Bioforcetech, l'economia circolare applicata ai fanghi di depurazione
Un team di italiani fa nascere una startup in California. L'obiettivo? Quello di rendere il bioessicamento dei fanghi di depurazione più efficiente e circolare: da rifiuto organico a energia rinnovabile.
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©Bioforcetech
Da un prodotto classificato come “rifiuto organico” a uno con un valore sul mercato, sfruttando l’energia rinnovabile.
Questa è la trasformazione proposta dal progetto Bioforcetch che interessa un prodotto, generalmente posto in secondo piano, dell’economia circolare: i fanghi di depurazione.
Quando si parla di "fango di depurazione" si intende quella frazione di materia solida nelle acque reflue urbane ed extraurbane, che viene rimossa negli impianti di depurazione durante i vari trattamenti depurativi. Depurare le acque reflue è necessario perché queste possano essere reimmesse in natura senza creare alterazioni all'ecosistema.
Matteo Longo, Dario Presezzi, Valentino Villa e Stefano Pessina, tutti tra i 30 e i 35 anni, nel 2013 hanno portato oltreoceano la loro idea di dare nuovo valore agli scarti di depurazione, trasformandoli in una risorsa.
Da qui nasce la startup Bioforcetech. Ne parliamo con Matteo Longo.
Parlaci dell’obiettivo di Biofocetech. Qual è l’aspetto innovativo della vostra startup?
Quando si parla di trattamento dei fanghi, la trasformazione da “rifiuto organico” a energia rinnovabile affronta due trattamenti distinti che vanno a inserirsi in coda a una catena di processi che terminano con una centrifugazione di un composto molto liquido ottenendo un fango con il 20% di sostanza secca.
Per molti depuratori termina qua la filiera di trattamento del fango, che viene fatto ritirare solitamente da società esterne che si occupano poi di trasportarlo a destinazioni come termovalorizzatori, inceneritori oppure discariche.
Poi ci sono i fanghi a cui è consentito il recupero diretto in agricoltura - solo ed esclusivamente se rispettano i limiti di legge consentiti di inquinanti - ma in generale parliamo del trasporto di un prodotto con un’efficienza bassissima dato che l’80% della massa da movimentare è data dalla componente umida.
Considerate che il costo di smaltimento si aggira sui 150/200 euro a tonnellata e un impianto medio produce circa 5.000 tonnellate ogni anno per un costo di smaltimento intorno a 1 milione di euro all’anno.
Bioforcetech si inserisce qui: una nuova tecnologia per trattare i fanghi di depurazione?
È proprio prima di questo passaggio che il processo sviluppato da Bioforcetech va ad inserirsi nella filiera di trattamento fanghi con due distinte macchine e i rispettivi processi:
- Biodryer con la bioessiccazione per ridurre il volume della massa.
- P-series pyrolysis, la pirolisi, per decomporre ottenendo due prodotti diversi: un gas che serve al sostentamento dell'impianto e un prodotto di scarto che può essere usato come ammendante (fertilizzante) per il terreno.
Le due tecnologie possono essere installate indipendentemente ma la combinazione dei due processi è stata studiata per garantire un trattamento complessivo con un costo energetico nullo al netto del bilancio.
Quindi il vostro trattamento riduce la componente liquida a favore di quella solida, producendo energia. Qual è il processo?
Il Biodryer sfrutta i batteri presenti nel fango per produrre calore, fornendogli l’ambiente ideale dove proliferare, riducendo quelle che prima sarebbero state circa 1000 tonnellate di fango - divise al 20% solido e 80% secco - a sole 250 tonnellate - il cui tenore secco, a scelta del cliente, può variare ancora dal 60% al 90% - quindi con una riduzione del volume di circa il 75%.
In questo modo l'impianto che decide di adottare il bioessiccamento Bioforcetech abbatte di un quarto i trasporti necessari a smaltire il fango, con conseguente proporzionale riduzione di inquinamento.
La pirolisi, invece, è una decomposizione di materiale organico attraverso l’applicazione di calore, dai 350°C ai 700°C, senza però aggiungere ossigeno, ottenendo due co-prodotti: gas di sintesi e Biochar.
Il gas di sintesi, recuperato, viene esso stesso combusto evitando così il consumo di gas metano per ottenere acqua calda che può essere sfruttata per alimentare i processi, ottenendo così l’autosostenimento dell’impianto.
Il Biochar è invece ciò che rimane della componente solida dei fanghi, un composto ricco di carbonio e privo di inquinanti e agenti patogeni che può essere sfruttato come ammendante per il terreno.
Inoltre con gli ultimi speciali processi brevettati da Bioforcetech, il materiale può diventare:
- colorante biologico per tessuti/vernici;
- materiale filtrante per acque inquinate...
e altre possibili applicazioni ancora in fase di studio con l’Università di Stanford, in California.
Quindi, analizzando il fattore economico e ambientale, ogni impianto che prima spendeva 1 milione all’anno per smaltire in discarica il rifiuto organico ha oggi la possibilità di risparmiare più del 75% dei costi generando inoltre una risorsa riutilizzabile in diversi settori. Il tutto rispettando l’ambiente!
Qual è la storia della vostra azienda?
Siamo partiti otto fa con destinazione San Francisco, California, dove iniziammo a lavorare con il depuratore della Silicon Valley.
È qui che viene ottenuto il primo grande obiettivo, cioè trattare 7000 tonnellate di fango all’anno e realizzando il primo impianto di sviluppo.
Nel frattempo il problema del trattamento dei fanghi diventa argomento di interesse più comune nel settore e il mondo della green economy fa il suo ingresso anche nel mondo dell’industria.
Così abbiamo tutte le carte in regola, insieme a passione e voglia di fare, per offrire una soluzione concreta ai depuratori, sostenibile dal punto di vista economico ed ecologico.
E oggi dove opera Bioforcetech?
Al momento stiamo lavorando su diverse realtà: un impianto che opera vicino Milano a Robecco sul Naviglio in un impianto del Gruppo CAP da poco meno di un anno; poi operiamo su quello rimesso a nuovo di SVCW a San Francisco e ancora su un altro nello stato di Washington.
Abbiamo anche molti progetti che si attiveranno nel 2021 in alcuni impianti Italiani nelle città di Padova, Udine e Vimercate.
Oltre a chi si occupa della depurazione delle acque, si rivolgono a noi le aziende il cui processo produttivo prevede uno scarto organico: latterie, allevamenti, aziende vinicole, aziende agricole.
L’obiettivo per il futuro è quello di espandersi in Europa e negli Stati Uniti per raggiungere il sogno di dare il nostro contributo e sensibilizzare il mercato riguardo alla possibilità reale di sviluppare tecnologie di cui possa giovarsi sia l’ambiente che l’economia, seguendo il principio di upcyling.