettuale, sociale e spirituale che cercava di far risorgere il vero spirito dell’India, per riprendere in mano le sorti del proprio destino.
I giovani riscoprivano gli antichi testi ormai perduti nell’oscurità di vuoti rituali di cui nessuno ricordava più il significato.
Personaggi del calibro di Tagore e Ram Mohan Roy guidavano gli intellettuali e gli artisti ad un recupero delle vere radici nazionali per uscire dalla stagnazione in cui viveva la società.
In mezzo a questo contesto si fece spazio un leader spirituale unico nel suo genere, specialmente quando piazzato nel mezzo a tutti questi artisti, studiosi, politici ed intellettuali.
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Gadadhar diventa Ramakrishna
Ramakrishna Paramahansa nacque col nome di Gadadhar Chattarjee in un minuscolo villaggio della campagna non lontano da Calcutta. Fin da giovane il ragazzo ebbe esperienze di trance ed estasi mistica del tutto spontenee ed in condizioni prive di una vera erudizione.
Amava il teatro ed imparò le leggende puraniche tramite quest’arte, che praticava mirabimente sia nelle parti maschili che in quelle femminili.
Crescendo si trasferì a Calcutta, dove divenne sacerdote al tempio di Dakshineswar, prendendo in seguito in moglie Sarada Devi.
Nel tempo cominciò a circolare la voce di questo sacerdote dai modi poco ortodossi, probabilmente folle, che tuttavia mostrava del luminoso genio nella sua apparente follia.
Chi ha conosciuto Ramakrishna, considerato sia dal popolo che dai massimi esperti alla stregua di un avatar, un’incarnazione del Divino, lo racconta come una persona estremamente semplice, addirittura un sempliciotto, alla maniera della “divina asinitade” di cui scriveva Giordano Bruno.
Eppure nella sua semplicità d’animo era in grado di interpretare tutti i testi più sacri con una profondità mai vista prima. La sua pratica religiosa era semplice e al tempo stesso arditamente complessa.
A sentir lui, tutto ciò che faceva era adorare la Madre Divina in ogni cosa come fosse più che reale. Lei era l’unica presenza con cui aveva a che fare rapportandosi con le persone e gli oggetti. Non di rado è stato visto parlare con le statue od offrire del cibo consacrato ai gatti.
La Madre era per lui ovunque.
L'aspetto rivoluzionario di Ramakrishna
La complessità rivoluzionaria della sua figura è stata la totale apertura verso ogni via spirituale, al punto di riuscire a conciliare nella sua figura esperienze spirituali considerate fino ad allora inconciliabili.
Abbiamo accennato al suo rapporto con la Madre Divina, come quello che si ha con una divinità personale.
Tuttavia Ramakrishna accettò anche di praticare la via monistica advaita, rinunciando al concetto di divinità personale con attributi, sperdendosi nella trascendenza assoluta senza forma.
Da li tornò continuando a praticare entrambi gli aspetti come veri e non come inconciliabili.
Non solo, per dimostrare la fondamentale unità di tutte le vie spirituali, divenne cristiano, facendo esperienza diretta di Cristo, e in seguito anche musulmano, come fervente adoratore di Allah.
Induista, Cristiano e musulmano, folle devozionale con una conoscenza più vasta di quella di tutti gli eruditi d’India. Ma come diffondeva la sua esperienza?
Continuava a portare avanti la sua vita nel tempio, molto rustica, senza eurdizione alcuna, alla presenza di pochi discepoli.
Insegnava con un liguaggio semplice e figurativo, a mo’ di favole di campagna, con cui indirizzava le anime allautorealizzazione.
Il suo più importante discepolo è stato Swami Vivekananda.
Ogni tanto Ramakrishna si faceva accompagnare per l’occasione di ascoltare canti devozionali, che amava particolarmente. Non ha lasciato nessun testo scritto, la sua vita è stata raccontata dai suoi discepoli. Molto spesso andava in stato di Samadhi in presenza dei discepoli, e da quella condizione impartiva, col suo fare sempre molto emotivo, insegnamenti. Era noto anche per il suo particolare rapporto con le donne.
Pur essendo sposato non consumò mai il matrimonio. Si rapportava con le donne come fosse una donna, talvolta vestendosi da donna.
Alla sua morte, quando chiesero alla moglie che aveva lasciato come stesse, lei rispose piangendo che non era triste perché aveva perduto il marito, ma perché aveva perduto la compagnia di Kali vivente.
In un' epoca di fondamentalismo religioso e di recrudescenze culturali come quella di oggi, la riscoperta di una figura come quella di Ramakrishna sarebbe fondamentale. E’ stato l’esempio vivente di un nuovo modello, ha dimostrato che tutte le religioni sono vere, sacre, e sperimentabili liberamente. I muri religiosi e spirituali sono ostacoli allo spirito.
Forse non è un caso che prima di morire predisse che sarebbe tornato a metà del ventunesimo secolo nella zona dell’Asia Centrale poco sopra il Medio Oriente. Forse dopo il Rinascimento bengalese il folle divino ha intenzione di dare il via ad un altro piu’ grande Rinascimento.
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