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Cos'è la Campagna Abiti Puliti

La Campagna Abiti Puliti intende cambiare dalle fondamenta il sistema moda, reso fortemente impattante dal punto di vista sociale e ambientale dal dilagare della fast fashion. Attraverso campagne e azioni mirate, opera con l'obiettivo di diffondere consapevolezza fra i consumatori e di difendere i diritti dei lavoratori nei Paesi di produzione. La coalizione fa parte del network globale della Clean Clothes Campaign.

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©rozum -123rf

Azioni e iniziative di sensibilizzazione pensate per “ripulire” il mondo dell'industria tessile e rimettere al centro i diritti dei lavoratori.

Con questi strumenti la Campagna Abiti Puliti mira a diffondere conoscenza sul vero volto- quello oscuro- della fast fashion. Fine ultimo, la trasformazione delle coscienze dei consumatori, chiamati a includere la giustizia sociale fra i parametri capaci di orientare le scelte di acquisto.
 

La Campagna Abiti Puliti

Campagna Abiti Puliti è la rappresentante italiana delle 14 coalizioni nazionali della Clean Clothes Campaign in Europa. Network globale composto da 234 organizzazioni, la Clean Clothes Campaign opera attualmente attraverso coalizioni regionali in Europa, Asia, Australia, Nord e Centro America.

La rete interviene  a sostegno delle richieste di assistenza e solidarietà per la risoluzione di casi di violazione dei diritti umani nei Paesi di produzione, attraverso la realizzazione di campagne e il lancio di azioni strategiche.

La coalizione italiana è coordinata da Fair e conta AltraqualitàCentro Nuovo Modello di SviluppoFondazione Finanza EticaGuardavanti Onlus, Movimento Consumatori, OEW, Hoferlab.

La comunità di attivisti che la sostiene è composta da giovani, insegnanti, artisti, accademici e lavoratori. Il connubio tra attivismo e ricerca artistica- intesa come linguaggio potente, capace di parlare efficacemente alle coscienze- è il nuovo terreno di sperimentazione della Campagna.
 

La fast fashion fra impatto ambientale e moderno schiavismo

Con 300 milioni di lavoratori impiegati lungo tutta la filiera, l’industria dell’abbigliamento rappresenta uno dei principali settori produttivi e di impiego a livello globale. 

Negli ultimi quindici anni, l’esplosione del fenomeno della fast fashion ha portato alla produzione e alla vendita di numerose collezioni in un anno a prezzi ridotti per un consumo di massa.  Si tratta di un modello insostenibile, tanto dal punto di vista ambientale quanto dal punto di vista sociale.

Si stima che quella dell’abbigliamento sia la seconda industria maggiormente esposta al rischio di forme di  schiavitù moderna, con il 15% dei casi di lavoro forzato identificati in tutto il mondo” si legge sul sito di Campagna Abiti Puliti.

Sono in particolare le donne, largamente impiegate come manodopera, a subire violazioni che vanno dalla violenza e molestie sul luogo di lavoro alla discriminazione salariale di genere. La filiera del tessile esercita inoltre una pressione enorme sulle risorse naturali, impiegando vaste quantità di acqua, risorse non rinnovabili e prodotti chimici dannosi, ed emettendo 1,2 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente ogni anno”.

Tra gli obiettivi della Campagna Abiti Puliti c'è il tentativo di abbattere il consumo e la produzione eccessivi puntando a un cambiamento di valori e abitudini, così da incidere in modo rapido ed estero sulle basi stesse del modello di business. Proprio per cambiare il sistema moda in Italia, Istituto Oikos, Mani Tese e Fair hanno lanciato la piattaforma #CambiaMODA!.
 

Clean Clothes Campaign, il report

Una recente ricerca di Clean Clothes Campaign, condotta in sette Paesi asiatici (Bangladesh, Cambogia, India, Indonesia, Sri Lanka, Myanmar e Pakistan) riporta l’ammontare dei salari non corrisposti, delle indennità di licenziamento non percepite e i casi di repressione dei sindacati dei lavoratori dall'inizio della pandemia a oggi.

Secondo il report, mancano all’appello 11,85 miliardi di dollari- pari a 10 miliardi di euro- corrispondenti a salari, indennità e altri contributi non versati.  

In compenso, in una crescente disparità in termini di ricchezza e diritti, nel 2021 i grandi marchi sono tornati a fare profitto. Una forbice destinata ad allargarsi, a meno che non intervenga un cambiamento profondo basato su accordi vincolanti, capaci di invertire la rotta permanentemente, a livello sistemico.