Simbologia della dea Kali
Spesso ritenuta una figura negativa o comunque spaventosa, la dea Kali rappresenta la forza femminile in tutta la sua potenza estrema. Scopriamone gli aspetti positivi.
In India e dintorni, la divinità è concepita come maschile, come femminile, come maschile e femminile al contempo, e come asessuata.
Essa, al contrario di quanto accade nelle religioni semitiche, può avere vari attributi. Quando dunque la divinità si separa in due differenti aspetti, uno immobile, distaccato e fatto di coscienza, l’altro dinamico, possente ed esecutore, ecco che l’aspetto della Dea si presta ad incarnare il secondo.
A livello astratto e concettuale, questa forza esecutrice viene definita Shakti, la grande Madre di tutto, ma anch’essa può dividersi in molteplici aspetti, così come nella nostra realtà umana una madre può essere saggia, amorevole, paziente, ma anche potente, intransigente e talvolta impaziente.
Ecco dunque che Kali, una delle divinità femminili del pantheon indiano, rappresenta un aspetto peculiare della grande madre e, in sostanza, non differisce dalle altre dee di bellezza, di dolcezza e di compassione.
Il nome della dea Kali
Cominciamo dal nome, foriero di informazioni sulla natura di questa dea. Kali generalmente significa “oscura” e “nera”.
Con questo colore infatti si presenta la pelle della dea, a simboleggiare il suo aspetto distruttivo e feroce, in cui la forza esecutiva si è distaccata quasi completamente ed in modo incontrollato dalla coscienza che guida.
Kali quindi è la potenza femminea primordiale della natura temporaneamente distaccatasi dalla luce della guida cosciente.
Ma Kali è anche un termine femminile relativo al tempo, intraducibile in italiano, e in quanto “colei che detta il tempo” rappresenta il potere di stabilire e quindi dare la morte, le grandi fauci del tempo che alla fine dei cicli ingoia tutto.
Ma a chi dà la morte la dea Kali? All’ego, e a tutto ciò che imbastisce una esistenza che non preveda come centro il suo amato, Shiva, il Divino.
Leggi anche Simbologia del dio Shiva >>
L’aspetto di Kali
Venendo all’aspetto, come detto la dea Kali ha una pelle nuda e nera come la notte, e già in tempo vedici, diversi secoli prima di Cristo, la sua lingua veniva descritta come lunga e affilata, e la sua bocca piena di fiamme.
Può avere 4 o 10 braccia, con le quali impugna una spada e una serie di teste spiccate ai demoni con la stessa.
La presenza di 10 braccia la collega alle 10 forme archetipe della grande Madre, chiamate Mahavidyas, e implicite nella sua ferocia.
Il mudra che spesso mostra con le mani, chiamato abhayamudra, simboleggia la totale assenza di paura.
Le teste che la adornano generalmente sono 50, come l’intero alfabeto sanscrito, che si può considerare una manifestazione dell’unico suono AUM.
Shiva e Kali
La figura di Kali non si può scindere da quella di Shiva.
Shiva, quando rappresenta il Supremo, ha per consorte una dea, generalmente chiamata Parvati, ma talvolta anche Devi o Shakti.
Un giorno Kali dovette divenire una guerriera e scendere in prima persone sul campo di battaglia per sconfiggere un demone reso quasi invincibile da alcuni doni divini.
Questo demone, chiamato Rakta Beej, aveva il potere di duplicare se stesso attraverso ogni goccia del suo sangue, per ciò più veniva attaccato, più la sua armata cresceva in numero di elementi.
Fu lì che Kali dovette eccedere in feroce e distruggere chiunque si trovasse sulla sua strada, ma questa feroce pioggia di sangue le fece perdere il controllo ed ella sembrò sul punto di distruggere l’intero universo con la sua danza sterminatrice.
Allora intervenne Shiva, che sdraiatosi al suolo come morto, dette a Kali l’impressione di averlo ucciso, facendola tornare in sé.
La loro unione sul campo di battaglia rappresenta un archetipo profondissimo: sia l’aspetto maschile che quello femminile perdono vita o si autodistruggono se separati ed hanno senso solo se non si dimenticano l’uno dell’atro, se vivono uniti.
Kali nello yoga tantrico
Nello yoga tantrico Kali è uno dei 4 aspetti della Madre, e rappresenta la forza che rimuove gli ostacoli, che non tollera l’indisciplina e la sonnolenza.
Grazie a lei si possono fare in un anno progressi che richiederebbero un secoli.
La sua forza evolutiva è immensa ma essa è anche intransigente e pretende purezza e fedeltà all’ideale: una volontà divisa o una doppiezza di interesse costano care.
Viene definita come un eccesso di estasi che solo un vero dio può sorreggere nei propri nervi.