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Se la Cina torna al carbone

Pechino promette di raggiungere l'obiettivo delle Emissioni zero entro il 2060 ma nel frattempo apre nuove centrali a carbone nel Paese. Il colosso asiatico non rinuncia al combustibile fossile dimostrando, ancora una volta, di non avere interesse nella collaborazione internazionale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Cina Centrali a carbone

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©Vladimir Zhuravlev / 123rf.com

L'importanza della collaborazione tra Stati

C'è poco da girarci intorno: se la Cina non partecipa agli accordi internazionali con l'impegno di ridurre la propria impronta ambientale attraverso tutte le politiche possibili di strategia produttiva e sostenibile, rimaniamo fermi tutti e la crisi climatica rimarrà lontana dall'essere affrontata concretamente.

 

Il progetto della nuova via della Seta è stato un importante passo per Pechino per "spiegare" al mondo che attraverso specifici accordi bilaterali con singoli Paesi avrebbe potuto costruire alleanze strategiche per sé bypassando le occasioni istituzionalmente e diplomaticamente riconosciute come sede di confronto e pianificazione di progetti di sviluppo condivisi. Ed ecco che ci risiamo. 

 

Il carbone in Asia e in Cina

Il massiccio ricorso a combustibili fossili come il carbone è ancora un problema a livello internazionale. L’America, che ha fatto da sempre molto utilizzo del carbone, ha intrapreso una grande transizione verso nuove forme di combustibile (non tutte giudicabili pulite come il fracking).

 

In Africa il consumo di carbone non ha mai davvero avuto un ruolo preminente nella produzione energetica mentre l’Asia è tuttora il continente dove il consumo di carbone si concentra maggiormente, soprattutto da parte del gigante asiatico, la Cina, tra i maggiori produttori e consumatori al contempo.
 

Nuove centrali di carbone

Nonostante la promessa di ridurre a zero le emissioni di carbonio entro il 2060, la Cina è stata messa sotto pressione dalle ultime amministrazioni statunitensi, il che l’hanno spinta a non collaborare completamente agli accordi internazionali.  

 

La Cina si mantiene in fatti in testa nella lista dei Paesi con più alto consumo di carbone, col 40% del consumo mondiale di carbone. Dal 2016 in poi il consumo di carbone in Cina è andato aumentando e nel 2019 sono nate molte nuove centrali di carbone, aumento fermato solo dall’infausta ascesa della pandemia COVID-19. Secondo quanto riportato da Forbes, dal ciclo del carbone dipende poco più dell’80% delle emissioni di anidride carbonica cinesi. Il cambio di rotta, dunque, è necessario. 

 

La Cina punta a Emissioni zero entro il 2060

Nonostante piani e promesse, sembra che la Cina, per la propria sussistenza energetica, non riesca a fare a meno del carbone, nonostante grandissimi investimenti nel nucleare (più pulito sì, ma sappiamo anche quanto potenzialmente pericoloso). 

 

Quello che veramente conta, se la Cina vuole provare a raggiungere l’obiettivo “emissioni zero” per il 2060, è mettere freno alla costruzione di nuove centrali di carbone, vere responsabili delle emissioni di carbonio. L’Europa, che si è avviata piuttosto virtuosamente su questo cammino, è riuscita a farlo solo grazie ad una serie di politiche collaborative tra Stati che hanno fatto prevalere il bene comune sul peso che le lobby del carbone hanno sulla politica. Solo se la Cina avrà un’attitudine più aperta la cosa si prospetta fattibile, ed in questo senso, il cambio di guardia nell’amministrazione del governo americano può risultare provvidenziale.